Come annunciato, domenica 19 dicembre, a Graglia, nella chiesa dell’antica Confraternita di Santa Croce e della Santissima Trinità, si è svolta la replica di “Il ritorno del Gelindo, Ieri come Oggi”, atto unico in sei quadri, scritto e diretto da Ludovica Pepe Diaz.
A fare da cornice alla proposta di teatro civile messo in scena dal Circolo Culturale Sardo di Biella, le “Voci di Su Nuraghe”, con melodie della tradizione natalizia isolana, accompagnati all’organo dal M° Marco Montecchio e dal M° Alessandro Rigola e quattro bravi giovani attori: Mirko Cherchi, Francesco Logoteta, Veronica Morellini e Marinella Solinas, coadiuvati dal tecnico delle luci, Enrico Bonardi, della “Compagnia dello Zircone” e dall’artista biellese Andrea Morabito per l’impianto audio.
L’azione si dipana nel presbiterio, ai piedi dell’altare, arredo essenziale, per sei scene che si susseguono con ritmo veloce e avvincente.
In apertura, il canto “Duos isposos a s’iscurigada chilcant in Betelem alloggiu invanu” (due sposi all’imbrunire cercano invano alloggio in Betlemme), racconta le vicissitudini di Maria e di Giuseppe in cerca di alloggio nel piccolo villaggio di Giudea. I versi del canto pastorale introducono nel pieno della vicenda di Assunta e Pasquale, due protagonisti meridionali del tempo presente che si trovano, a distanza di duemila anni, come la coppia santa, a dover affrontare gli stessi problemi di accoglienza, proiettati in una ricca città del Nord Italia.
Segue il primo quadro: “L’ufficio di collocamento”, e si passa subito a “La manifestazione” e al “Fallimento della manifestazione”; quindi a “La decisione: emigrare” seguito da un bellissimo “Monologo di Assunta” che attende lo sposo seduta al tavolino di un bar. “Il rifiuto” dell’alloggio alla giovane coppia che cerca un luogo decente per far nascere il proprio piccolo, richiama alla mente i cartelli “non si affitta ai meridionali” mai del tutto cancellati o rimossi dalla mente. Un intreccio semplice e, forse, anche un po’ scontato nello svolgersi con ingenuità.
Infine “La nascita” con voci fuori campo, che introducono il secondo brano nella tradizione natalizia isolana, il solenne “Gloria!”, eseguito in latino e in sardo. Le parti in Limba dicono: “It’est custa armonia de incantu, tuttu custa lumera? Sunt cantede in s’aera dae in mesu de sa lughe!”, Cos’è questa incantevole armonia, tutte queste luminarie? Stanno cantado per aria, in mezzo alla luce!
Il pubblico si è lasciato cullare dalle successive notissime ninnananne quali: Celesti Tesoru, Notte de chelu e sos pastores.
Graditissimo il canto finale della tradizione piemontese: “Gesù Bambin l’è nato”.
Salvatorica Oppes
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