Il tema della Lingua e della Cultura è al centro dei dibattiti riferiti al mondo delle migrazioni e dei cosiddetti multi-culturalismi. Le parole culto e cultura affondano le radici etimologiche nel mondo agricolo, nel verbo latino “colere” i cui significati principali rimandano al coltivare, all’esercitare e all’abitare.
Quest’ultima accezione si evidenzia in relazione al tema della Lingua, la quale, più di ogni altro aspetto culturale, rappresenta, in senso non solo metaforico, uno spazio, una vera e propria «vecchia città», secondo il filosofo Ludwig Wittgenstein. Concetti che, in Sardegna, ben riecheggiano nel detto «Chie no at logu no est in logu – chi non ha un luogo non è in nessun luogo», parafrasabile come «non ha “patria” chi non ha una lingua d’appartenenza».
Si tratta di una costante tipica del mondo delle migrazioni, che ritroviamo in una riflessione politica legata al Risorgimento ed all’idea di nazione, di Luigi Settembrini: quando l’uomo «ha perduto patria e libertà e va disperso pel mondo, la lingua gli tiene luogo di patria e di tutto».
In tal senso, parlare un determinato idioma significa mantenere in essere una realtà culturale che non è circoscritta ad uno spazio materiale. Si manifesta tra soggetti affini, i “consimili”, attraverso i “fratelli di patria“, circostanza evidente in tutti coloro che si allontanano dal luogo di origine anche solo occasionalmente durante un viaggio-vacanza all’estero, comunque “lontano da casa”. È ben nota a tutti quei Sardi che, incontrandosi e riconoscendosi come tali al di fuori dell’Isola, sono mossi dalla curiosità, dal profondo desiderio di identificare il reciproco paese e il centro di nascita con la domanda «Di dove sei? – Chie ses? De cales ses?», che altro non vuol dire se non chiedere «Di che gente sei? A chi appartieni?».
Nel dialogo con gli altri si ritrova uno “specchio” di se stessi, ma è una realtà che risulta tale fin tanto che la lingua è idioma della quotidianità, struttura comunicativa in uso e, in quanto tale, viva.
Come tutti i risvolti identitari, la lingua deve essere continuamente in grado di evolversi e di trasformarsi per permanere nel trascorrere del tempo.