Nei primi giorni di dicembre nelle cucine di Su Nuraghe è stato riacceso il grande forno a cupola per una serata conviviale speciale con al centro la pizza, piatto tipico mediterraneo di cui le più note e famose sono quelle partenopee.
PIZZA, PITZA, PITTA, PITA. È parola sarda e mediterranea. In Planargia si nomina pita un pane di forma allungata. In altre aree del centro-Sardegna il nome è pittza.
La pitta non deriverebbe dal nap. pizza, poiché lo stesso pizza è un termine mediterraneo coevo a quello sardo e alla pitta ebraico-araba. Il vocabolo pizza in quanto ‘focaccia’ apparve già nel 997 nel latino medievale di Gaeta (DELI).
“In Sardegna accanto a pita, pittza – afferma Salvatore Dedola – abbiamo, con la stessa origine, pidza ‘piega, crespa’, al pari di pidzu, piza ‘sfoglia’, ‘strato, pellicola’, ‘velatura’, ‘sigillo di lumaca, velo di latte serenato, di birra fermentata’, campid. pillu. E con ciò siamo giunti a collegarci con altri nomi sardi di pane, quale pillonca, pizéri, pizzuríus. E mentre pillonca nell’antichità era un pane carasatu d’orzo a sfoglia, oggi la forma fonetica di base (pigg- pidz-, pill-) è estesa ad indicare vari tipi di pane di frumento molle, talora grosso ma molto più spesso schiacciato (tipo ippianada de Ottiéri), nonchè su pane ‘e cicci (una varietà di tzicchi)”.
Al forno l’abile pizzaiolo Pasqualino Senes che con maestria ha tenuto testa alle richieste dei commensali, coadiuvato in cucina e ai tavoli dallo staff di volontari, tra cui, Mario, Domenico, Maria, Costanza, due Carlo, Anna e Caterina, ritratti nella foto, con al centro Pasqualino.
Giovanni Usai