La Passio Christi tra Biellese e Sardegna

Casa della Sindone
Biella Vernato, casa della Sindone, dipinto del sacro lenzuolo su un'antica casa (XVIII secolo).
Il Venerdì Santo è momento cruciale del calendario liturgico: in tale giornata, infatti, viene fatta memoria della passione e morte di Gesù Cristo, il quale, scegliendo di accogliere il male e la morte nell’ottica della missione di salvezza nel mistero del dolore, ha caricato su di sé la sofferenza di tutti gli uomini di ogni tempo1. La relativa narrazione evangelica, realtà storica e di fede è, tuttavia, anche elemento strutturale della cultura popolare italiana e, nello specifico, delle inerenti manifestazioni della religiosità popolare nelle quali si assiste a grandi riti di meditazione collettiva circa la morte, la sofferenza e la caducità umana, nonché a forme e tentativi di esorcizzazione del dolore esistenziale2. Da sempre, infatti, l’uomo ha sentito l’esigenza di rappresentare, mediante il linguaggio gestuale, la danza, e la produzione artistica in genere, i propri pensieri, valori e sentimenti, in primis quelli a valenza religiosa, dando così luogo a manifestazioni che non sarebbero altro che una sorta di “teatro della ripetizione” di platonica memoria, ossia un’evocazione di una «malinconica nostalgia dell’origine»3, asserto che sembra rivelarsi vero anche con riferimento ai rituali in questione, ove si propone un qualche cosa di appartenente ad un contesto culturale ed esistenziale, spesso proiezione “storica” di un mondo collettivo legato alle radici, al passato familiare ed etnico degli individui, ossia alla Tradizione. In tali fenomeni si assiste ad un’epifania nell’attualità e si dimostra, in un certo senso, un elemento del contemporaneo con un costante sguardo verso il passato.
Il Venerdì Santo, in particolare, tempo di silenzio e di riflessione, vede la celebrazione delle cd. Via Crucis, rito di natura paraliturgica il cui schema tipo è oggi un percorso simbolico che vede i fedeli partecipi muoversi lungo un cammino rappresentante il passaggio dal dolore verso il mistero della Resurrezione, immersi in meditazioni silenziose ed esercizi di pietas davanti a quattordici stazioni segnate da croci, tutte evocative dei momenti che videro Gesù muoversi dalla condanna a morte alla salita al Golgota e sino alla sua morte in croce ed alla deposizione del suo corpo nel sepolcro. La pratica, nata sin dal V secolo in Terra Santa ed importata in Europa a partire dal XIV secolo attraverso l’opera missionaria dell’ordine francescano, si diffuse tra le masse a cavallo tra ‘600 e ‘700, grazie soprattutto all’opera di San Leonardo da Porto San Maurizio. In esse spesso si accompagnano canti quali il Miserere o lo Stabat Mater, sorte di reliquie popolari dalle forme polivocali di matrice latina, prive di accompagnamento musicale, tramandate tra le generazioni in via orale4. Parallelamente, in Sardegna, oltre che alle classiche processioni del Venerdì Santo, detto sa Chenapura Santa, manifestazioni spesso organizzate da locali confraternite ed accompagnate dai citati canti in Limba, connotate per lo più da una forte impronta iberica, si assiste a momenti e ritualismi paraliturgici meta-rappresentativi focalizzati su particolari episodi della passione di Cristo, quali la deposizione dalla croce, detto s’Iscravamentu5. Tali manifestazioni evidenziano tutte una derivazione naturale dal “teatro cristiano” medioevale, originatosi dalla liturgia romana, pervasa, nella sua pura forma celebrativa, da elementi drammatici, quali il sacrificio della Messa, rappresentazione simbolica, in forma dialogica, tra celebrante e popolo, in stretta connessione col rito, ove i sacerdoti, recitando le relative formule, sostengono parti diverse e “mutano identità scenica” attraverso una stilizzazione esteriore. La situazione appena descritta vedeva agli esordi tutti i soggetti coinvolti, dai celebranti all’assemblea partecipe delle sacre funzioni, pienamente consapevoli di significati, simboli e ruoli individuali e collettivi degli eventi celebrativi: nel sacerdote, “attore sulla scena“, i credenti contemplavano e contemplano oggi, l’agognata anticipazione della venuta del Cristo nel mondo6.

In tale quadro si collocano anche le sacre rappresentazioni in senso proprio, nate da un ufficio drammatico del X secolo ed, ancora prima, da uno quotidiano del secolo VII, nei quali dalla funzione liturgica, col predetto significato simbolico e teologico7, si assistette ad un’evoluzione di dimensione esemplificatoria ed autonoma nello spazio e nel tempo, specie con una collocazione calendaristica indipendente dal periodo quaresimale, con aspetti realistici e, a tratti, corposi, come verificabile assistendo alla nota Passione di Sordevolo, fiore all’occhiello ed emblema identitario per il territorio circostante Biella8. Ivi si è passati ad un netto distacco del “popolo dei devoti” dalla conoscenza e comprensione dell’evento liturgico in senso stretto, stemperato ad una sorta di allegoria, ossia ad una rappresentazione scenica percepita come pura finzione, narrazione di un fatto o di un’azione a valenza religiosa, compiuta in maniera più articolata rispetto alla semplice lettura o declamazione di un testo e pervasa sia da un intento didascalico, sia dal desiderio di immedesimazione nell’evento. Col trascorrere del tempo le rappresentazioni non hanno mantenuto una completa fedeltà rispetto al racconto delle Sacre Scritture ed alle agiografie dei santi, assumendo, così, un carattere più disimpegnato e contaminato di elementi culturali locali, con distinzione di ruoli e distacco dal fervore mistico – fideistico originario9.

