L’annuncio della morte di Garibaldi nella stampa biellese

Garibaldi visita la casa di Pietro Micca

2 giugno 1882 – 2 giugno 2020 – deposizione di fiori al monumento a Garibaldi e contributo dei Sardi di Biella alla conoscenza del nostro eroe nazionale, tramite elementi di storia locale, nel giorno della Festa della Repubblica Italiana.

Garibaldi muore in Sardegna, nella sua isola di Caprera, il 2 giugno 1882. Era rientrato da poco da un viaggio trionfale in Sicilia, sempre più malfermo in salute. Messosi a letto per una forte bronchite, vi rimane tre giorni in agonia. Un’infiammazione alla gola gli ferma la voce, di lì a poco sopravviene una paralisi faringea che gli impedisce di assumere liquidi. Il pomeriggio del 2 giugno «vede due capinere sulla finestra, pensa alle due figlie morte, non vuole che siano scacciate». Chiede a gesti di vedere il piccolo Manlio, a letto anche lui con la febbre. Si spegne alle sei e ventidue del pomeriggio, come attesta l’orologio a muro della sua camera, fermato dai famigliari al momento del decesso.
La notizia della morte dell’eroe dei due mondi, diffusa al mondo dal telegrafo, compare sui giornali del mattino del giorno dopo. A Biella giunge a mezzogiorno, confermata dai giornali arrivati con l’ultimo corriere. Il bisettimanale Eco dell’Industria, organo dell’associazione dell’industria laniera italiana, fondato nel 1863, e La Sveglia, settimanale della democrazia e fratellanza degli operai biellesi, escono entrambi la domenica, ma soltanto l’Eco fa in tempo a dare l’annuncio in prima pagina, listata a lutto:
«Una tristissima notizia si diffuse ieri in tutta Italia: il generale Giuseppe Garibaldi è morto nell’isola di Caprera (…) una vita tutta spesa pel bene della sua patria e dell’umanità. (…) egli andrà annoverato fra i più grandi uomini del secolo, egli che sempre fu primo nella lotta, ovunque si trattasse di combattere per la libertà e per l’indipendenza dei popoli. Il grido di rimpianto che si eleva da tutti i petti italiani avrà la sua eco presso tutti i popoli, ma specialmente nelle lontane Americhe ove fece le sue prime prove negli anni giovanili, e nella Francia, ove vecchio ed affranto si recò a soccorrere generosamente e con efficacia gli eserciti scoraggiati e disfatti della pericolante repubblica. Sulla sua tomba tacciano tutte le ire e i rancori di parte: egli fu grande italiano; e ogni italiano deve inchinarsi riverente dinanzi a colui che ebbe tanta parte nel nostro risorgimento. La festa nazionale che cadrebbe oggi, prima domenica di giugno, venne, per legge approvata ieri dal Parlamento, rinviata al giorno 18 di questo mese in segno di lutto per la morte del Generale Garibaldi».
Il giornale La Sveglia uscirà una settimana dopo con un numero speciale, anch’esso listato a lutto, e inizierà subito una sottoscrizione per la realizzazione di un busto in memoria del grande italiano. L’iniziativa, promossa da Luigi Trompeo, fratello del deputato di Biella Paolo, è accolta anche dal concorrente Eco dell’Industria. Nel supplemento de La Sveglia dell’8 giugno 1882, viene pubblicato il manifesto che nel frattempo è stato affisso nei principali punti della città: «Giuseppe Garibaldi non è più! La sua morte è una sciagura nazionale. Piangiamola dal profondo del cuore. Nel 1848, sotto le mura di Roma repubblicana, sino al 1867 a Mentana, egli fu sempre l’eroico guerriero del ciclo leggendario della nostra Rivoluzione. Solitario a Caprera, scriveva e s’agitava per scuotere gli Italiani alle grandi imprese della Patria e dell’umanità. Nel momento in cui la morte lo colpì, era il Capo amato della democrazia italiana. La sua fu una delle più nobili vite di cui narri la storia antica e moderna. Che la sua memoria sia incancellabile nella mente degli italiani e la stampi con caratteri perenni l’inconsolabile dolore che oggi ci percote! Cittadini e compaesani prendiamo il lutto».
Dal canto suo il sindaco di Biella, Agostino Bella Fabar, si rivolge così alla cittadinanza: «Cittadini! Si è spenta la vita dell’eroe leggendario, del Generale Giuseppe Garibaldi. La sua morte è lutto della Nazione. Non avranno quindi luogo il pubblico concerto e la solenne distribuzione dei premi stabiliti per la odierna festività dello Statuto».
Sempre l’otto 8 giugno, sulla prima pagina dell’Eco dell’Industria, appare un articolo su quattro colonne inneggiante Garibaldi. Retorico al punto giusto, secondo lo stile del tempo, il suo autore ripercorreva le fasi della vita del Generale, celebrandone lo spirito umanitario e internazionalista: «Il 2 giugno non si è spento solamente un eroe, un soldato, un cittadino, un patriota, ma si è spenta la più vera e inclita e pura personificazione moderna dell’umanità nella sua più gloriosa espressione. La morte di Giuseppe Garibaldi è qualcosa di più di una sventura nazionale – è un lutto per tutti i popoli della terra, come presso tutti i popoli della terra hanno un culto e una religione: la virtù, la bontà, il sacrificio e il valore».
