Incontro con lo scrittore cagliaritano alla Festa dei Sardi di Biella – Fascino e suono delle parole sarde
In dieci anni di lavoro per la RAI, ha redatto più di millecinquecento copioni per “Melevisione“, componendo oltre cinquecento filastrocche per bambini
Sabato 20 giugno, alle ore 18, ha preso il “via!” la quindicesima edizione di “Sa Die de sa Sardigna“, la Festa del Popolo sardo, importante manifestazione che tradizionalmente apre la rassegna di “Biella Estate”.
La serata, organizzata dalla Biblioteca Civica di Biella, in collaborazione con la Biblioteca di “Su Nuraghe”, è stata introdotta dalla dott. Patrizia Bellardone e condotta dal prof. Roberto Perinu.
Inserito negli appuntamenti di giugno de “I libri illuminano“, a cui fa seguito un “aperitivo illuminante” in cui gli autori incontrano i loro lettori conversando ai tavolini del caffè, l’incontro si è concluso con la degustazione delle specialità offerte dalla pasticceria Brusa di Biella.
Nelle sale del “Punto Cagliari”, in via Galileo Galilei, 11, sede di rappresentanza delle Province di Biella e di Cagliari, lo scrittore Bruno Tognolini ha presentato la sua ultima opera: “Lunamoonda“.
Affascinato e attento, il pubblico presente ha accolto con un caloroso applauso la recita finale della “filastrocca dei cambiamenti“, che riproponiamo:
“Aiuto, sto cambiando! – disse il ghiaccio,
Sto diventando acqua, come faccio?
Acqua che fugge nel suo gocciolìo!
Ci sono gocce, ma non ci sono io!”
E il sole disse: “Calma i tuoi pensieri.
Il mondo cambia, sotto i raggi miei:
tu tienti ben stretto a ciò che eri,
e lasciati scivolare in ciò che sei”
Quel ghiaccio diventò fiume d’argento.
Non ebbe più paura di cambiare.
E un giorno disse: “Il sale che io sento
mi dice che sto diventando mare.
E mare sia, perché ho capito, adesso:
non cambio in qualcos’altro, ma in me stesso“.
Nella sua ultima opera, l’autore introduce alcuni termini tratti dalla lingua sarda. Utilizza termini carichi di significati, preceduti dal suono ancor prima che significanti. Per Tognolini, è come ritrovarsi sulla soglia di una caverna dove una parola suona per coglierla nel rimbombo della sua eco.
“Lunamoonda” è un romanzo di fantascienza, ambientato a Cagliari, in cui sono presenti molti vocaboli sardi che identificano personaggi, luoghi, situazioni. Oggi, la fantascienza, che non è più tanto più di moda, viene definita dallo stesso scrittore “fantamediterranea“, per via dei termini che rimandano alla grande Isola che sta al centro di quel mare.
L’introduzione di forme vernacolari sarde sarebbero per l’autore una forma di rivalsa, propria del sardo emigrato che non ha mai accettato di essere considerato un “sirbone“, “oggetto” di interesse antropologico, piuttosto che soggetto. Lui, Tognolini, si considera – ed è – uno scrittore italiano che scrive in lingua italiana.
La rivalsa di Tognolini, un Sardo domiciliato a Bologna, vuole che la sua opera venga apprezzata come storia e non come storia sarda, proprio perché non ha mai accettato di essere considerato “sirbone“: oggetto piuttosto che soggetto di studio.
In dieci anni di lavoro per la RAI, ha redatto più di millecinquecento copioni per “Melevisione“, componendo oltre cinquecento filastrocche per bambini, tra cui quella trascritta qui sopra.
Solo dopo trent’anni di vita vissuta in “Continente”, ha deciso di introdurre nei suoi testi alcune parole sarde. Termini appresi non dalla madre, insegnate elementare che gli ha fornito gli strumenti per amare la lingua di Ariosto, ma di vocaboli imparati dai ragazzi di strada nella Cagliari di quarant’anni fa, dai diretti discendenti dei quartieri poveri della città, i “picciocus de crobi“.
“Nella società contemporanea, la Sardegna – sostiene – ha tutte le capacità per accedere all’eccellenza anche nei campi nuovissimi della comunicazione digitale come dimostrano Niki Grauso e Renato Soru.
Una terra antica capace di primeggiare, per esempio, non solo nei prodotti “DOP” e “DOC”, ma con Tiscali“.
Nel suo romanzo di nuova “fantascienza”, è affascinato dal suono di parole; nel toponimo Siliqua, ad esempio, coglie l’assonanza col silicio, lo studio e la ricerca dei metamateriali.
Anche i nomi di personaggi, come Barbaiotti, Barbaiola, Mariposa, Pibitziri, Coccumeo, sono tratti dal lessico sardo.
Rinnova lo schema classico del racconto fantascientifico, ma sostituisce i consueti termini tratti dall’immaginario celtico per introdurre parole della sua terra. Sostituisce pugnali, baci, vampiri con suoni e personaggi mutuati dall’immaginario fantasioso e fantastico sardo, accolto e ben compreso dal suo pubblico e dai suoi lettori.
“Certo è che i Sardi – ammette – leggendo quei nomi, colgono nel suono delle parole un qualcosa in più, una sorta di quintessenza, grazie al loro essere Sardi“.