In Piemonte, storica terra di passaggio e di circolazione di idee e costumi, con riguardo alla Passio Christi sono sorti anche Santuari e Sacri Monti, meta di preghiera e di pellegrinaggio, tra i quali si ricordano quelli di Varallo, di Belmonte e di Domodossola, depositari di vari elementi ridondanti della devozione popolare locale, dei relativi costumi e, talora, di simbolismi di matrice agro-pastorale10. Dalla fine del Medioevo, poi, accanto a detti siti, è attestata la diffusione di una produzione artistica di matrice popolare relativa alla devozione per la Sindone11, nella quale figurano, accanto all’immagine del telo delle sofferenze patite da Gesù, santi e patroni legati alla realtà del territorio, sorta di elemento “patronale” ed, insieme, identitario locale. Nel Biellese si ricordano, a riguardo, ex-voto e tele custodite in oratori, parrocchiali e nel Santuario Eusebiano Alpino di N.S. di Oropa, nonché alcuni affreschi esterni rintracciabili in vari comuni, icone sopravvissute al degrado del trascorrere del tempo, tra le quali si ricorda tra le più antiche, databili tra il XVII ed il XVIII secolo e localizzate prevalentemente in prossimità dell’antico quartiere fortificato del Piazzo di Biella, la celeberrima “Casa della Sindone“, testimonianza del passato della presenza di una Confraternita del Santo Sudario12.

Gianni Cilloco

  1. Cfr., O.Clement, Le feste cristiane, Qiqajon – Comunità di Bose, Magnano, 2000, pp. 47-53; L.Coco, Piccolo lessico della modernità, Qiqajon – Comunità di Bose, Magnano, 2009, p. 26. []
  2. Cfr., A.Cattabiani, Lunario, Mondadori, Milano, 2002, pp. 113-119; A.Cattabiani, Calendario, Mondadori, Milano, 2008, pp. 189-193. Nonché F.S.Ruiu e G.Concu, I riti della Settimana Santa in Sardegna, Imago, Nuoro, 2007. []
  3. Cfr., A. Tagliapietra, Il velo di Alcesti, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 37 e ss. []
  4. Cfr., A.Cattabiani, Lunario, cit., pp. 113-119; A.Cattabiani, Calendario, cit., pp. 189-193; F.S.Ruiu e G.Concu, cit., pp. 9 e 52-53. []
  5. Cfr., F.S.Ruiu e G.Concu, cit., p. 76. []
  6. Cfr., R.Gualinetti, Origini e valori della “Passione” di Sordevolo, in Av.Vv. – a cura dell’Associazione Teatro Popolare di Sordevolo, Dall’Oratorio del Gonfalone all’anfiteatro della “Passione” di Sordevolo, Lassù gli ultimi di Gianfranco Bini, Champorcher, 2005, pp. 69 e ss. []
  7. Cfr., ad esempio, F.Accrocca, Ufficio della Passione di Cristo, in S.Francesco patrono d’Italia, n. 3, Marzo 2010, p. 63. []
  8. Cfr., Aa. Vv., La Passione di Sordevolo. Storia. Arte. Testimonianze, Gariazzo, Vigliano B.se, 2000; Av.Vv., Dall’Oratorio del Gonfalone, cit.; A.Cattabiani, Lunario, cit., pp. 113-119; A.Cattabiani, Calendario, cit., pp. 189-193. []
  9. Cfr., P. Toschi, Le origini del teatro italiano, Universale Bollati Boringhieri, Torino, 1999, pp. 663 e ss. E ancora F.S.Ruiu e G.Concu, cit., pp. 8-9. []
  10. Cfr., G.M.Zaccone, Piemonte. Tracce di Passione, in Luoghi dell’Infinito, n. 137, Febbraio 2010, pp. 50-59). []
  11. Cfr., G.M.Zaccone, cit., pp. 51-59. []
  12. Cfr., D.Lebole, Il culto della S.Sindone nel Biellese, Biella, 1998, pp. 1-16; V.Natale, La Sindone intorno a Oropa, in Rivista Biellese, 1998, n. 2, pp. 19-28; V.Natale – a cura di, Le Sindoni ritrovate. Restauro delle raffigurazioni nel Biellese, DocBI-Centro Studi Biellesi, 2000; G.Vachino – a cura di, I Santi sui muri, Biella, DocBI-Centro Studi Biellesi, 2009, pp. 13 e ss. []

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