Inaugurazione-cumbidu: sabato 29 ottobre, ore 21 – Biella, “Punto Cagliari” – Apertura: 29 ottobre, 12 novembre, tutti i giorni, ore 17-19 – Martedì, venerdì e sabato, ore 17-19 e 21-23 – Dal 13 novembre al 17 dicembre, esposizione presso l’Ambulatorio Infermieristico Sardo, via Costa di Riva, 16 – lunedì e giovedì, ore 9-11 – ingresso libero
Renata Tuveri nasce a Guspini, in provincia di Cagliari, oggi Medio Campidano. Nel 1965, appena diciottenne, arriva a Biella per fare la bambinaia nella casa di Franco Botto Poala; alle sue cure sono affidati i figli Ernesto, Paola, Nanni e Carla. Erano gli anni della grande partenza, l’abbandono dell’Isola alla ricerca di pane e lavoro. In seguito, con la chiusura delle miniere, l’emorragia dalla Sardegna sarebbe stata ancora più copiosa: un vero e proprio esodo.
Nell’immaginario di molti, più che una precisa località geografica, Biella era una sorta di terra promessa, un mito che accendeva speranze, alimentato da vaghe conoscenze storiche perlopiù associate a Quintino Sella, agli studi sulle miniere da lui compiuti e, ancor più, risalenti ad Alberto Lamarmora, il grande amico della Sardegna.
Tra i Biellesi benestanti, avere in casa personale isolano da impiegare nei lavori domestici e a cui affidare l’educazione dei figli, era motivo di prestigio, grazie anche al buon nome e alla fiducia che i Sardi si erano saputi conquistare nel tempo. Pressoché in tutte le famiglie di ricchi industriali o di antica nobiltà alpina, era facile ritrovare i figli di Sardegna, un po’ come quei “Sardi venales” citati da Livio, Plutarco e Festo, in riferimento agli Etruschi di Toscana, originari della città di “Sardi” in Lidia, prima ancora che ai Sardi di Sardegna.
Anticipando di un paio di decenni il tentativo di riscatto egualitario tra i generi – al pari delle coeve mondine venete ed emiliano-romagnole lavoranti stagionali in risaia – molte ragazze sarde partono sole in cerca di fortuna, con in valigia il certificato di buona condotta rilasciato dal parroco e la lettera di raccomandazione ottenuta dalle monache del paese natio.
Ai piedi del Mucrone, la comunità di origine fa capo al “Bar Mighela”, aperto nel lontano 1901 da Salvatore, un ogliastrino intraprendente che porta a Biella la prima macchina per il caffè espresso. Nella centralissima via Italia, il “Bar dei Sardi” è stato luogo di approdo, di incontri e di “smistamento” dei conterranei che, prima e dopo le due grandi guerre, emigravano a Biella. Lo è stato anche per Renata che, nel marzo del 1968 – giorno in cui fu catturato Grazianeddu Mesina, ricorda – conosce Antonello Siddi che sposerà nel dicembre successivo.
Dal 1970, Renata Tuveri lavora all’Ospedale di Biella, prima come ausiliaria poi, dopo un corso interno al nosocomio, come infermiera.
Con l’arrivo della pensione, la creatività di Renata esplode in un’arte che pone al centro l’elemento materico, supporto per il suo racconto pittorico. Acquisisce alcune nozioni e tecniche di base frequentando corsi di disegno e di pittura all’Università Popolare di Biella. Molte le opere prodotte in questa prima fase artistica, sempre alla ricerca del bello e dell’armonia attraverso il colore.
Partendo dal decoupage si perfeziona ulteriormente, sperimentando la pittura ad olio, a tempera e ad acquerello, “positivo-negativo e lustro“. Da subito predilige gli oggetti, quelli in ceramica particolarmente; su di loro deposita il colore con la tecnica del soprasmalto o a terzo fuoco, in cui si amalgamano i colori in polvere con l’aggiunta di un medium fluido – acqua o solventi – prima di stenderli a pennello sull’oggetto ceramico, che verrà sottoposto a cottura fino a raggiungere i 900°C. Durante la cottura i minerali contenuti nel colore si fondono con il rivestimento vetroso della porcellana generando un nuovo originalissimo oggetto.
Le opere di Renata Tuveri raggiungono la loro pienezza in oggetti di uso quotidiano, quali piatti, tazzine, vassoi, bicchieri e bottiglie, abilmente colorati con motivi botanici, geometrici e fantastici.
Nelle sale di Su Nuraghe verranno esposti anche alcuni quadri su tela e su piastrella di ceramica, che riproducono scene bucoliche di vita quotidiana o di fantasia: abile unione di equilibrato colore debordante fin sulla cornice.
Quella che presentiamo in prima esposizione assoluta è un’occasione unica per vedere, guardare e ammirare le opere di Renata Tuveri: oggetti e soggetti isolani ed alpini, raccontati su veri e propri gioielli di porcellana.
Battista Saiu