A 20 anni dalla morte, la Comunità sarda di Biella ricorda il cantautore che nelle sue canzoni parla in Italiano, in Genovese e nella lingua dei Sardi di Gallura. Per la ricorrenza, Massimo Zaccheddu ha voluto dare voce a De André attraverso il brano “Quello che non ho”, presente nell’album del 1981: vero e proprio manifesto contro il consumismo. L’Indiano d’America è il protagonista della canzone in cui spiega la diversità tra l’uomo bianco che ha sterminato il popolo amerindiano e quello indiano che, fieramente, non ha mai accettato il compromesso di dimenticare la propria cultura.
“Il messaggio chiave – afferma Ivan Corrado – è contenuto nel verso in cui viene espressa, attraverso una frase densa di significato (“quello che non ho è quel che non mi manca”), la convinzione che è più importante apprezzare ciò che si ha, piuttosto che piangere su quel che non c’è. Questo modo di pensare è radicato profondamente nella cultura indiana dove il concetto di “ricchezza” assume una valenza umana, scollegata dal possesso materiale e profondamente rispettosa nei confronti del mondo naturale”.
Messaggio valido allora come oggi. Monito disatteso che nel presente suona sempre più attuale.
“La lista di “quello che non ho” – continua Corrado – stilata dall’Indiano nel testo della canzone permette di mettere a fuoco quel che veramente conta e di sottolineare con un velo di malinconia come alcune delle cose che non mancano siano proprio quelle che hanno determinato la perdita di libertà del suo popolo; nel mondo “perfetto”, prima della venuta dei bianchi “civilizzatori”, agli indiani non servivano armi o bei discorsi per “conquistare il cielo e guadagnarsi il sole” e, soprattutto, non erano necessarie camicie immacolate, conti in banca, la furbizia del “farla franca”, gli intrallazzi fraudolenti (“le mani in pasta”) o altre storture del genere introdotte dagli occidentali: per una cultura sviluppatasi per secoli in un rapporto armonico con la natura, il falso progresso “bianco” era superfluo e dannoso”.
Iostina Pisu