Martedì 26 maggio, ore 21:00, appuntamento con il Laboratorio linguistico di Su Nuraghe
Sul frontone della Certosa di Calci, il vasto complesso monumentale che sorge a pochi chilometri dalla città di Pisa, è riportata la frase «O beata solitudo, o sola beatitudo», vale a dire: “O beata solitudine, o sola beatitudine”, attribuita a San Bernardo di Chiaravalle. Il motto latino che esalta la perfetta serenità spirituale che si può trovare soltanto nel silenzio, ben si adatta alla presentazione della poesia di Nicola Loi Libertade/Libertà, inserita tra i testi del laboratorio linguistico“Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant” organizzato dal Circolo Culturale Sardo di Biella per imparare a leggere e scrivere in lingua materna.
Società contraddittoria, la nostra: offre una libertà secondo il diritto, ma non è in grado di garantire ciò che realmente offre, perché chi è garante può esserne benissimo il negatore stesso.
Una società che offre e rivendica un diritto alla libertà, ma che la libertà non la può dare. Offre un diritto alla libertà, ma non la libertà. Non può che limitarsi ad offrire un diritto, cioè qualcosa che garantisca gli atti dell’umana libertà. Questo significa diritto, secondo l’etimo.
Il fatto è che la libertà non si può dare: o la si ha o nessuno potrà darcela né, tanto meno, garantircela: aspettandola da un altro, a quell’altro abbiamo già dato una libertà che, dipendendo da lui, mai avremo! Ci viene offerta, questo sì, un’imprecisata, e poco definita, libertà dai bisogni materiali, strettamente legata al possesso di cose; una libertà sempre legata ad un qualcosa; ad un qualcosa da desiderare di acquistare e di avere: per marcare decorosamente la nostra posizione nella società. La società che, sempre tornando all’etimo, è un insieme di persone che agiscono in comune, legate dal vincolo morale dell’amicizia: e, dunque, mai al di sopra degli esseri umani che la compongono. Dunque, non può essere la società a dare la libertà. E, di fatto, solo illusoriamente la dona.
Quindi, ciascuno, se la vuole, la libertà se la deve cercare da sé e dentro di sé: oppure, ciascuno, si accontenti di una povera libertà, condizionata e meschina.
Ed ecco che, quasi a mascherare l’aver disatteso al suo compito, illusorio, di garante e di dispensatrice, la “Società” getta sul tavolo una nuova offerta: la paura dell’essere soli. La paura! Gioca sul fatto che questa presunta – e faticosamente conquistata – libertà finisce di porci al di sopra e al di fuori di tutto e di tutti. Lì si punta il dito, lì si vuole portare l’attenzione – quasi un monito, un avvertimento a cosa davvero sarebbe questa tanto agognata libertà. Questa libertà, di fatto, sarebbe la solitudine dell’essere svincolati dalla società, la solitudine quasi negazione, contraddizione dell’essere parte insostituibile di un con-testo di relazioni, di legami…. Questa è la solitudine cui la libertà rischierebbe di condurre: grave fardello, paura, angoscia. Il nulla, l’inconosciuto incombe e spaura.
E, allora, la solitudine-paura penetra, fantasma oscuro, nella vita materiale che ci hanno regalato dipingendola libera e garantita da diritti; piena di cose, di poteri, di possesso; la paura entra nella libertà di ciascuno e mette in discussione proprio la natura e la grandezza di quella libertà che, adesso, a ben vedere, appare ben povera e ridotta a quelle poche cose che sono le nostre cose, le cose per cui ci illudiamo di essere, di essere conosciuti e misurati come persone della società. Ed è proprio quello cui ci hanno abituati a considerare come società, diritti, poteri, averi: una vita, che, di nostro, molto non ha né può avere.
