Giovani a Su Nuraghe, eredi, custodi e missionari della Shoah

Sabato 26 gennaio, nelle sale della biblioteca del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella è stata ricordata la Shoah, con La zona grigia, un “reading concerto” per la “Giornata della Memoria” ideato e messo in scena da Francesco Logoteta con Marco Gallo e Fabio Lamanna – replica a Sordevolo, domenica 27 gennaio. La serata si è conclusa con “su cumbidu”, il rinfresco preparato e offerto dalle socie di Su Nuraghe.

Serata Zona Grigia
Partecipanti alla serata La zona grigia.

La Repubblica Italiana, con l’art. 1 della Legge 20 Luglio 2000, n. 211, ha riconosciuto il 27 Gennaio come Giorno della Memoria, data nella quale, nel 1945, furono abbattuti i cancelli del Campo di Sterminio di Auschwitz, in Polonia. Tale norma è stata scritta al fine di ricordare la Shoah, ossia lo sterminio del Popolo Ebraico, nonché delle minoranze etniche, dei disabili, degli omosessuali e degli avversari politici durante il periodo nazi-fascista, l’infamia delle leggi razziali, la persecuzione italiana ai cittadini ebrei, le vittime e tutti quegli eroi di ogni fronte che, pur non ritenendosi tali, hanno messo a rischio la vita propria e quella dei loro congiunti al fine di opporsi e di combattere il progetto di genocidio e, così facendo, hanno salvato e protetto i perseguitati.
Il racconto più efficace e fedele su quelle terribili vicende – come ha sottolineato tragicamente Primo Levi1 – lo avrebbero potuto fare, probabilmente, soltanto i sommersi, le vittime assassinate in quelle circostanze. Questi pensieri sono stati espressi in «pagine disperate, che ci richiamano alla suprema difficoltà che uomini normali, in condizioni di vita normale, a enorme distanza di spazio e di tempo da quella inimmaginabile demolizione malvagia di ogni residuo di dignità nelle vittime trasformate, con violenza distruttiva, in forzati complici e addirittura in carnefici, possano erigersi a giudici di tali immensi misfatti»2.
Come ha evidenziato ancora Primo Levi ne I sommersi e i salvati (1986), «La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace». Ad ogni modo, i sopravvissuti sono stati testimoni essenziali, coloro che hanno “tracciato la via” e “ammonito” i posteri e le nuove generazioni.
Oggi che questi preziosi “salvati” stanno progressivamente scomparendo i giovani stanno diventando gli eredi, i custodi ed i “missionari” del prezioso lascito dei superstiti della Shoah. Il 27 Gennaio, attraverso le varie iniziative in essa inserite – per mezzo di progetti, eventi, film, mostre, manifestazioni anche artistiche -, assume sempre più il ruolo di una giornata di “educazione alla memoria“, alla sua “fatica” ed al suo “valore attivo“e “dinamico“, senza semplicemente liberarsi «mai passivamente del dolore e del lutto elaborandoli attraverso riti, cerimonie e monumenti»3. Perché quanto accaduto può ripetersi, non è “avulso” alla dimensione umana ed alle sue “ombre” più profonde e feroci, come bene dimostrano la storia, le guerre nei Balcani degli anni ’90, le stragi etniche in Africa e le recenti manifestazioni di intolleranza nelle nostre città nei confronti di rom e sinti. Il poeta Pier Paolo Pasolini, nella sua tragedia Pilade, evoca il triste esito dell’oblio: «non profetizzo questa / rivoluzione di destra e questa guerra / per chi la vivrà / ma per chi la dimenticherà»4. Un aforisma di Ba’al Shem Tov, padre del moderno Chassidismo, posto all’ingresso del Museo della Shoah di Gerusalemme, recita: «La dimenticanza, l’oblio porta all’esilio, la memoria porta il segreto della redenzione».
Ecco, quindi, come «oggi elaborare le parole dei testimoni, scomparsi ed in via di estinzione, significa guardare al futuro e non al passato. L’unico possibile insegnamento che si possa trarre da una vicenda indicibile, inenarrabile, inimmaginabile è questo: ognuno di noi è responsabile per ogni suo gesto. Si deve scegliere. La memoria significa azione»5. «Se vogliamo essere, o diventare in futuro cittadini onesti dalle mani pulite, dobbiamo sforzarci di capire come si sia giunti a tali e tanti misfatti, e di distinguere ogni comportamento umano alla luce delle circostanze di tempo e di luogo che lo condizionarono: con acuta chiaroveggenza ma anche con infinita pietà. Credetemi: le mie sono parole pesanti, lo so; ma nascono dalla lunga e, tutto sommato, poco allegra esperienza di una intera vita (…) tutto, tutto ancora dipende da quello che gli uomini sapranno fare, dalla loro coscienza, dalla loro volontà, dal loro coraggio»6. Occorre impegnarsi lungo il cammino quotidiano di una memoria attiva, «che significa per ognuno, e non solo per l’ebreo, assumere i crimini della storia come male fatto a ciascuno di noi, appartenenti tutti alla grande famiglia dell’umanità», in quanto «responsabilità collettive e singole sono assai precise, malgrado i ripetuti tentativi di confondere la storia»7.

Gianni Cilloco

  1. Così ne I sommersi e i salvati (1986). []
  2. Cfr. A.Galante Garrone, Prefazione, in Aa.Vv., Voci dalla Shoah – testimonianze per non dimenticare, La Nuova Italia, Scandicci-FI, 1995, p. 7. []
  3. Cfr. R.Della Rocca, Il dovere della memoria, in www.moked.it/giornodellamemoria/3b14.htm. []
  4. Cfr. R.Della Rocca, Il dovere della memoria, in www.moked.it/giornodellamemoria/3b14.htm. []
  5. Cfr. W.Goldkorn, La mia Memoria, in L’Espresso, n. 4, 2013, p. 77. []
  6. Cfr. A.Galante Garrone, cit., p. 7. []
  7. Ancora: R.Della Rocca, cit. []

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