Scegliere santi e patroni per un territorio significa definire l’identità e la storia di luoghi ed abitanti: la devozione per i santi e per i beati, infatti, esprime l’anima della popolazione locale, il suo coinvolgimento emotivo; al culto dei patroni si è spesso ispirata la stessa topografia e l’onomastica locale, nelle quali si è manifestato il permanere del riguardo per un determinato soggetto come in Valle d’Aosta e nelle zone montane dell’Italia Nord Occidentale per i Santi Grato ed Orso e nel Piemonte orientale per la figura di Sant’Eusebio patrono della stessa regione.
La figura di Eusebio è così importante per le genti del suo tempo tanto da essere associata a località come, per esempio, la “Piana di Sant’Eusebio”. Il suo nome è presente, oltre che nella toponomastica – piazze, strade, vie, vicoli, sentieri della vasta regione subalpina affidata alla sua evangelizzazione – nei cognomi biellesi: Eusebias, d’Eusebio, Eusebio, Deusebis, Eusebione, Eusebietto, per oltre trenta patronimi.
Oggi, nel tempo presente, a distanza di oltre 1650 anni, a molte persone residenti negli antichi territori divenuti cristiani attraverso la sua parola, viene imposto ancora il nome “Eusebio”.
Per quanto concerne la devozione mariana, in particolare, a Torino emerge la figura della Consolata, la cui icona sarebbe stata donata a Massimo, primo Vescovo di Torino, proprio da Sant’Eusebio, mentre Regina della fede nel territorio Biellese risulta essere la Madonna nera venerata presso il Santuario Eusebiano Alpino di Santa Maria di Oropa.
Si fa risalire la venerazione biellese e quella alessandrina di Serravalle di Crea a Maria “Deipara”, madre, genitrice di Dio all’evangelizzazione del sardo Eusebio.
Nell’ancona di rame argentato che ornava l’antico sacello eusebiano di Oropa, voluta dal Vescovo Losana e rimossa nel 1920 durante i restauri per la centenaria incoronazione della Vergine nera, sono raffigurati i santi Eusebio e Luca. La fede popolare attribuiva all’evangelista numerosi ritratti della Vergine, al santo vescovo sardo, reduce dall’esilio in Palestina, il trasporto di simulacri mariani alla nativa Cagliari, a Crea e ad Oropa. Un mito di fondazione che – nel disincanto del presente – si cerca di accantonare: troppo semplice per spiegare cose sublimi. Ma non di “leggenda” nel senso di favola o storiella, si tratterebbe, bensì di “legenda”, nel senso cristiano di “tradizione” ossia: lettura, decodificazione; un codice ben noto che ha permesso di diffondere e far capire agli umili e ai semplici, ai convertiti della terra, il mistero dell’Incarnazione attraverso Maria “Deipara”.
Battista Saiu