“Sa die de sa Sardigna” è il giorno della Sardegna a Biella che, al di là del significato storico, per tutti i Sardi e i non Sardi residenti nel nostro territorio assume il significato di festa dell’incontro, festa della condivisione, festa dell’amicizia. E’ la festa di una comunità e della sua cultura originaria, cultura dei luoghi, cultura regionale che nel tempo si è conservata in un’isola meravigliosa e, oltre il mare, là dove il cuore ha cantato più forte la nostalgia di un paesaggio antico, altrimenti smarrito. I Sardi – come gli Italiani – vanno per mare, vanno pei monti, vanno lontano alla ricerca di se stessi e del futuro dei propri figli. Fanno fortuna, affrontano dolori, spendono tanti anni di vita, vorrebbero tornare … Gli uomini sanno star bene da soli e stanno bene in compagnia, in buona compagnia. Cantano e ballano, mangiano come d’antica usanza e rappresentano cerimonie che si ripetono, sempre uguali fin dall’antichità. Chi meglio della gente, da secoli “isolata”, custodisce il carattere più puro della tradizione? Così è bello andare incontrare e ritrovare quegli occhi e quei sorrisi che ci parlano in poche battute o nel silenzio di sguardi fin troppo eloquenti. Gente di Sardegna, fiera e generosa, uomini e donne divenuti babbi e mamme, tessitori, infermieri, gendarmi, professori, anarchici, democristiani, autisti, malandrini, medici, preti e baristi … E io penso a una famiglia coraggiosa, con tanti figli nelle mani e una valigia, in sosta dinnanzi alla banchina di Genova, smarriti dinnanzi al “nuovo mondo”, e poi sul treno alla volta di Torino e di Biella, per trovarvi pane e futuro, aiutati da un parente o da un compaesano nella casa di ringhiera, tra via Scaglia e via Marocchetti. Tante storie di umiltà, di sacrificio, di ansia di riscatto, sempre storie di grande dignità.
Così, nel giorno di “Sa die de sa Sardigna”, io sottoscritto – nato a Piacenza da genitori Pugliesi, venuto a Biella da piccino – divento un sindaco intimamente Sardo, e tutti i Biellesi con me, affratellati dalla comune avventura umana di persone che remano “sulla stessa barca” alla ricerca della propria realizzazione.
Chiudo gli occhi e torno bambino, nel mio rione Riva, e vado nei boschi di San Giuseppe, al Gorgo Moro, a fare archi e frecce e a saltare di pietra in pietra lungo il Cervo, con amici Biellesi o di origine veneta, pugliese, calabrese. Il Giorgio è Sardo, per me un fratello maggiore, forte e buono. Torno con la mente nella sua semplice casa, la porta sempre aperta, e nella cucina perennemente affollata scorgo suo padre, “babbu”, che mi porge un pezzo di pane vecchio intinto in una teglia di sugo e melanzane.
Amo la gente di Sardegna, amo la gente!
Dino Gentile,
Sindaco di Biella