Il regista cagliaritano Davide Mocci a Biella per la prima nazionale del filmato Baraggia, l’ultima savana prossimamente in onda su RAI TRE – “La baraggia è l’ultimo grande incolto della Pianura padana, l’ultimo superstite di terre indomite mai assoggettate dall’uomo in cui sono presenti 170 varietà diverse di uccelli, tra cui il chiurlo maggiore che, in Italia, nidifica solo qui”.
Certo non stavano tutti all’interno dell’accogliente sala di Palazzo Ferrero, ma quello che abbiamo visto venerdì 18 marzo è veramente un bellissimo filmato che andrà prossimamente sulle reti di Rai Tre a Geo&Geo e totalizzerà sicuramente almeno 2 milioni di spettatori.
La serata è stata “maxima”, sì, perché la sala era strapiena e non c’erano più posti liberi.
La baraggia ha il suo fascino e quelli che già la conoscono e la amano, sono accorsi al richiamo interiore e passionale che questa terra magica sa dare. L’interesse e il coinvolgimento verso la baraggia è stato subito evidente dall’attenzione che il folto pubblico ha dimostrato sin dal preludio della proiezione.
La serata è iniziata con il primo intervento di Battista Saiu, cuore pulsante del Circolo Su Nuraghe, che ha organizzato l’evento, inserito nella celebrazione del 150° dell’Unità d’Italia. Saiu ha fatto notare, in armonia con questa tema di unità, come un regista sardo, Mocci, sia venuto in Piemonte a filmare la natura di casa nostra, rinsaldando, a distanza di oltre un secolo e mezzo, quello che era l’antico legame tra le due terre, al tempo del regno di Sardegna sotto la monarchia sabauda. Se prima piemontesi come La Marmora erano andati in Sardegna per conoscere la natura sarda, oggi sardi come Mocci sono venuti a promuovere la conoscenza della natura piemontese. Certo! Perché proprio di promozione vogliamo parlare! Infatti Mocci, che è successo a Saiu nel parlare, ha affermato come la baraggia sia un bene di valore inestimabile, da far conoscere e salvaguardare. Anch’egli come tutti quelli che la visitano, italiani o stranieri, è rimasto colpito dalla personalità di quest’ambiente, un habitat simile alla savana africana, che contagia di “mal d’Africa” quelli che la vedono.
Mocci è un regista famoso nell’ambito dei documentari di natura perché ha la capacità di metterci l’anima, di dare un tocco di interiorità, di sentimento alle immagini. Un regista che tocca i cuori e non solo gli occhi. Ma come ha fatto un regista così importante che ha girato il mondo in cerca di perle naturalistiche nascoste trovare anche quella nostrana? Tutto è nato dall’incontro con l’ornitologo biellese Lucio Bordignon, avvenuto in Sardegna nel 2008. Bordignon fornisce la sua consulenza nel coordinare i ripristini ambientali alla Sarda Silicati, ditta che fa parte del Gruppo Minerali Maffei spa. Durante uno dei suoi sopralluoghi, Bordignon va a Sestu a trovare Giancarlo, un amico piemontese che si è trasferito in Sardegna insieme alla moglie e alla figlia, che ha sposato un sardo. Giancarlo conosce Mocci e combina l’incontro: il Piemonte incontra la Sardegna. Tra i due nasce subito un’intesa forte unita dall’amore per la natura e per Colui che l’ha creata, così Mocci dice a Bordignon: “Mi farebbe molto piacere che noi due combinassimo qualcosa insieme. Cosa c’è di bello a casa tua? Qualcosa di stuzzicante, di unico? Qualcosa magari di poco conosciuto da rendere noto agli italiani?”. Bordignon risponde: “La baraggia! l’ultimo grande incolto della pianura padana, l’ultimo superstite delle terre indomite mai assoggettate dall’uomo, l’ultima savana di casa nostra”.
Mocci risponde “Allora si faccia questo filmato! Quando iniziamo?”.
Bordignon nel suo intervento ha spiegato proprio la magia di quell’incontro e i passi che hanno portato alla realizzazione di questo documentario straordinario.
Il documentario è durato 45 minuti ma nessuno dei presenti si è annoiato, c’erano bambini di 3 anni, come anziani di 80. Ma nessuno ha dormito. Tutti erano attenti e rapiti dalla trama di quel racconto, rapiti dal potere imprimente di quelle immagini. In sala durante la proiezione non volava una mosca, tutti erano estasiati.
Al termine è intervenuto anche l’assessore provinciale alla cultura Mariella Biollino ribadendo che la baraggia è un bene biellese di inestimabile valore che va protetto e fatto conoscere.
È seguita una discussione in cui sono state formulate alcune domande tecniche a cui Bordignon ha risposto. Ad esempio quante specie di uccelli sono scomparse dalla baraggia negli ultimi 20 anni?
Purtroppo una decina! La più emblematica, l’ortolano Emberiza hortulana, era molto abbondante sino a metà anni Ottanta mentre ora è scomparsa del tutto! Bordignon ha comunque rassicurato l’uditorio dicendo che la baraggia è ancora molto ricca di specie avicole: se ne sono contate sinora 170 varietà diverse, tra cui una che ci invidiano tutti, il chiurlo maggiore che, in Italia, nidifica solo qui da noi.
Altre domande: “Quante specie di uccelli possono vivere nel Biellese?”. Sono 262 le specie note sinora (fonte Bordignon, 1998, Gli Uccelli del Biellese, Assessorato all’Ambiente della Provincia di Biella) a fronte di 450 specie presenti nell’intera Europa.
Si è parlato poi della gestione dell’ambiente della baraggia, una gestione oculata fatta per conservare il manto erboso che è depositario della ricchezza faunistica. Ora questa manutenzione, che un tempo era affidata all’opera del pascolamento delle greggi o fatta col fuoco stagionale (debbio) non è più attuata.
Se l’habitat aperto e prativo della baraggia verrà lasciato alla sua naturale evoluzione la baraggia si trasformerà in una boscaglia e perderà tutte le specie che la rendono unica. Questo è uno sprone per coloro che amministrano l’area, in prima persona la Riserva naturale orientata delle baragge e i militari, a salvaguardarla e mantenerla così bella, ariosa e aperta come l’abbiamo vista sinora.
La serata ha messo tutti d’accordo sul fatto che la baraggia è unica e va salvata: questo è anche il messaggio che il filmato ha lasciato a tutti noi. Non lasciamo che l’emozione di un attimo passi nel dimenticatoio, operiamo da subito e con zelo per la salvezza della baraggia, l’ultima savana.
Lucio Bordignon,
ornitologo