Giovedì Santo, dopo la lavanda dei piedi, alla fine della “Missa in Coena Domnini”, legate le campane a lutto, nelle parrocchie della Diocesi di Biella verranno deposti “sos nenneres”, piatti di grano germinato al buio per decorare l’altare del Santissimo Sacramento. Gesti antichi di religiosità popolare, molto diffusi fino a un recente passato anche ai piedi delle Alpi; permangono ancora, senza interruzione di continuità, in alcune comunità ecclesiali piemontesi.
Sbarcati in Continente, i Sardi hanno trasferito nella comunità ospite tradizioni ancora molto robuste nella loro Isola, contribuendo a rinvigorire la Fede attraverso la materialità di segni, come a Biella con la generosa distribuzione di sacchetti di frumento. Così è stato Domenica 13 marzo 2016 ad Oropa col grano proveniente dalle campagne della Nurra di Alghero, benedetto alla fine della Messa da don Edoardo Moro, canonico del Capitolo di Santo Stefano.
Su ogni sacchetto le istruzioni per coltivare i preziosi semi e su “come prepararsi alla Pasqua facendo anche qualcosa di interessante”, con testi e preghiere a cura di don Ferdinando Gallu e approvazione del Vescovo mons. Gabriele Mana.
Se il seme della vita multum in parvo, “molto nel piccolo”, rimanda alla fertilità della terra e al risveglio della vita, vita che ha origine dalla morte, il Vangelo di Giovanni (12,24) ricorda che: “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.
Antico simbolo funerario che denota abbondanza nell’oltretomba. Si ricorreva alla crescita forzata del grano, del frumento o dell’orzo per molti culti e riti di lutto, soprattutto in Egitto, nei riti mediterranei, persiani, cinesi e nelle cerimonie della Settimana Santa in Oriente. In altre simbologie, le spighe dorate del grano sono la prole nata dal matrimonio fra il sole e la vergine terra o la luna.
Oggigiorno, da 1691 anni, la Pasqua cristiana cade la domenica successiva all’equinozio di primavera, sempre in luna piena, riempita di sole.
Simmaco Cabiddu