Radici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella
Ai miei lettori vorrei fosse chiaro che persino nel lontanissimo passato (ossia nelle età arcaiche) la lingua sarda non fu mai isolata dalle altre lingue parlate sulle sponde del Mare Nostrum. Ho spiegato spesso che la parentela è originaria, non ha un “prima” né un “dopo”. Può dirsi che tutte le lingue mediterranee sono coeve sin dal primo apparire. Per intenderci, sono uguali fin dall’Alto Paleolitico.
È dimostrato che in Sardegna l’Homo esiste dal Paleolitico. Ciò presuppone che già 100.000 anni fa egli sapesse navigare. Sempre su basi lessicali, ciò è accertato, e la navigazione primitiva ebbe un tale successo, che persino Alessandro Magno la replicò senza modifiche per guadare l’Indo, e persino Giulio Cesare nel guadare il Reno. Bastavano un certo numero di pelli di bue ben ricucite e riempite di fieno. Le prime zattere consentirono all’Homo di superare le Colonne d’Ercole e i Dardanelli, invadere le coste mediterranee e poi passare nell’arcipelago toscano e in Corsica, quindi in Sardegna. Va da sé che la lingua sarda, essendosi trapiantata in un’isola lontanissima, serbò la propria verginità sino ad oggi. Di questo si tratta quando dico che la lingua sarda è la più antica e incorrotta del mondo mediterraneo.
Va da sé che moltissime parole sarde non appartengono alla sola Sardegna ma all’intero mediterraneo. Basta analizzarle, e si scopre che i referenti sono sparsi un po’ dappertutto, sia pure con fonetiche e suffissi diversi.
Nel comparto giuridico Roma serba ovviamente “la parte del leone”, ma solo se osserviamo il concetto di “legge” nell’ottica del Corpus Juris Justinianeum, senza dotare la nostra cultura della necessaria prospettiva storica. Le leggi in sé sono sempre esistite fin dai tempi di Neanderthal, essendo esse nient’altro che regole di comportamento utili alla coesione sociale, necessarie alla stessa sopravvivenza della tribù. Quindi è in questa prospettiva che possiamo affermare la sardità primeva della parola sarda LEGHE.
Essa ci appare scritta nel Codice di San Pietro di Silki 202: per meia lege (esempio non del tutto sicuro, perché il senso del passo non è chiaro). Riappare negli Statuti Sassaresi I, 131 (44v): facher sa lege). Confronta il lat. lex, legis ‘legge’.
Di questi vocaboli s’ignorò l’origine. La prima base scritta sta nel sumero-accadico lē’um ‘tavola scritta, writing board; ossia ‘tavola recante un documento scritto’ (possiamo leggere lē’um come legum).
Sappiamo per certo che le leggi furono i primi documenti ad essere scritti (dopo le primitive transazioni di sacchi di merci sigillati da cretule bollate), poiché occorreva che il popolo non vivesse nell’incertezza della sola tradizione orale, specialmente dopo che Sargon il Grande (4350 anni fa), occupando vastissimi territori dove risiedevano tanti popoli, aveva bisogno di unificare i comandi ed i comportamenti. La scrittura delle leggi avvenne anzitutto mediante le perdas fittas, le pietre verticali infisse a terra, che in Mesopotamia furono sparse qua e là affinché la legislazione esplicasse un ruolo di coesione imperiale.
L’acculturazione popolare ricevette un impulso notevole dalle leggi scritte, e possiamo dire che la trasmissione della cultura si amplificò grazie alla capacità che una certa porzione d’individui aveva acquisito nel leggere i documenti imperiali.
Tale processo portò persino alla immedesimazione del concetto di “legge” con quello del “leggere”. In Sardegna abbiamo il centr. léghere ‘leggere’ (Bitti, Nuoro); camp. lίggiri. Cfr. lat. legere. Infatti la base etimologica è la stessa che abbiamo visto (sum.-akk. lē’um ‘bord, writing board; tavola scritta’). Nell’alta antichità la prima attività del leggere fu quella di affissarsi sulle rare tavolette (o tavole) scritte, per capirle. In questo senso soccorre anche il sumerico ligin ‘tablet with excerpts, school text; tavoletta con brani di lettura, testo scolastico’.
Salvatore Dedola,
glottologo-semitista
Nell’immagine: l’incipit “L”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009