Nella seconda pagina dell’Eco si dà conto delle iniziative che il Comune potrebbe dedicare alla sua memoria: «Si aspettava che il Municipio di Biella, a somiglianza dei municipi di tutte le altre città italiane, spedisse un telegramma di condoglianza alla famiglia a nome dei cittadini, ma il Sindaco e la giunta stimarono bene astenersi né presero alcuna iniziativa per le onoranze del grande defunto». Dopo la prima commemorazione ufficiale dell’eroe, però, finalmente qualcuno spedisce un telegramma alla famiglia: «Popolo Biellese commemorante Giuseppe Garibaldi fa voti osservisi scrupolosamente testamento Garibaldi».
Scrupolo ormai tardivo, in quanto le ultime volontà del Leone di Caprera erano già state disattese.
Garibaldi aveva lasciato disposizioni affinché il suo corpo fosse cremato («è assoluta mia volontà di aver il mio cadavere cremato… avrà il volto scoperto, e vestito con camicia rossa. Al sindaco si parteciperà la mia morte quando il mio cadavere sarà incenerito completamente. Molta legna per il rogo»). Nonostante la pressione di molta parte dell’opinione pubblica, invece, il suo corpo fu imbalsamato, forse per essere trasportato a Roma. L’8 giugno Garibaldi riceve una prima sepoltura a Caprera, in un sepolcro di cemento e mattoni. All’improvviso scoppia un temporale che costringe i presenti a fuggire in cerca di riparo. Solo alle dieci della mattina successiva, quando la furia del mare si placa, sarà possibile trasportare tutti gli intervenuti alla Maddalena. Il 26 giugno la salma dell’eroe viene tumulata definitivamente in un sarcofago di granito grezzo vicino alle tombe delle figlie Anita e Rosita. Sulla lastra, di tre tonnellate, gli scalpellini hanno inciso semplicemente «GARIBALDI».
Intanto a Biella L’Eco dell’Industria chiede a gran voce che sia dato al più presto dato il nome di Garibaldi a una delle principali vie della città. Ad esempio alla via San Filippo o a quella «tutt’ora incompiuta, designata col numero 15 nel piano d’ingrandimento». Propone inoltre la posa di una lapide commemorativa sulla facciata del palazzo vescovile, dove Garibaldi aveva soggiornato nel 1859, ospite del vescovo Losana: «dalla Curia vescovile – scrive un redattore ottimista – non si solleverebbero opposizioni contro questa proposta». Il nuovo vescovo, monsignor Leto, non era però un grande ammiratore di Garibaldi come il suo predecessore e, a tutt’oggi, quella lapide ancora non è stata posta (e nemmeno in un’altra zona della città di Biella).
Soltanto nella seduta del Consiglio comunale del 14 giugno 1882 il Sindaco, dopo aver ricordato la figura di Garibaldi, propone che sia intitolato a suo nome il tratto di via che dallo scalo ferroviario si dirige verso piazza del Duomo – ovvero il percorso che fece l’eroe quando visitò Biella nel 1859 prima di partire con i suoi Cacciatori delle Alpi verso la Lombardia. La proposta, insieme a quella di erigere al più presto un monumento, è approvata dal consiglio all’unanimità.
La prima commemorazione pubblica del generale dei Mille si tiene a Biella il 18 giugno. Oratore il signor Giorgio Giorgi. Verso le otto di sera «il corteo commemorante, con in capo il ritratto di Garibaldi tutto circondato di allori, un coro cantante gli inni di Garibaldi e Mameli e un corpo di musica che alternava coi suoi concenti il canto, mosse numeroso, affollato, imponente verso il centro della città». Il luogo scelto per la commemorazione era il piano dei cappuccini. «I passanti – proseguiva il cronista – si allineavano riverenti e commossi, lungo il corteo che fluttuava per le vie, già sepolte nel grigio della sera, come un corpo enorme, esuberante di evviva alla memoria di Garibaldi, di suoni, di fermenti improvvisi e di silenzi pieni di pensiero e di rimpianto».
Nella stessa giornata viene scoperta ad Andorno una lapide commemorativa a ricordo della visita di Garibaldi alla casa di Pietro Micca a Sagliano. La targa, murata nella parete esterna della casa del dottor Lorenzo Cerruti «che ebbe la gran ventura di ospitare l’eroe» mestamente ricorda:
IL 19 MAGGIO 1859 QUI FE’ SOSTA GIUSEPPE GARIBALDI. IL 28 GIUGNO 1882 ANDORNO POSE.

Michele Careddu

Nell’immagine: Garibaldi visita la casa di Pietro Micca (Carlo Linzaghi, in Achille Bizzoni, Garibaldi nella sua epopea, Sonzogno, Milano, 1907, Vol. II, p. 156).

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