Radici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella
Dopo 75 anni dacché il nazismo è stato arginato (non sconfitto, soltanto arginato!) con una orribile guerra mondiale, i nazisti sono rimasti serenamente ad insegnare Glottologia in tutte le cattedre europee. Da 150 anni essi hanno inventato una teoria che governa le nostre Università, secondo la quale il Tedesco e l’Antico Indiano sono tutt’uno. Così essi parlano di Lingua Indo-Germanica. Tutte le altre lingue europee non imparentate direttamente con l’Indo-Germanico derivano, secondo loro, dall’Impero Romano; però tutte, proprio tutte, convergono e riescono ad avere spiegazione soltanto sotto l’immensa cappa di piombo della vastissima lingua indo-germanica. Nelle università italiane si addolcisce la pillola ed invece di Indo-Germanico si pronuncia indo-europeo.
Una cappa imperiale da 150 anni ha smorzato ogni e qualsiasi ricerca mirante a dare una visione precisa e serenamente scientifica delle origini delle lingue e del linguaggio. Quindi mai nessuno riuscirà a capire, con quelle false premesse, che gli occhiali, le lenti, erano conosciuti, in certa misura, fin dalla età paleolitica.
Infatti occorre partire dal fatto che 20-30.000 anni fa ogni e qualsiasi cristallo era ancora esposto e visibile sulla superficie terrestre. Le miniere furono una conseguenza di tale magnificenza, allorché l’Homo Sapiens volle inseguire i filoni dei cristalli che tanto attiravano la sua attenzione tra quelle rocce lampeggianti alla luce del sole.
L’Homo paleolitico chiamava quei cristalli MADALLU, parola che nel Tirreno divenne METALLUM, ed in origine significò “pietra preziosa” (parola babilonese).
Ebbene, anche gli occhiali e le lenti ricevettero il nome in quelle antiche età. Vediamo la seguente etimologia.
UGLIERAS f. pl. (Busachi, Perdasdefogu, S. Antioco); ullèras camp. ‘occhiali’ = cat. ulleras.
Wagner, manco a dirlo, ne pone l’origine nella lingua catalana, ed in sovrappiù, come suo solito, omette di cercare l’origine della stessa parola catalana. Errore doppio: anzitutto un errore dovuto alla famigerata “teoria delle origini” (Wagner era convinto che il linguaggio della Sardegna non era originario ma che ci fosse stato portato dai colonizzatori Indo-Germanici, e in età posteriore dai vari colonizzatori come i Romani, i Pisani, i Catalani). Ma a parte quella strana “teoria della importazione linguistica ad opera del più forte”, Wagner soffriva di vera e propria miopia linguistica. Ma in ciò si trovava in buona compagnia. Ancora oggi nelle Università si cammina a tentoni, come i ciechi.
Gli studiosi di scuola indo-germanica scommettono che gli occhiali (ossia le lenti d’ingrandimento) siano invenzione del Medioevo, e mai nessuno ha obiettato che nel lontano passato (nel Paleolitico), quando la gioielleria con le pietre lavorate non era in voga per mancanza di strumenti di affinamento, si rinvenivano pur tuttavia a iosa dei cristalli in superficie (oggimai tutti prelevati dall’ingordigia umana), ivi compresi i cristalli di quarzo e quelli abbondantissimi di calcite (ottimi per la bifrazione e la polarizzazione). Nessuno oggi è in grado di capire la grandezza e l’immensità delle conoscenze delle età arcaiche. Sta di fatto che nel campo linguistico abbiamo il sum. ul ‘to swell, gonfiarsi, ingrossarsi’ + lirum ‘strength, force, power, mighty’. Il composto ul–lirum nelle età primitive significò ‘potere di gonfiare, ingrossare, ingrandire’.
Salvatore Dedola,
glottologo-semitista
Nell’immagine: l’incipit “R”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009