Penetra, la solitudine, e domina, terrorizza, rende ansiosi, fragili spauriti: disposti a credere a chi offre sogni. E noi sogniamo. Ma resta un sogno, e un sogno non è reale; e viviamo – bruciamo il nostro piccolo sogno, il nostro piccolo tempo, che mai ci appartiene davvero – nel timore del risveglio, che inevitabilmente avverrà, e che ci svelerà quanto poco siamo immersi in quella libertà di cui mai, in concreto, siamo stati i padroni.
Cerchiamola, allora, guadagniamola questa libertà! Siamone certi, la libertà si di-svelerà nella bellezza e nella poesia: solo nella bellezza e nella poesia. Bellezza e poesia che non hanno bisogno di dare né di avere, perché appartengono all’essere, e non all’esistere, e non aspirano a diritti né a doveri né ad averi.
Quella libertà non chiede né dà cose: indica una strada dell’anima, lascia intuire spazi dove regnano bellezza e poesia.
Lì, solo lì, siamo liberi, liberi di essere in quella solitudine – e in essa gioire – piena non di cose, ma di persone con cui dividere il nostro cuore colmo di gioia.
Pietro R. Borenu
Sa libertade
S’omine chi est sena libertade,
Est in turmentu, vivet in sa pena.
S’animu jughet in disamistade,
Su frutu malu de cussa cadena.
Brivadu est de arte e fantasia,
Brivados sunt sos gosos de sa vida.
Est totu una trista poesia,
Dogni mamentu paret dispedida.
Postu in manos de anzenu giuditziu,
Passas sas dies pagu isperantzosu.
Est de continu in-d-unu suplitziu,
Chi lu punghet in oras de reposu.
Tenet dogn’ora sos passos contados,
Ligadu in sa mente, in sa manu.
Est a trazu che sos male fadados,
Leadu a fune da unu tiranu.
Sa libertade est cuddu valore,
Chi balet che-a s’abba, che s’aera.
Cando mancat est totu unu terrore,
No est ne giogu ne una chimera.
Cando isetas chi torret sa die,
De lughe bidet sos primos chintales.
Su sambene infritat che su nie,
Semper pensende a tempos noales.
Est comente sa paghe mai connota,
Bides totue solu inimigos.
De libertade ne crua ne cota,
In cussos tempos de malos castigos.
Ti mancant cuddos bonos pensamentos,
Chi ti pienant de serenidade.
Orioladu dae sos turmentos,
Ti paret suta pes sa dignidade.
Sa libertade est cuddu podere,
Sa fortza de sa vida pius galàna.
Pensa cando no podes esser mere,
De bufare abba in dogni funtana.
Nigolau Loi, 16 de maju 2020
La libertà
L’uomo che è senza libertà,
È in tormento, vive nella pena.
L’animo ha in inimicizia,
Il frutto cattivo di quella catena.
Privato è di arte e fantasia,
Negati sono le gioie della vita.
È tutto una triste poesia,
Ogni momento sembra la dipartita.
Messo nelle mani dell’altrui giudizio,
Trascorri i giorni poco speranzoso.
È in continuazione in un supplizio,
Che lo punge in ore di riposo.
Ha ogni momento i passi contati,
Legato nella mente, nella mano.
È trascinato come i disgraziati,
trascinato alla fune da un tiranno.
La libertà è quel valore,
Che vale quanto l’acqua, quanto l’aria.
Quando manca è tutto un terrore,
Non è né gioco né una chimera.
Quando aspetti che torni il giorno,
Della luce vedi i primi arcobaleni.
Il sangue raffredda come la neve,
Sempre pensando a tempi nuovi.
È come la pace mai conosciuta,
Vedi dappertutto solo nemici.
Di libertà né cruda né cotta,
In quei tempi di cattivi castighi.
Ti mancano quei buoni pensieri,
Che ti riempiono di serenità.
Preoccupato dai tormenti,
Ti sembra sotto i piedi la dignità.
La libertà è quel potere,
La forza della vita più bella.
Pensa quando non puoi essere padrone,
Di bere acqua in ogni fontana.
Nicola Loi, 16 de maggio de su 2020
Nell’immagine: frontone della Certosa di Calci