Lunedì 8 agosto conclusi a Bollengo i cinque giorni di festeggiamenti in onore del patrono del Piemonte sant’Eusebio da Cagliari, primo vescovo di Vercelli – la terra di Sardegna ed il Piemonte si incontrano ancora attraverso pastori buoni, figli di Eusebio nelle fede e nella carità, nel silenzio di chi potrebbe e dovrebbe parlare – immagini nella sezione Fotografias.
Bollengo, domenica 7 agosto, il momento centrale della festa si è incardinato nella celebrazione della Santa Messa officiata dal Parroco don Piero Agrano, seguita dalla tradizionale solenne processione con le reliquie dei santi portate a spalle dai coscritti della leva di quest’anno.
Il sacro corteo ha percorso in senso antiorario il centro abitato. Musiche, canti e preghiere con Banda musicale, Cantoria parrocchiale e popolo; presenti il sindaco di Bollengo, Sergio Ricca con il vicesindaco Grazia Ceresa ed, eccezionalmente, il sindaco di Maglione, Mirco Rosso con il vicesindaco Pier Giacomo Ferraro, accompagnati dai rispettivi gonfaloni comunali; impeccabile l’organizzazione, grazie alla Pro Loco, al Centro anziani e all’Associacione Alpini di Bollengo; significativa la presenza in abiti tradizionali dell’Isola dei soci del Circolo Sardo “Sa Rundine” che ha sede proprio nel Comune di Bollengo e dei conterranei del Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe“, provenienti dalla vicina Biella.
Il Piemonte della postmodernità, terra di missione del sardo Eusebio nel IV secolo – con realtà pedemontane come Lessona di cui abbiamo dato conto – ha celebrato con grande solennità la 1.640a ricorrenza della festa di Sant’Eusebio. Eusebio, e non solo in Piemonte, è espressione concreta di quelle radici cristiane europee di cui molti parlano e in troppi, anche tra i Cristiani, tacciono. In alcune località, come Bollengo d’Ivrea, le commemorazioni si sono protratte per un’intera settimana.
A Vercelli le celebrazioni particolarmente solenni sono iniziate lunedì 1° agosto, in coincidenza con il ventesimo anniversario di episcopato del cardinale Tarcisio Pietro Evasio Bertone, S.D.B., segretario di Stato Vaticano, piemontese, originario del Canavese. Per l’occasione, padre Enrico Messeroni, arcivescovo metropolita di Vercelli, vestiva interamente di porpora al pari dei Principi della Chiesa, privilegio raro, esteso ai canonici membri del Capitolo eusebiano, sottolineando, così, anche nel cromatismo delle vesti, l’origine primiziale della cattedra vercellese affidata da papa Giulio I – il 16 dicembre del 345 – al sardo Eusebio da Cagliari. Le altre sedi vescovili piemontesi arriveranno dopo: verranno istituite solo successivamente e grazie a Vercelli e all’opera evangelizzatrice di Eusebio. Infatti, nel cenobio di Vercelli si forgiarono gli evangelizzatori formati alla scuola di Eusebio ai quali saranno affidate le nuove e successive diocesi di Tortona e di Ivrea, prima e, poi, quelle di Novara, Aosta e Torino.
Durante la celebrazione eucaristica, officiata nella duecentesca basilica di Sant’Andrea, rossi erano anche i paramenti liturgici, memoria nel presente del testimone di allora Eusebio, ricordato e venerato come “martyros“; così ha opportunamente sottolineato il cardinal Tarcisio Bertone al termine della solenne liturgia indicando il santo evangelizzatore come “il grande apostolo e martire della fede Sant’Eusebio di Vercelli“. Al protovescovo Eusebio e alle lettere da lui scritte dall’esilio di Scitopoli, Cappadocia e Tebaide è ispirato il motto episcopale del vescovo emerito Bertone: “Fidem custodire, cuncordiam servare” (Custodire la fede, conservare la concordia).
