Radici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche) – Laboratorio linguistico di storia e di cultura sarda a Biella
IDÁNU. Il toponimo Su Idánu ed il coronimo Camp-idánu hanno la stessa formazione. Questo lemma trova assonanze precise nella lingua arcaica della Sardegna. Si potrebbe scomodare il babilonese idānu ‘periodo di tempo di determinata ampiezza’ ed il suo omonimo latino (anzi etrusco, secondo Varrone) Īdūs (nelle iscrizioni Edus e Eidus) ‘le Idi’ ossia la metà del mese, il giorno 15 nei mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre, negli altri il giorno 13. Ma queste due parole straniere non ci soddisfano.
Preferiamo attenerci a traduzioni più nostrane. Idu < sardo ide (vide) ‘vite’ < lat. vītis ‘tralcio di vite’. Su Idánu significa pertanto ‘il campo vitato, il vigneto, il sito dei vigneti’. Non a caso è un toponimo del Cagliaritano, dove la tradizione della vite è antichissima.
Quanto a Campidánu, il toponimo comunemente denota l’amplissima pianura che s’allunga per 130 chilometri da S.Vero Milis a Cagliari, e la gente, persino gli studiosi, lo trovano attagliato perché secondo loro campu + suffisso territoriale -ánu non può che indicare una pianura. Anche la Campania, ragionando così, dovrebbe essere tutta una pianura: e non lo è affatto. Ci si dimentica della parte centrale del nostro toponimo, -idu-, ed anche del fatto che Campidánu non è toponimo antico ma una rideterminazione recente che prende piede dopo la fine del feudalesimo. In ciò Campidánu ha buona compagnia nel più recente coronimo Iglesiente, nato in Sardegna un secolo fa.
Un tempo il Campidánu come oggi lo intendiamo non esisteva, storicamente e geograficamente parlando. Entro quest’area geografica si trovavano territori con altri nomi, ch’erano le curatorìe (ambiti amministrativi) nelle quali furono ripartiti i quattro regni medievali, ed esse rimasero vive (nei nomi) anche durante il feudalesimo imposto dai Catalano-Spagnoli. Oggi, ventinove di quelle curatorie sono svanite persino dalla memoria storica, e tra esse sono sparite quelle della grande pianura che oggi chiamiamo ecumenicamente Campidánu.
Nel Sud della Sardegna per Campidánu di Cagliari s’intendeva solamente (e nientemeno che) la parte più meridionale dell’attuale Gerréi + l’attuale territorio di Burcéi e il territorio che parte da Sìnnai verso Oriente; una regione montuosa, un tempo inglobata tutta quanta nel territorio di Sìnnai. Gli altri tre Campidáni storici stavano (e stanno) a Nord di Oristano (Campidano di Simaxis, Campidano Maggiore, Campidano di Milis).
Il resto, ossia la pianura centrale e quella meridionale da Oristano a Cagliari, non era “Campidano” ma conteneva le curatorie di Bonórzuli, Gippi, Nuráminis, Décimo, Cixerri (e da queste prendeva il nome), mentre tutta la pianura ad Est di Cagliari sino a S. Gregorio era una mera pertinenza senza nome geografico, dedicata alla villeggiatura dei Cagliaritani (prima ancora alla villeggiatura del giudice di Kàlari, ed ancora prima alla villeggiatura degli antichi romani), ma non era Campidáno.
Peraltro il “Campidano” attuale, nel passato non potè mai solleticare l’immaginario collettivo, essendo in più parti acquitrinoso e malarico. Era negletto persino dalle greggi. Anche il viceré spagnolo ed i numerosi feudatari (compresi gli amministratori di questi) si peritavano di attraversarlo, se non d’inverno, per paura della malaria, e le citazioni presso il viceré, persino quelle urgenti, si rinviavano alla brutta stagione (Bruno Anatra: Banditi e ribelli nella Sardegna di fine Seicento, AM&D, 2002).
Eppoi chi l’ha detto che un tempo si usava dire Campidánu? Nel Capo di Sopra era noto (ed è noto) solo il nome Campidáni; eppure nel Capo di Sopra si lascia volentieri a quelli del Capo di Sotto l’uso del singolare con tema -i. Gli è che quella desinenza in -i connotava un vero plurale, perché i Campidáni erano i quattro su citati, e soltanto quelli.
Allora, che significa Campidánu? E perché il nome riguarda solo le quattro aree citate? Significa ‘campo vitato, territorio di vigneti’. Riguarda le quattro aree di Sìnnai-Burcéi da una parte, e C.Simaxis, C.Maggiore, C.Milis dall’altra: perché sono queste le quattro regioni storiche dove la viticoltura sarda prese piede e si specializzò, diventando arte. L’area ad Est di Cagliari era così vocata alla vite, che 130 anni or sono nella capitale fu fondata persino la prima Scuola Enologica (poi divenuta Istituto Tecnico Agrario). Ma la vocazione del Campidánu di Cagliari è millenaria, com’è millenaria la vocazione dei tre Campidáni di Oristano. Lo stesso Meloni (La Sardegna romana, 175), ricorda che nei latifondi imperiali del territorio karalitano “era fiorente la coltura della vite”. Le tre aree dell’Oristanese sono invece celeberrime per la Vernaccia, un vino unico al mondo per le caratteristiche organolettiche.
Salvatore Dedola
Nell’immagine: l’incipit “I”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009