Osservare il lavoro del tempo sulla natura, percepire il trascorrere delle stagioni attraverso la variazione costante dei colori e delle forme degli alberi e delle foglie, immergersi in un mondo dai ritmi lenti, fino a che il cuore si calma ed entra in risonanza con esso.
Non si può dipingere la natura se non si comprende che essa è dentro di noi prima ancora che fuori, non si può cogliere il fremito di un’ala spaventata in un bosco innevato se non si è capaci di farsi parte di quel bosco e trasformare il proprio respiro nel soffio di vento che dà spinta al volo.
Non ci si stupisce di fronte alla bellezza se si è capito che essa ci circonda in attesa di essere ammirata.
Andrea Quaregna, classe 1970, biellese d’origine e pollonese per scelta, ha saputo cogliere, nei suoi quadri, il legame forte e profondo che unisce l’uomo alla natura, riscoprendo in se stesso prima di tutto la capacità di osservare.
Arte antica che si nutre del bene oggi più prezioso, il tempo, l’osservazione presuppone saldezza interiore, affinché il mistero della fragilità della bellezza non ci confonda, e capacità di affrontare le proprie paure, per sanarle attraverso l’arte.
Osservare, amare, alleggerire: sono i verbi di cui si nutre l’arte di Quaregna che, nobilitando la grezza juta, è divenuto poeta di un’arte povera che ha fatto propria.
Autodidatta e attento osservatore Quaregna riproduce dunque nelle sue tele il mondo naturale che ci circonda cogliendone il pathos e la freschezza senza mai travalicarne i confini, in profonda armonia dunque con il creato, nel segno di un’azione pittorica che è anche gesto ecologico.
Federica Chilà
Nell’immagine: la civetta.