Luciana Nissim, nata a Torino nell’ottobre 1919, da un commerciante di lana, ebreo assimilato ma non ortodosso, crebbe nel corso dell’infanzia e della sua adolescenza a Biella – internata nel campo di sterminio di Birkenau e, successivamente, nei pressi di quello di Buchenwald.
La giornata del 27 Gennaio offre l’opportunità di una riflessione sulla sofferenza legata al male, sull’imprevedibilità della vita e sull’importanza della Memoria sia per la comprensione del presente, sia per la costruzione del domani. La lettura di documenti, la visione e l’audizione di testimonianze offrono a riguardo un «importantissimo valore educativo e didattico. Infatti come ha scritto Geoffrey Hartman “l’immediatezza dei racconti in prima persona ha l’effetto del fuoco in quella gelida stanza che è la storia”»1. L’esperienza estrema dei Lager e, più in generale, delle persecuzioni totalitarie alle “minoranze”, infatti, è stata una “situazione dolorosa” di umanità, in quanto non ha riguardato soggetti eccezionali ma persone comuni, legate alle varie comunità locali, talora strappate dalle loro dimore o dalle loro abitudini, con tutte le loro famiglie, nella più completa inerzia o impotenza da parte di coloro che assistevano a tali fatti.
A riguardo torna alla mente che lo scorso anno la città di Torino, il comune di Fossoli, in Emilia Romagna e, successivamente, il Forte di Bard, alle pendici della Valle d’Aosta, hanno ospitato la mostra itinerante A noi fu dato in sorte questo tempo 1938 – 1947, una rassegna multimediale interattiva dedicata alla storia della vita di giovani italiani «assolutamente “normali” che (…) hanno avuto in sorte “un tempo straordinario” e hanno dovuto confrontarsi con scelte drammatiche»2, per la maggior parte ebrei, rifiutati ed esclusi dalla società civile a causa delle leggi razziali del regime fascista. A Torino, nella specie, intorno alla locale Biblioteca della Scuola Ebraica, si formò e cementò un gruppo di valenti e tenaci studenti e ragazzi, ruotanti intorno a eminenti figure quali Primo Levi, Emanuele Artom, Lino Jona e Bianca Guidetti Serra3.
Tra costoro, in particolare, una studentessa di famiglia biellese iscritta al corso di Laurea in Medicina, Luciana Nissim. Nata a Torino nell’ottobre 1919, da un commerciante di lana, ebreo assimilato ma non ortodosso, ella crebbe nel corso dell’infanzia e della sua adolescenza a Biella4. Una ragazza che, nonostante le avversità del periodo, riuscì a laurearsi brillantemente nel luglio 1943, garantendosi, così, inconsapevolmente e quasi provvidenzialmente, una successiva via di salvezza in quanto, a seguito del suo arresto nel febbraio dell’anno seguente, venne internata, dapprima nel campo di sterminio di Birkenau e, successivamente, nei pressi di quello di Buchenwald, quale medico, funzione che comportava un trattamento meno gravoso all’interno dei Lager5. A questi aspetti si accompagnarono nella persecuzione una resistenza fisica ed esistenziale aiutata anche dal pensiero e dall’affetto per cari ed amici6. Liberata nell’aprile del 1945 e rientrata a Biella, diventò una delle voci più interessanti della psicanalisi nazionale e la sua testimonianza sulla deportazione, dopo lo scritto del 1946 intitolato Il ricordo della casa dei morti7, caratterizzò l’ultima parte della sua vita, a seguito della scomparsa di Primo Levi, e fino alla morte, avvenuta nel 19988. Emblematico che sul finire dell’esistenza ella abbia tratto dalla sua esperienza di vita, dalla sua libertà di pensiero e dall’incubo delle persecuzioni subite, oltre alla memoria inestinguibile del male, un amore esemplare per la vita da lei stesso evidenziato in un’intervista con le seguenti parole9: «Poter conservare dentro di me il bene che ho ricevuto dentro quell’orrore è stato un dono che la vita mi ha fatto».
I contenuti di una vita continuano a perdurare nella mente e nel cuore delle persone che hanno “conosciuto” quella determinata persona, e le testimonianze fatte, lette o pubblicate per il Giorno della Memoria ne vogliono avere almeno, negli intenti, l’auspicio. Perché l’esperienza dello Sterminio degli Ebrei rappresenta un monito alla costruzione di una consapevolezza etica e morale per la quale «una identità non è necessariamente migliore di un’altra e che (…) la riflessione sulla Shoah, su Auschwitz, sulla negazione dei diritti può essere un punto di partenza proprio per insegnare ai giovani che è possibile acquisire una cittadinanza europea che, accanto alle differenze, tenga conto delle affinità, a patto però che si eviti la sacralizzazione, l’eccessiva esposizione mediatica»10. Inoltre, la commemorazione del 27 Gennaio, anniversario della liberazione del Lager di Auschwitz, offrendo il modello di persone che, con la loro straordinaria disposizione per la vita, come Luciana Nissim, hanno saputo molto bene, con la propria “carne”, cosa significhi “avercela fatta“, vuole costituire l’occasione per incitare ciascuno a «salvare le margherite nel fango11» nel tempo attuale.
Gianni Cilloco
- Così: A.Chiappano, Il testimone e il luogo nella didattica della Shoah, in A.Chiappano – F.Minazzi (a cura di), Il ritorno alla vita e il problema della testimonianza. Studi e riflessioni sulla Shoah, Giuntina, Firenze 2008. [↩]
- Così: A.Chiappano (a cura di), A noi fu dato in sorte questo tempo. 1938 – 1947, Giuntina, Firenze 2010, p. 7. [↩]
- Cfr. A.Chiappano, A noi fu dato in sorte questo tempo, cit., p. 7; A.Guadagni, La memoria del bene, in Diario. I nostri primi cinque anni, Supplemento al n. 51, anno VI, 21 dicembre 2001, p. 26; Luciana Nissim, Piemontese. Giovane medico, resistente, deportata, superstite, sicanalista, sposa di Franco Momigliano, in Hazman Veharaion, Anno XVIII, n. 1-6, Gennaio – Marzo 2010, p. 19. [↩]
- Cfr. A.Guadagni, cit., p. 25; Luciana Nissim, Piemontese, cit., p. 19. [↩]
- Cfr. A.Guadagni, cit., pp. 25-26; Luciana Nissim, Piemontese, cit., p. 19. [↩]
- Cfr. A.Guadagni, cit., pp. 26-27. [↩]
- Cfr. A.Chiappano (a cura di), Ricordi della casa dei morti e altri scritti, Giuntina, Firenze 2008. [↩]
- Cfr. A.Chiappano, A noi fu dato in sorte questo tempo, cit., pp. 25-26. [↩]
- Così: A.Guadagni, cit., p. 27. [↩]
- Così: A.Chiappano, Il testimone e il luogo nella didattica della Shoah, cit. [↩]
- Così: A.Guadagni, cit., p. 30. [↩]