Radici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella
GURUSÈLE. In Sardegna questo nome appartiene a due entità diverse. La prima entità è il Monte Gurusèle nel Supramonte di Baunéi, vetta calcarea superiore ai 1000 metri, la più alta di quel martoriato altopiano. La seconda entità è tutto l’opposto: si trova allo zoccolo d’una valle calcarea di erosione, sotto l’abitato della primitiva Sàssari. Con Gurusèle a Sàssari si nominò la fontana più rinomata (oggi chiamata Rosello in italiano, Ruséḍḍu in dialetto), dalla quale, fino a quando mancò il servizio idrico, partivano carovane di acquaioli con asini carichi di botticelle, per rifornire d’acqua potabile le case della città. Le due entità accennate s’accomunano nella loro natura calcarea. Così anche Gerusalemme, che sorge su un monte calcareo. E siamo a tre entità mediterranee, accomunate peraltro anche dall’etimo. Nell’indagine etimologica sgombrerei il campo dal monte Gurusèle, dalle cui falde discende il rivolo che poi diventa fiume e domina la lunga códula d’Ilùne, altrimenti detta Códula di Luna). In Etruria esistette la città di Rusellae (Livio X 4), dove accadde che alcuni abitanti di Cere dovettero tradurre al legato romano l’etrusco ivi parlato.
La fonte sass. Guru-sèle è nome composto, come Jeru-sàlem. Nell’analizzarlo parto da –sèle, e lo relaziono con Šalimu (il dio semitico della salute, noto anche in Sardegna). Ricavo quanto segue: Šalimu, come sèle, ha più di una base etimologica: es. l’akk. šâlu ‘rallegrarsi, godere di qualcosa’ quindi ‘star bene’ (da cui il lat. sālus ‘salute’). In akk. abbiamo, con šalû (termine poco diverso), anche il concetto di ‘sommerso’ (da cui la nozione delle immersioni, dei “battesimi” fatti dalle antiche popolazioni nelle fonti sacre, che avvenivano per sommersione della persona). In accadico abbiamo, collegato a šâlu ‘rallegrarsi, godere di qualcosa’, anche le forme salāmu ‘essere in pace’ (da cui ebr. šālom ‘pace, salve!, stai bene!’, ar. salām ‘pace’). Una nota non da poco: questo concetto semitico di “salute” connesso all’acqua la dice lunga, è tutto un programma, poiché mai è stato possibile attingere alla salute senza l’acqua da bere e l’acqua da immersione o l’acqua termale.
Osserviamo come sincronicamente, ossia nella stessa epoca, gli antichi semiti usavano spesso indifferentemente la /s/ e la /š/. Poiché il sardo antico aveva le stesse basi linguistiche, anche per (Guru)-Sele ammettiamo le due varianti. Analogamente possiamo esprimerci per il mutare della /a/ in /e/ tra le stesse lingue semitiche, e tra esse e quella sarda. Anche quest’aspetto fonetico non pone problemi, ed è ancora più giustificato dal fatto che Yerûšālaym ha la finale lunga e, stanti le leggi fonetiche mediterranee, in Sardegna non possiamo meravigliarci se l’ebr. –ay– restò concrezionato in –ē-.
A proposito del dio cananeo Šalimu, ricordo che in Sardegna abbiamo anche un terzo sito nominato con questa radice semitica: è Bruncu Salámu, vetta presso Dolianova significante dunque ‘vetta della salute’. Non è un caso che le tre fonti doliesi scaturenti dall’altura di Salámu siano state sempre oggetto di “pellegrinaggi” di gente che ritiene quelle acque miracolose e comunque salutari, una delle quali curativa delle malattie biliari, l’altra delle malattie renali, l’altra delle gastriti.
Oltre ai significati sinora messi in evidenza, c’è dell’altro. Alla forma salāmu ‘stare in pace, star bene, essere in salute’ si abbina (lo si suppone già con la forma akk. šalû ‘sommergere’) una forma analoga e differente, che è l’akk. salā’u ‘spruzzare’ acqua (nei rituali di purificazione). Ogni popolo ha la sua Lourdes; i Cananei ebbero la loro: Gerusalemme. Questo toponimo è noto in varie forme, secondo il popolo che lo scrisse. Così: ebr. יְרוּשָׁלַיׅם , gr. Ιερουσαλημ, ʿΙεροσόλυμα, lat. Jerusalem, ass. Urišläm, akk. Urusalim, Urusalimmu. Per l’etimologia il nome viene smembrato in ebr. יְרוּ* (*Iěru) ‘fondazione, insediamento di città’, da sum. iri ‘città’ + Šalam ( שׁלם ) ‘dio della salute’, col significato di ‘città di Šalam’. Tornerò sul primo membro. Chiudo invece su Šalam ( שׁלם ), parola egizia che in origine fu Sarem, uno dei titoli del Dio del Nilo (sappiamo che la lingua egizia era retta dalla legge fonetica che trasformava in /r/ l’originaria /l/).
Sàssari fu l’unico sito della Sardegna dove fino a un secolo fa “esplodevano” miriadi di risorgive (oggi l’asfalto ha impermeabilizzato il territorio e le poche fonti residue sono quasi secche). Dalla sua immensa bancata calcarea, doviziosa di risorgive, sortirono orti e giardini di ogni tipo, migliaia di appezzamenti piccoli e grandi perennemente irrigati, anche d’estate. La valle di Gurusèle da sola sfamava – quanto a ortaggi – l’intera città e tutto il contado. Non è un caso che Sàssari significasse in origine ‘immensa rete di orti’ (da sum. sar ‘giardino, orto; rete di orti’, reduplicata e semplificata per legge fonetica, a indicare la totalità: sa–sar– + lat. –is > Sàs-sar-is).