Sabato 6 agosto, a Biella, il profondo antico legame nel nome di Eusebio è stato evidenziato nel territorio biellese dalla significativa visita dell’illustre ospite al Santuario Eusebiano Alpino di Santa Maria di Oropa. L’occasione, il pellegrinaggio diocesano eporediese, diocesi d’origine di Bertone, guidato dal vescovo di Ivrea, Arrigo Miglio, anch’egli “buon pastore”, mite e coraggioso, come ricordato nelle Scritture di questi giorni, amato come il suo predecessore mons. Luigi Bettazzi che l’ha consacrato vescovo, per le pacate scelte coraggiose dal popolo piemontese affidato alle sue cure pastorali, stimato anche dai Sardi di Sardegna per aver difeso, quando era vescovo di Iglesias i minatori del Sulcis in lotta per difendere il proprio lavoro.
Ed ecco che, anche nel presente, la troppo bistrattata terra di Sardegna ed il Piemonte si incontrano ancora attraverso pastori buoni, figli di Eusebio nelle fede e nella carità, nel silenzio di chi potrebbe e dovrebbe parlare.
In continuità di fede e di cultura, nonostante il periodo estivo che vede molti emigrati rientrare alla terra di origine, i Sardi presenti ai piedi delle Alpi hanno partecipato con orgoglio alle celebrazioni del conterraneo Eusebio. Così è stato a Vercelli, a Lessona di Biella, a Bollengo d’Ivrea, dove gli isolani che fanno capo a “Sa Rundine” di Ivrea e a “Su Nuraghe” di Biella si sono uniti al popolo eporediese dando il loro contributo alla festa e, ancor più, a mantenere e tramandare quegli aspetti identitari della terra di adozione che, in qualche modo, rimandano alla cristianizzazione di Eusebio.
A Bollengo, durante la solenne processione, preceduta dalla Croce, con lo stendardo di Sant’Eusebio e Santa Maria di Oropa sorretto dai “fucilieri di Su Nuraghe“, erano presenti le antiche “axente“, simulacri arborei portati in testa da giovani donne. Per la prima volta, alle ragazze bolenghine si sono affiancate specularmente le “matarille“, le “mate” di Maglione, scortate da altrettanti alabardieri con antiche armi anch’esse infiorate.
I fiori in chiesa – assenti in Quaresima e nel tempo dell’Avvento – o, come in questo caso, presenti nelle processioni, sono elementi rituali precristiani che la Chiesa ha ereditato e conservato, al pari delle palme della domenica precedente al Santa Pasqua. Sono segni, ritualità che rimandano a culti beneaugurali di rinascita e di resurrezione attraverso il simbolismo della natura che risorge puntualmente al rifiorire di ogni primavera e rinviano a quel processo sincretico di cristianizzazione, sussunzione, sostituzione, caratteristico dei primi secoli del Cristianesimo, proprio nell’evangelizzazione eusebiana delle genti semplici. Infatti, ben nota è la predicazione dei primi secoli con al centro la figura di Maria “Deipara“, Madre di Dio, attestata nei luoghi in cui con questo titolo Maria viene ancora oggi venerata. A Serravalle di Crea e ad Oropa, frutti fecondi della predicazione di Eusebio, è possibile leggere antiche iscrizioni di intitolazione alla maternità divina di Maria; la stessa mazza civica della Città laniera, ostesa due volte all’anno, portata solennemente in processione al Santuario di Oropa, porta inciso in un medaglione la scritta:”Deipara protegente“; in un altro “Rege Sardiniae imperante” e, nel terzo, “Bugella felix“. Inoltre, non sembrerebbe un caso se alle falde del Mucrone l’arrivo della nuova fede attraverso la figura di Maria sia curiosamente rappresentata dal cromatismo nero delle pietre dell’antico tempio e dalla stessa vergine madre “nigra … sed formosa“.
Uomo pio e saggio, Eusebio nel suo tempo guida e parla al suo gregge il linguaggio semplice dei semplici, cristianizzando balme, sorgenti e luoghi di culto pagani. Il santo di ieri è ancora in grado di parlare alle orecchie di oggi disposte a sentire il suo messaggio sempre valido e nuovo.
Forte e intransigente con i potenti, addirittura veemente davanti allo stesso imperatore Costanzo al Concilio di Milano del 355, paga con esilio e persecuzione la testimonianza, la strenua difesa eroica – martire, appunto – della natura divina di Gesù.
Battista Saiu
Grazie e Gratzias de Santu Eusebio.
Auguri sempre per le vostre molteplici attività.
Maria Antonietta Cannea
Circolo sardo “La Sardegna all’Estero” di Liegi – Belgio