Battista Saiu
Ogni cosa che vive insegna e impara
di Bruno Tognolini, tratto da Lunamoonda, Milano 2008, pp. 265-267
…Guardati intorno, la cosa è già sotto i tuoi occhi. Un’era che disprezza i maestri dei suoi figli, non poteva in tutta onestà ambire ad altro che a forme di uomo impoverito.
Ora occorrono maestri speciali di umanità, per risanare questo squilibrio: maestri d’eroi.
E i migliori maestri speciali di umanità, che saltano fuori in momenti speciali quando c’è bisogno, non sono umani: son subumani, superumni, transumani.
Maestri Dei, figli di Dei, Maestri Mostri.
Chirone, il primo e più grande di tutti noi, “trainer” di Ercole, di Achille e di Giasone, era un vecchio centauro. Io sono solo una macchina mutante. Però sono un Magistero, un formatore: ho abbracciato il suo nome e la sua forma, diminuendola per nullità e per allegria, e potenziandola di testardaggine. Potevo assumere qualsiasi altra, ma questa mi piace, è di buon augurio, è un bel galoppo, per quanto un asino galoppi, ogni tanto non potrà farmi che bene.
Eccomi dunque: Chirone Uno Punto Uno.
Il Punto Zero è quello antico, l’originale, quello più alto e più bello, il mezzo destriero. E magari ha ragione Marianna: se lui era maestro era maestro d’eroi, io che sono mezzo somaro sarò maestro di mezzi eroi. Forse somari e mezzi eroi hanno qualche carta nascosta in più. Staremo a vedere.
Io per esempio ho un’ottima materia sottomano, meglio dei suoi tre sciocchi spaccamonti palestrati: prima di tutti Yaya e Tataèa, ma anche Fàula, Pibitzìri, Arasulè, Momòtti, Fiore, Murena, Maureddìn, i danzatori, i musicisti … tutti quanti.
Anzi, non tutti quanti, veramente. Non ho menzionato Marianna, come hai visto: perché con lei ho scambiato, in forma ben più profonda, insegnamenti che non si potranno più ripetere. E infatti, come ti ho detto son finiti. E non ho menzionato Giaime, perché lui non è un allievo: lui è la scuola. Lui è il cuore, il legame, il progetto. La volontà che ci tiene in piedi tutto questo. Non ha tempo per imparare, deve fare. Fare la Fràtria ogni giorno con le sue mani, fare il Posto dove tutti gli altri imparano. Ma niente paura, nulla verrà sprecato: potrò sempre imparare io da lui.
Anche fra i nuovi ci sono fiori che sbocceranno, ma ora non c’è più tempo per parlarne, per conoscerli come si meritano, e questa in fondo non è la loro storia.
Infine, a trenta passi da questa Tettoia, ci sono altre vite, altre menti, altre lingue.
Qui in riva al mare, come dicevo poco fa, Calamari Giganti, cetacei, pesci e cozze son le creature con cui parlo più a lungo, nelle ore senza fine delle notti, quando voi umani dovete spegnervi e dormire. Non si può dire propriamente che parliamo: stiamo qui, passiamo tempo, scambiamo vita, cioè insegnamenti.
Ogni cosa che vive insegna e impara.
Qui, in riva al mare, ti ho raccontato questa storia.
È l’ultimo gioco infotecno di Alfa Magistero, il più avanzato. Non credo che ne farò più, di questo tipo. M’è costato un bel po’ di energia, calcoli e versi in lingua Kalamari, ma alla fine è riuscito: lanciare un treno di dati elementari-dati di testo, briciole nelle reti-oltre la curva del tempo; centrare qualche risorsa dei tuoi anni, farsi arrivare questa storia dal futuro. mi è riuscito con un editore: la storia ti arriva interfaccia libro, non film, videogame, fumetto o chissà che altro. Ma so che non ti dispiace.
Scusami se ti ho irritato Hlpo finestre presuntuose, una bella scocciatura, non è vero? Be’ ora sono finite.
Tutto è finito.
È giunta l’ora di salutarti, caro nonno. Ti ringrazio di essermi stato a sentire fin qui.
Ti ho parlato da un futuro che ti aspetta: forse non proprio così, un po’ diverso.
Ma tutto è sempre così: un po’ diverso.
Ti ho annunciato, chissà quante pagine indietro, che c’era una cosa importante da dirti alla fine. Be’, qui siamo alla fine, e io non mi ricordo più che cosa fosse. Forse è semplicemente questa storia, ciò che avevo da dirti. Questa storia è la mia lezione più bizzarra, fatta a un allievo nonno, pensa un po’.
Gli anni verranno, faranno Lunamoonda scavalcandosi a vicenda, correndo sempre in cima, per far prima. Questo tempo di cui ho narrato arriverà. Tieni gli occhi bene aperti, il cuore aperto, le mani aperte. Porta rispetto e affetto, a tutto.
A TUTTO.
E se capiti nella terra Shardenya, passa a vedere Sella Dimòniu. È un gran bel posto.
Ora ti lascio. Sta arrivando Tataèa. Dobbiamo andare a fare un giro insieme.
È l’unico a cui consento di montarmi. Oltre a quelli di asino e di Alfio, ho un po’ di cromosomi anche del Blaster: i due amici si riconoscono e sono contenti.
E tu? Sei stato contento di questa storia.
Nelle foto: alcune immagini dello scrittore Bruno Tognolini a Su Nuraghe di Biella, ritratto con il prof. Roberto Perinu, il direttore della Biblioteca Civica di Biella, Patrizia Bellardone, e il direttore della Biblioteca di Su Nuraghe, Biagio Picciau.