Conversazione, degustazione e ricetta di “su Judeu”, dolce del Giudeo – ingresso libero
Sabato 30 gennaio, alle ore 21, nelle sale del Circolo Culturale Sardo di Biella, nell’ambito delle celebrazioni del Giorno della Memoria, conversazione su: “tracce di cultura ebraica in Sardegna”, con al centro “su Judeu”, dolce della tradizione pasquale cristiana che veniva donato al sacerdote la domenica di Pasqua, dopo la solenne processione di “s’incontru”, l’incontro tra il Risorto e sua Madre; ritualità ancora molto partecipata nelle piazze dei piccoli e grandi centri di tutta l’Isola.
Se le pubbliche manifestazioni di religiosità popolare sono ancora molto attive, salutate con salve di fucile e il contemporaneo battimento di ferri e posate sui fornelli domestici, accompagnato da formule di scongiuro, in disuso appare l’usanza di preparare il pranzo per il prete celebrante, consegnato direttamente in canonica. Tra le portate, “su Judeu”, “il Giudeo”, dolce esclusivo, edulcorato con datteri e miele, torta sottile, frazionata in cubetti ricoperti da zucchero a velo.
La Sardegna, che secondo alcuni studiosi conserverebbe il 40% di cognomi di origine semitica, è l’unico luogo in Occidente a chiamare “Chenapura”, cena “purile”, ossia, “cena senza lieviti”, il giorno della settimana universalmente noto come “Venerdì”, con esplicito rimando alla tradizione ebraica, piuttosto che al culto di Venere, è la stessa terra che accoglieva gli Ebrei espulsi a migliaia da Roma, alcuni allontanati dal centro verso la periferia dell’impero perché “erano causa di disordini” – riportano i cronisti dell’epoca – condannati ad essere trasferiti in Sardegna con la ragionevole possibilità di restare vittime dell’endemica malaria; altri condannati “ad metalla”, “ai metalli”, ovvero a lavorare e morire nelle miniere sarde.
Durante la serata, oltre conoscere la ricetta di “su Judeu”, sarà possibile assaggiare l’antico dolce dal sapore mediterraneo.
Simmaco Cabiddu
Nell’immagine: su Judeu, dolce dei Giudei
A propositu de purile. Eo so de Luras, in Gaddura ( enclave logudorese al centro della Gallura ). Quando ognuno panificava in casa servendosi poi, per la cottura, dei forni rionali; se la scorta settimanale veniva meno prima della nuova panificazione, si suppliva con ” sa cotzila purile” (focaccia senza lievito) che veniva cotta nel piano caldo del camino o nel “fundeddu” una sorta di pentola rustica in terra cotta che si poggiava sul trepiedi sistemato sulla fiamma.