L’esperienza del “Gelindo 2010″, iniziativa culturale promossa dalla Comunità dei Sardi di Biella, offre la possibilità di formulare qualche riflessione ulteriore circa i temi della Tradizione, dell’Identità e, più in generale, della Memoria. In particolare, come messo in evidenza in occasione del Convegno Internazionale Etno-Antropologico dal titolo “Reti di Memoria – Esperienze, archivi, patrimoni”1, tenutosi a Rocca Grimalda (AL) il 19 ed il 20 Settembre 2009, diversi possono essere gli approcci a riguardo.
Spesso la Cultura Popolare viene presentata al pubblico come se fosse la rappresentazione di un tempo ormai passato e non più rispondente al presente, una sorta di “reperto” immobile ed immutato. Tale atteggiamento si spiega col fatto che sussiste una frattura profonda tra passato e presente, ragione per la quale, in sostanza, il porre un evento od un oggetto in una dimensione di tutela, in un “museo”, significa considerarlo come “non vivente” o da custodire perché prossimo alla scomparsa2.
Altre volte, invece, non esiste cesura tra il contemporaneo ed il trascorso ma, al contrario, si assiste ad un’evoluzione nella quale la Tradizione ed i suoi caratteri contraddistintivi continuano a vivere e a trasformarsi. In tali occasioni si assiste ad un vero e proprio processo storico degli eventi umani, consistenti in un quid “vivente e vissuto”3: in questi casi gli studiosi sono soliti parlare delle citate “Reti di Memoria“. Filoni e legami che, nella Cultura Popolare, non sempre appaiono agevolmente riconoscibili a causa della complessità dei fenomeni e delle dinamiche in azione: archetipi, tracce ed aspetti del Passato e della Memoria, infatti, possono presentarsi mimetizzati o in evoluzione come se fossero veri e propri “fiumi carsici” che improvvisamente riaffiorano in superficie4.
A questi “flussi“, poi, forniscono talora contributo quanto può essere definito “esotico” rispetto ad una Tradizione, novità più o meno avulse, almeno in apparenza e con diversi gradi di evidenza, a seconda dei casi, a quanto appartenente ad un determinato contesto culturale-popolare, ma in grado, col tempo, di diventare parte integrante della stessa Tradizione5. Aggiunte che possono sedimentarsi in ragione di un punto di contatto con un certo archetipo del linguaggio universale dei simboli ed, al contempo, in presenza di almeno una minima ripetitività di comportamenti o di fenomeni a riguardo, fatto che testimonia o un’accoglienza quale sorta di accettazione di un determinato quid, o un riconoscimento di appartenenza ad un dato “mondo” culturale di determinati valori, dinamiche e fatti .
In conclusione tali fenomeni complessi e “viventi” evidenziano come ogni comportamento, ogni evento classificabile come Tradizione, abbia un inizio in parte ex novo o quale innesto su di un precedente costume preesistente. Un comportamento che diviene tradizionale nel momento in cui attecchisce nella realtà locale e si vuole ripetere ciclicamente.
Il Gelindo in scena di questi giorni, rispecchia tutti questi caratteri. E la proposta, dunque, aspira ad essere un “pollone” fecondo per tutti, capace di tramandare al futuro, così, il connubio esistente tra substrato del passato ed evoluzione nella novità.
Gianni Cilloco
- A riguardo si rimanda alle notizie consultabili su questo sito. [↩]
- M.Aime, Eccessi di culture, Einaudi, Torino 2004, pp. 32 e ss. e pp. 45 e ss.; Z.Bauman, Intervista sull’identità, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 96. Implicitamente: G.L.Bravo, L’archivio che vive, in Slowfood, n. 12, pp. 190-194. [↩]
- Cfr. M.Bloch, Apologia della storia, Einaudi, Torino 2009, pp. 36–55. [↩]
- Cfr. G.L.Bravo, cit., pp. 190-194. [↩]
- Cfr. M.Aime, cit., pp. 47 e ss., pp. 73 e ss. e pp. 135 e ss. [↩]