Un oggetto presente nel Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli di Pettinengo che sempre colpisce i visitatori è il costume sardo di Oliena, donato dalla Famiglia Medde. Tipico abito della festa, veniva indossato dalla sposa il giorno del matrimonio. Nel mondo della tradizione isolana e in quella alpina, il vestito nuziale di colore nero, rimanda alla luna nuova: nera, vergine e madre ad un tempo. Tingere di nero il tessuto era difficile, per di più soggetto a scolorire in fretta se indossato sovente; di conseguenza era il cromatismo della festa, indossato la domenica e in occasioni speciali, come nel matrimonio. Nella sua eccezionalità, il nero indicava il tempo straordinario come quello del rito di passaggio nella prospettiva di formare una nuova famiglia.
Col tempo, il colore scuro dell’abito è stato sostituito con il bianco. Sembrerebbe strano, ma, anche in questo caso, il rimando è sempre alla luna, questa volta a quella “piena”, illuminata, fecondata dal raggio di sole come quella che, nel determinare la Pasqua, indica fertilità e fecondità della natura che rinasce, del Cristo che risorge. Pasqua cristiana e riti primaverili cadono in concomitanza col nuovo anno astrale governato dal sole che entra nella costellazione dell’ariete – maschio e fecondo – primo segno dello zodiaco.
Cristina Mondelli
Nell’immagine: Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli, abito da sposa di Oliena, collezione Medde. Nello sfondo, la statua marmorea “La madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa.
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