Gran favata, chi siamo e chi eravamo attraverso il gusto

LocandinaSabato 6 febbraio, alle ore 20, nei locali di via Galilei, il Carnevale dei Sardi di Biella inizia con la Gran favata, piatto tipico della tradizione contadina preparato con carne di maiale, fave e finocchi selvatici o con altre rare verdure di stagione.
Si tratta di una variante mediterranea delle note fagiolate ben radicate nel Biellese e presenti in altre località delle province vicine. Pochi sanno che per diffusione territoriale e per quantità di derrate consumate, il Piemonte orientale vanta un primato di tutto rispetto.
In Piemonte, i fagioli – nella ricercatissima varietà di Saluggia – hanno sostituito le fave, legume universalmente legato al culto dei morti.
In questo periodo dell’anno, le piazze di molte località alpine si animano di fumi e profumi, con fuochi che riscaldano persone e fanno ribollire delicate prelibatezze entro grandi paioli di rame.
Favata sarda o succedanea fagiolata piemontese sarebbero varianti del permanere di antiche ritualità legate al morire stagionale: banchetto funebre, pubblico refrigerium, in attesa del rifiorire della bella stagione.
La Favata proposta dai bravi cuochi di Su Nuraghe permetterà di avvicinarci “alle origini” attraverso antichi sapori: ulteriore contributo alla scoperta e valorizzazione di chi siamo e di chi eravamo attraverso il gusto.
Inoltre, durante la serata e nei diversi appuntamenti che in questo periodo si susseguiranno, sarà possibile gustare le caratteristiche cattas e zippulas, i dolci del Carnevale dei Sardi.

Battista Saiu

1 commento

  1. Buona festa, cari amici!
    Con “fae cun lardu” la festa é sicura; sono certo che questo prelibato piatto lo mangiavano anche i nuragici, cucinato d’inverno come si usa ancora al mio paese con “su rivuggiu” che altro non sono che le erbe spontanee, nel Goceano questo piatto lo chiamano “piscadura” e molte volte alle fave preferiscono i ceci. Nelle Asturie, in Spagna, esiste un piatto simile che prevede fagioloni bianchi, orecchie, costine, sanguinaccio e prosciutto di maiale, ma niente verdure. Tutti conosciamo la “cazzöla”, versione alpina del prelibato piatto. Un abbraccio dae “Sa Berrita”.

    Giovanni Poete

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.