ÈBBA log., ègua camp. ‘cavalla’. Wagner, il padre della linguistica sarda, non è toccato dal fatto che in Sardegna sopravvivano ébba ed égua, senza un possibile masch. *équu. Per lat. ĕquus in Sardegna non c’è alcun riscontro. Ed abbiamo inoltre una divaricazione: cáḍḍu al Nord, cuaḍḍu al Sud. Che non sono la stessa cosa, avendo origini del tutto diverse.
A ben vedere, i problemi relativi alla presenza del lat. f. ĕqua e l’assenza del m. ĕquus si ripetono in similari tradizioni romanze. In quasi tutta Europa successe lo stesso, col corollario che l’uso di masch. ĕquus nel Medioevo si perdette a favore di căballus, che è la matrice dell’it. ‘cavallo’, del camp. cuaḍḍu e dei consimili lemmi della Sardegna centrale.
Sul log. caḍḍu ‘cavallo’ Wagner opera un vero gioco di prestigio, occultandone la problematica mediante la confusione ed il rimescolamento caotico del lemma col consimile caváḍḍu (Bitti: così almeno è la registrazione fatta da Wagner), cabáḍḍu (Nuoro, Orani), ‘ováḍḍu (Fonni, Oliena, Orgosolo, Olzai, Ollolai, Gavoi, Ovodda), caáḍḍu (Dorgali, Modolo, Bottidda), cuáḍḍu (Campidano). Wagner suggella il suo discorso con la citazione medievale del codice di S. Pietro (cavallu), codice di Trullas (cauallu). Così operando, Wagner crede di avere buon gioco a dimostrare che la base etimologica del termine logudorese sarebbe il latino căballus ‘cavallo castrato’, ‘cavallo adibito a lavori ordinari’ (citato da Ovidio e Catone), nonostante che, secondo Varrone, e secondo lo scoliaste di Persio ed altri, questa fosse una voce peggiorativa, rozza, plebea che non riuscì mai ad inficiare e cancellare l’uso privilegiato, presso le stesse masse, di ĕquus (‘cavallo’, specialmente ‘stallone’ quando lo si abbina e lo si confronta idealmente alla fattrice ĕqua).
In Sardegna il m. lat. ĕquus non ha lasciato traccia, e Wagner non chiarisce le ragioni del sopravvenire, in Sardegna, della tradizione lessicale centrale riferita al lat. căballus (masch.) e dell’altra campidanese riferita al lat. ĕqua (femm.). Mentre “incarta” la terza tradizione, questo stranissimo masch. cáḍḍu, pretendendo d’assimilarlo assurdamente al lat. căballus e chiudendo la discussione.
Cáḍḍu non ha parentela con căballus, anzitutto perché non ha discendenza latina. Lo riconoscono parecchi altri linguisti, che ricordano (v. Dizionario Etimologico della Lingua Italiana) la “probabile origine preindoeuropea” dello stesso lat. căballus. Quel “preindoeuropea” è una parola magica, equivalente alle corna apotropaiche dei nostri nonni, o se vogliamo alla tazzina d’aglio che i medici d’antan appendevano sotto il naso nel visitare gli appestati. Insomma, è un aggettivo usato dai linguisti per esorcizzare l’immenso apparato semitico di cui sono intrise le lingue mediterranee.
È Giovanni Semerano (OCE II 356) a citare il significato originario di căballus da akk. kabālu ‘costringere, impedire’, ‘to harness, to tie’, ‘mettere i finimenti, attaccare’. Basterebbe già questo a far cadere ogni derivazione cáḍḍu < căballus, vista l’impossibilità di giustificare la perdita di -ba-.
Beninteso, anche cáḍḍu ha base accadica, ma non deriva da kabālu bensì da kallû(m) ‘messaggero espresso, pony express’. Quest’ultima nozione è ancora viva in Logudoro, dove l’equivalente di ‘cavallaio’ (da lat. căballus) non esiste, preferendosi amante de sos caḍḍos, mentre ‘cavalleria’ si traduce con milítzia a caḍḍu, e ‘cavallerizzo’ è kìe pigat a caḍḍu. Quindi appare ovvio che cáḍḍu è vocabolo sardiano riferito all’uso nobile del quadrupede, all’uso per la monta, per fini militari, per le competizioni (pony) e, principalmente, per i servizi postali. Quest’ultimo uso, esplicitato dalla radice accadica, lascia ampiamente capire quanto fossero importanti e quale uso si facesse, prima dei Romani, delle strade sardiane, che i nostri studiosi insistono a chiamare “romane” a causa d’una insana educazione ascarica.
Salvatore Dedola
Nell’immagine: l’incipit E, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009