La storia della propria terra è anche storia linguistica

benedizione padre Accursio
Foglio dattiloscritto da padre Accursio Ajassa per la benedizione a Nuraghe Chervu.

Durante la recente cerimonia svoltasi a Nuraghe Chervu in occasione della Festa sarda “Sa Die de sa Sardigna“, padre Accursio Ajassa ha impartito la benedizione religiosa in Limba sarda, in piemontese e in italiano, con parole tratte dalla preghiera ufficiale della Famiglia Torinese.

Segnore meu!
Ite bellu chi est a faeddare cun Tegus
istende a sa muda!
Puru si deo no faeddo
isco chi Tue m’iscurtas …
Sunt medas cosas chi ti cheria narrere,
tue las connosches mezzus de me.
Ischis chi cando su coro meu fit annuadu, t’happo pregadu,
e chi ti happo ismentigadu cando su coro fit in festa!
A denanti a Tie, nudda si cuada.
Connosches sas mancantias,
sas miserias mias, sas mias isperas.
Ischis tottu su chi happo fattu,
connosches su tempus chi hat a bennere:
ista cun megus, Segnore meu,
dami fortesa!

Signur l’è bel parlè ansema ti
sensa fe paroli.
Beli se mi i parl nen
lu su che ti t’amascuti
Ti tlu sè che quanc chi sun nen ad voja
mi ju pregati
e quanc chi sun alegher
ju dismentiami ad ti.
Pos ascundti gnente
ti at’sè tücc i me pecàt
ti tsè quant sun cit
Ti at se tüt que chi vriria.
Ti at cugnësi tüta la mia vita
ti t’as ceri fina cula ca la d’avgni.
Resta chi cun mi Signur
fami stè tranquil.

Dopo la riforma del Concilio Vaticano II, il clero non ha mostrato interesse per la questione della lingua e della cultura sarda, contrariamente – afferma Bachisio Bandinu in Limba e pregadorias – al clero friulano; non ha colto come la questione investisse profondamente l’identità religiosa in quanto esperienza della parola e del rito e dunque in quanto modalità di comunicare con Dio. Non ha calcolato come la crisi dell’universo culturale fosse a un tempo crisi delle pratiche e dei valori religiosi, e come il processo di mutazione antropologica, impoverimento della pratica di fede.
Ora, a circa mezzo secolo di distanza da quella importante assise, il bisogno di identità manifesta sempre più il bisogno di attingere linfa vitale proprio da quelle radici cristiane di cui ogni tanto si parla.
Nella Comunità dei Sardi di “su disterru“, dell’emigrazione, questo bisogno diventa sempre più impellente. Emblematico il caso di Biella in cui, a un cappellano appositamente autorizzato dall’Autorità ecclesiastica, è stata data facoltà di tenere la catechesi in Limba ogni qualvolta la locale Comunità dei Sardi è riunita a pregare nel loro antico idioma.
Facoltà che per la prima volta è stata estesa in occasione della recente Festa sarda svoltasi il 18 e 19 giugno 2011, in cui per l’impossibilità del loro cappellano sardo, a un altro sacerdote piemontese, è stato chiesto di impartire la benedizione, oltre che in italiano, in Limba sarda e in piemontese.
La grande condivisione delle scelte linguistiche per il rito paraliturgico ci porta ad una riflessione in quanto l’identità parrebbe essere – almeno in questo caso – come la risultante di diversi fili intrecciati a formare una corda che risulta essere tanto più robusta quanto maggiore e variegato è il numero di fibre che la compongono.
A questo proposito, particolarmente illuminante appare il caso del Friuli per aver messo in pratica il rapporto fra chiesa locale e cultura locale. Il clero friulano, infatti – continua Bandinu in Limba e pregadorias – ha rivendicato il diritto del popolo di valorizzare la propria cultura e inscindibilmente la propria lingua, nel quadro più ampio dello sviluppo sociale ed economico e persino politico. Così gruppi di preti e fedeli hanno avviato il progetto di uso della lingua friulana nella liturgia, convinti che la stessa missione religiosa non potesse svolgersi e realizzarsi senza un’identità, senza la storia della propria terra che è anche storia linguistica.
Proprio in questa prospettiva, a padre Accursio Ajassa dei Frati Francescani Minori di Biella, è stato chiesto di impartire la benedizione religiosa nella lingua sarda e in piemontese note al popolo presente al rito, lasciando nello sfondo, sebbene per un momento soltanto, l’italiano, la lingua della ufficialità.

Simmaco Cabiddu

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