Al posto del supposto *Iěru in Sardegna abbiamo Guru-, con gutturale Gu– evanescente, talché l’idronimo sass. è passato da Guru– a (Gu)ru– > (Gu)Ru-sèle > Ru-séll-u > Ru-séḍḍu. Possiamo però osservare che l’esistenza della forma akk. Uru–salim, Uru–salimmu autorizza pure in Sardegna la presenza di un originario (G)Uru-… che in epoca moderna sboccò in (Gu)Ru-… Ciò detto, possiamo evidenziare l’identità originaria – differenziata secondo le diverse parlate mediterranee – di (G)uru–sèle, Uru-salim, Ieru–salem. La base Uru- si riscopre nell’eg. Ur ‘a great god’. Pertanto va da sé che l’eg. Ur-Sarem in origine significò ‘Grande Dio Salem’ (ossia ‘Grande Dio del Nilo’). Da qui derivano tutte le altre forme semitiche, compresa quella ebraica.
Dopo questa etimologia, basata sulla reale documentazione linguistica, è ovvio che *Iěru (parola supposta e mai documentata) non significa proprio niente. Quindi perde qualsiasi efficacia la pretesa di quanti intendono spacciare *Iěru per ‘città’ e interpretare *Iěru-salem, Yerûšālaym come ‘città di Salam’.
La vera etimologia viene restituita dalla concomitanza delle voci egizie, semitiche e sarde. Il sito storico di (G)urusèle-Ruséḍḍu rimase per millenni staccato dall’insediamento cittadino. Lo stesso accadde per Jerusalem (nome inizialmente dato alla grande fonte che poi rifornì la città cananea). Anche la fonte di Gerusalemme in origine stava fuori dell’abitato. La risorgiva creava un laghetto che in seguito fu scavato e ampliato per creare il serbatoio idrico dell’intera città. Ma non possiamo chiamare ‘città’ un sito extra-muros. Sarebbe una contraddictio in terminis. In origine la gente andava alla risorgiva non solo per attingere acqua ma anche per immergersi e curare certe malattie: da qui la dedica a Šalimu. Lo stesso doveva accadere nella funtàna Gurusèle, che in origine quasi certamente fu una fonte sacra (sormontata dalla solita originale architettura nota tra le fonti sacre della Sardegna), la quale poi in epoca rinascimentale fu ricoperta da un superbo monumento marmoreo ornato di belle statue. La situazione di Sassari e quella di Gerusalemme sono (furono), mutatis mutandis, pressoché identiche.
Fatte queste osservazioni, fare altre collaterali ipotesi etimologiche serve soltanto come esercitazione academica. Possiamo farlo soltanto appellandoci alle più antiche basi linguistiche di cui disponga la gente mediterranea, ossia al vocabolario sumerico, del quale l’intera Sardegna, e la stessa Sàssari, sono pervasi. E qui lo scenario cambia. Guru-Sèle e Ieru–šālaym si rispecchiano in un nutrito apparato di parole sumeriche. Per (G)uru– e Ieru– non abbiamo soltanto il sum. uru ‘città’, ma anche altre parole che porgono valide alternative etimologiche, proprio in riferimento all’originaria “piscina” che dette il nome ai rispettivi siti, quale uru ‘inondazione, diluvio’; uri ‘vaso, recipiente d’acqua’ (riferito alla piscina); urim ‘puro’ (in relazione al valore terapeutico dell’acqua: presso gli antichi il concetto di puro non si discostava da quello di santo, taumaturgico); urim ‘protettore’ (epiteto riferito al dio Šalimu); ur ‘protezione’ (idem); urim ‘malattia’ (come epiteto finale: ‘Šalimu delle malattie’); ur ‘abbondante’ (riferito alla fonte); ur ‘strofinare, massaggiare’ (riferito all’attività terapeutica praticata alla fonte); ur ‘arti’ (come epiteto finale: ‘Šalimu degli arti’, sottinteso: guaritore).
Lo stesso nome del dio Šalimu può essere analizzato in sumerico nelle seguenti componenti: šala ‘pietà, clemenza, misericordia’ (onde: Šalimu come ‘dio della misericordia’, verso i malati), oppure sal ‘palo, phallos’ (come epiteto di Šalimu; e in ciò vediamo una delle epifanie del Dio Sommo, quale supremo inseminatore della Natura; l’acqua fu sempre considerata lo sperma di Dio). In ultimo è lo stesso nome Salam o Šalimu a potersi smembrare ancora in due: sa ‘mettere in ordine’ + lam ‘mettere in piena forma’: sa-lam, col significato di ‘(colui che) risana e ridà la salute’. L’abbondanza di possibilità etimologiche offerte dalla lingua sumerica (che è la più antica, anche la più garante, proprio per la sua antichità), ci rende ulteriormente cauti nella scelta dell’esito etimologico finale. Quale che sia l’opzione che abbiamo sul nome Šalimu, il lemma iniziale Ieru– o Guru– è sicuramente l’epiteto di Šalimu. Quindi possiamo tradurre Ieru–Šalimu e Guru-sèle come ‘Salam protettore degli infermi’. Questo toponimo-programma non è nuovo nella storia toponimica dell’Eurasia e della Sardegna. L’isola è letteralmente piena di epiteti sacri riferiti alle varie epifanie del Dio Sommo dell’Universo: vedi i toponimi Bunnànnaru, Bonuighìnu, Bonacattu, etc.
Salvatore Dedola,
glottologo-semitista
Nell’immagine: l’incipit “G”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009