Rita Pistori ha proposto “Is pastiglias de Iglesias“, dolce di mandorle preparato in occasione di battesimi, cresime e matrimoni – Attraverso il gesto e la parola che accompagnano l’offerta del dono e il mangiare ritualmente assieme, si accendono e consolidano nuovi rapporti sociali.
Sabato 15 ottobre, una certa curiosità ha suscitato la serata “Sapori di Sardegna”, il periodico appuntamento che vede protagonisti i Soci di Su Nuraghe, chiamati via via a presentare ricette della vasta produzione dolciaria regionale. Un compito apparentemente semplice, certamente importante sia per l’accesso a saperi della cultura popolare che per il rafforzamento delle relazioni interpersonali che ne scaturiscono.
Anche in questa occasione è stata data la possibilità di conoscere, unitamente agli ingredienti, la microstoria dell’artefice della ricetta, Rita Pistori di Iglesias, protagonista della serata. Attraverso il gesto e la parola che accompagnano l’offerta del dono e il mangiare ritualmente assieme, si accendono e consolidano nuovi rapporti sociali. È risaputo, infatti, come il passaggio dai gesti al suono sia interpretabile come continuità tra comunicazione primaria e linguaggio verbale umano.
La presentazione di ricette tradizionali è un modo per tramandare e mettere in comune saperi materiali, rafforzando, al contempo il senso di appartenenza: sentirsi famiglia, parte di un universo più vasto che va – come in questo caso – oltre i confini della grande Isola.
La storia di Rita Pistori è la storia di molti emigrati, ricalca il modello di tante altre partenze: lasciata Iglesias nel 1968, all’età di 17 anni, fa la cuoca al “Gatto Bianco” di Biella Riva. Dal 1970 lavora presso la Maglieria Magliola, prima di essere definitivamente assunta come operaia alla “Sinterama” di Sandigliano. Sposa un ragazzo veneto, Gian Carlo Cibin dal quale ha tre figli.
Figlia di Antonio, già minatore a “Monte Arruxau”, emigrato anch’egli da Iglesias e assunto alle “Cave di Mongrando”, successivamente verrà raggiunta a Biella anche da mamma Pasqualina Atzeni dove, assieme a lei a ad altri conterranei, lavorerà nella stessa fabbrica fino all’età della pensione.
Salvatorica Oppes