4 maggio 1861 – Le gloriose bandiere dell’Armata Sarda cedono il passo a quelle dell’Esercito Italiano
Biella, 2 maggio. Un’altra giornata di sole per salutare la celebrazione della Festa dell’Esercito Italiano, la prima volta a Biella, a dieci anni dalla sua istituzione. Presso il monumento a Caduti, al centro dei Giardini Zumaglini, nel cuore della Città, erano presenti tutte le massime Autorità provinciali e cittadine: il Prefetto, Narcisa Brassesco, il Sindaco di Biella, Vittorio Barazzotto e la Rappresentanza della Provincia di Biella; il dott. Giuseppe Poma, Questore della Provincia di Biella, il Ten. Col. Federico Maria Ruocco del Comando Provinciale Carabinieri, il Comandante di Biella del Corpo Forestale dello Stato e altre Autorità militari in servizio e in congedo; il Presidente dell’Istituro del Nastro Azzurro, dott. Tomaso Vialardi di Sandigliano, tutte, proprio tutte le Associazioni Combattentistiche e d’Arma con i loro Presidenti e le loro insegne.
Per questa occasione, 43 anni dopo l’erezione del monumento (1966), è stato innalzato un pennone per onorare con il Tricolore i Caduti di tutte le Guerre.
La Festa dell’Esercito, per noi – Sardi e Piemontesi – è particolarmente ricca di contenuti, in quanto il 4 maggio 1861 segna il momento nel quale le gloriose bandiere dell’Armata Sarda cedono il passo, per decreto di Manfredo Fanti, Ministro della Guerra dell’appena costituito Regno d’Italia, alle nuove bandiere dell’Esercito Italiano.
Una data importante che a Biella è coincisa con la prima uscita ufficiale dell’Associazione Nazionale Brigata “Sassari”, il Nucleo dei “Thatharinos Biellesos“, guidato dal Responsabile Fiduciario Magg. Giovanni Manunta, operativo dal 28 aprile u.s.
Domani, 3 maggio, alle ore 12 in punto, con il sole alto nel cielo, come ogni prima domenica del mese, il rito dell’Alzabandiera verrà ripetuto a Nuraghe Chervu, l’area monumentale intitolata alla Brigata “Sassari”, dedicata ai Caduti sardi e ai Caduti biellesi.
Battista Saiu
2 maggio 2009: Festa dell’Esercito a Biella
nelle parole di Giovanni Manunta
Oggi, 2 maggio 2009, abbiamo celebrato, con una certa imprecisione, la Festa dell’Esercito Italiano. Festa istituita nel 1998 dal Capo di Stato Maggiore pro tempore, Tenente Generale Francesco Cervone, e fissata per il 4 maggio, in ricordo del decreto (4 maggio 1861) di Manfredo Fanti, Ministro della Guerra del neonato Regno d’Italia (17 marzo 1861), che sanciva l’abbandono del vecchio e glorioso nome di “Armata Sarda” in favore del nuovo e bene augurante appellativo di “Esercito Italiano”.
Fatta l’Italia, si disse, bisognava fare gli Italiani, e questa era vista come impresa delle più difficili. Di fatto, il nostro Esercito divenne veramente Italiano solamente con la Prima Guerra Mondiale, mentre gli italiani (con la i minuscola) continuano tutt’oggi a cercare, trovare e sfruttare la più futile occasione per dividersi.
Questo 148° Anniversario è stato, dobbiamo purtroppo riconoscerlo, celebrato straccamente e senza entusiasmo. Ai ritardi ed alle polemiche della vigilia tra le diverse organizzazioni che si arrogano il monopolio della rappresentanza dei nostri comuni valori, si è aggiunta l’assoluta mancanza di comunicazione al pubblico che, sorpreso, guardava tanta scena, ma non ne comprendeva i motivi. Nessuno ha ritenuto di spiegare, in due parole, il perché ed il significato della Cerimonia. Eppure, ci sarebbe stato molto da dire, per esempio sul fatto che, dopo mezzo secolo, i nostri Caduti avevano finalmente un pennone da cui sventolare quel Tricolore che ne aveva guidato, giustificato ed onorato l’estremo sacrificio.
Oppure, sulla transizione da uno Stato Regionale ad uno veramente Nazionale, per la quale i nostri Soldati e le nostre Famiglie hanno pagato un dolorosissimo e pesantissimo contributo.
Ed ancora, sulla importanza che rivestono, per la memoria storica, quei Fatti d’Arme che hanno segnato il passo, ma anche il progresso verso ciò che siamo, senza nostro merito personale, oggi. Forse il fatto che tutto questo ci è stato donato col sangue, con le lacrime e col sudore, dai nostri Patres e Mannos ci fa pensare che ora abbiamo solo da sfruttare, non più da contribuire, e questo spiega, magari, la triste mancanza di Ethos, di Logos e di Pathos, che tanto ha addolorato, non solo i celebranti, ma i pochi e non informati, astanti.
Noi Sassarini, appena “ufficializzati” dal 28 aprile, abbiamo celebrato in massa, obbedendo in silenzio ma “murrugnendi” a “sa muda“, pensando ai Nostri Morti, a Tutti i Morti, che nessuno si è sentito in dovere di rammentare “ae sa Boghe“, come s’usa quando si vuole veramente bene.
Morti ed usanze che neppure le più scialbe cerimonie riusciranno mai a farci dimenticare, perché “Sa fide nostra non la pagat dinari“.
Ajò, Dimonios!
Avanti! E Forza Paris!
Maggiore f par (Ris) Dr. Giovanni Manunta, Phd, Thatharinu
Nell’immagine: Biella, Festa dell’Esercito, deposizione della corona al monumento ai Caduti.