Radici e semantica delle parole sarde rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico di storia e di cultura sarda a Biella
FIRUVERRU sass.; filu e ferru log. ‘acquavite’. Lo si è sempre inteso come ‘filo di ferro’, giustificandolo con la storiella che durante le dominazioni pregresse il distillatore, per evitare di pagare la tassa sui distillati, legava alla bottiglia un filo di ferro e la sotterrava, lasciando emergere soltanto quel minimo segnale. Può anche darsi che momenti del genere siano stati vissuti dai vinicoltori sardi. Ma l’etimologia è tutt’altra cosa. La locuzione filu e ferru ha base nel sum. bil ‘to burn, bruciare’ + akk. bēru ‘selected’. Il composto in origine indicò il ‘distillato che brucia (la gola)’. La controprova di questo etimo proviene dal sass. férru di contza, altro nome col quale viene chiamata ‘l’acquavite’. Per questo etimo non bisogna tener conto di férru ‘ferro’ né della ‘còncia del pellame’ (contza); la base è l’akk. bēru ‘selected’ + ḫumṭum ‘heat, fever’. Quindi le due voci in composto andarono a indicare, alle origini, il ‘distillato che dà bruciore’.
Salvatore Dedola,
glottologo-semitista
Nell’immagine: l’incipit “F”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009