Giovedì 6 gennaio 2011, al Circolo Su Nuraghe di Biella, sono state assegnate le tradizionali otto Borse di Studio ai figli meritevoli dei soci. A tutti i bambini presenti sono state distribuite calze ripiene di doni e libri offerti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.
La Commissione esaminatrice, presieduta dal prof. Roberto Perinu e formata dalla prof. Anna Taberlet Puddu e dalla maestra Elena Garella, ha assegnato i premi a: Samuele Ratti, Federica Tarello, Valentina Sanna, Luca Zulian, Matteo Zulian, Adelaide Foglia Balmet, Valeria Cannas e Mezzamo Francesca.
Sono stati consegnati premi anche a: Elisa Lazzarotto, Sebastiano Ratti, Giorgia Sala; Ulosi Edoardo, Renata Zedola e Teresa Satta.
Per finire, l’annunciato “su cumbidu”, il rinfresco con dolci della tradizione natalizia.
Di seguito un brano tratto dal volume “Avere una Valle”, libro offerto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, donato ai giovani di Su Nuraghe, voluto dagli ex allievi della Maestra Giuseppina Fiorina Simonetti, Comune di Muzzano, edizione Lassù gli ultimi di Gianfranco Bini Sas, Champorcher 2006, p.16.
I poveri cibi*
“Avere una valle è sentire, ogni tanto, la voglia di riassaggiare i poveri cibi di un tempo: la minestra di castagne della zia, con dentro una fettina di pancetta, il lardo tagliato a quadrettini, da papà, e mangiato con bocconcini di quel pane nero e duro come i sassi; la fetta di polenta che, farcita da un pezzetto di formaggio, veniva cotta sotto le ceneri. È riassaporare il famoso “ricostituente” mezzo bicchiere di latte, con la schiuma della mungitura ed una cucchiaiata di vino che la sorella, ti faceva bere a digiuno; patate bollite con un rametto di lauro e un pizzico di sale; le salsicce e un pezzo di lardo con la cotenna; la piccolissima tartina di burro, appena estratto dalla zangola, spalmato su una crosta di pane nero, arricchita, se te lo eri meritato, da una spolveratina di zucchero.
È gustare ancora, nell’immaginazione i sapori di antiche e poverissime ricette, condite dalla fame taciuta. È gioire, ancorra oggi della panna montata, fatta nelle veglie, nelle stalle e consumata in un unico recipiente di rame: tanti cucchiai immersi in quella soffice ghiottoneria. È rivedere papà che, nella notte di Natale, al ritorno dalla messa, dopo averci fatto sopra il segno di croce, dava ad ognuno un pezzo di pane di castagne. Se ne facevano infatti, alla cottura annuale: uno per il Parroco, uno per la Maestra, uno da consumare subito ed infine uno per la notte di Natale. Poi tutti a letto fra le lenzuola ruvide, rigide e gelate.
Allora, nella Valle, si era felici di quelle piccole e rarissime golosità e si concludevano le giornate di festa con un giro di ballo, con una bella cantata e un sorso di grappa se… c’era”.
Maestra Rosa Glarey – Champorcher
Altre immagini della premiazione nella sezione Fotografias.