Il 2 Giugno 2020 è stata celebrata per la 74° volta la nascita della nostra Repubblica, sorta dal primo referendum a suffragio universale – di donne e uomini – svoltosi in Italia, nel 1946.
Dall’esito di quella consultazione popolare sorse l’Assemblea Costituente, la quale, dopo oltre un anno di lavori, diede alla luce la Carta fondamentale entrata in vigore nel 1948. Una Costituzione che recita espressamente, all’art. 1, che “L’Italia è una Repubblica democratica” e, all’art. 12, che “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”.
In occasione delle celebrazioni di quest’anno, 2020, purtroppo ma doverosamente contenute, anche presso l’area monumentale di Nuraghe Chervu a Biella è stato issato il Tricolore, l’emblema che unisce tutti gli Italiani, di ieri e di oggi.
In questo difficile periodo che stiamo vivendo, tornano alla memoria le Celebrazioni del 2011, 150° dell’Unità d’Italia, e, in particolare, gli allestimenti dedicati alla Bandiera Italiana in mostra allora a Reggio Emilia, luogo storico di nascita del Tricolore come emblema di Stato, il 7 Gennaio 1797. “Il verde, il bianco ed il rosso”, utilizzati militarmente per la prima volta già nell’Ottobre 1796 dalla Legione Lombarda sotto il dominio napoleonico, hanno caratterizzato tra alterne vicende la storia del nostro Belpaese, anche quando, nel tempo, lo stesso vessillo è stato proibito o ha costituito oggetto di appropriazioni e, persino, di divisioni. È stato lo stendardo del Regno di Sardegna – poi Regno d’Italia dal 1861 – da quando, durante la I Guerra d’Indipendenza, per ordine dell’allora re Carlo Alberto, l’Esercito Sardo, innalzandolo come sua insegna, entrò nei territori della Lombardia austriaca. Giuseppe Garibaldi lo portò in battaglia in diverse occasioni, sin dalla tenace difesa della Repubblica Romana nel 1849.
Nel primo ‘900, quei colori hanno unito gli Italiani nel corso del I Conflitto Mondiale – altrimenti detto IV Guerra d’Indipendenza -, nella prima vera grande esperienza condivisa di popolo, coinvolto sia al fronte sia lontano dai campi di battaglia.
L’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, durante il suo settennato, si è battuto instancabilmente per restituire al Tricolore un ruolo centrale nei valori propri degli Italiani, per «far rivivere i principi sulla base dei quali fu per la prima volta innalzato: quelli cioè propositivi e pacifici di un bene di cui tutta la collettività deve godere». Una memoria riaccesa, al fine di recuperare aggregazione e solidarietà, parte della migliore tradizione del nostro Paese.
L’attuale Presidente, Sergio Mattarella, ha evidenziato nel suo discorso del 1° Giugno come, pur avendo ognuno posizioni ed idee diverse, l’unità morale – ossia «la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro», guardando «oltre i limiti dell’emergenza, pensando al futuro» – sia sempre stata e possa continuare ad essere il reale cemento per tenere insieme e rivelare il vero volto della Repubblica.
L’Italia repubblicana è complessa ed articolata, ed è frutto delle migrazioni di ieri e di oggi. Viviamo in un Paese ricco di storia, identità e molteplicità nel suo quotidiano tessuto sociale. Esemplarmente, negli archivi Garibaldi figurano persone, anche di origine straniera, che hanno offerto dedizione e sacrificio per l’unità del Belpaese: il garibaldino di colore, Giovanni Nicolasi o Nicolassi, del Monzambico, partecipe nell’epopea dei Mille, ed Andrea Anguyar (da Montevideo), caduto nella difesa di Roma del 1849.
Nell’attuale Italia dell’Emergenza Covid19 spiccano persone come il sig. Mahmoud Lufti Ghuniem, rider libanese, nominato Cavaliere al merito della Repubblica per aver donato uno stock di ben mille mascherine, a proprie spese, alla Croce Rossa di Torino.
Molte persone straniere sono state e sono oggi “Italia”, in quanto hanno optato per la sopraccitata “unità morale”. Perché – come ha ribadito lo stesso Mahmoud – «l’Italia è il mio Paese (…), anche se ancora non ho ottenuto la cittadinanza. L’Italia è la mia famiglia, è casa mia».
Modelli attuali e storici, che rendono visibile nel tempo e nei singoli quanto ricordato da ultimo anche dal Presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia. L’Italia della Costituzione è sì «l’insieme di tutte le attività e funzioni sia dello Stato come tale, sia delle Regioni e degli altri enti pubblici»; ma la Repubblica ha come fondamento «una comunità sociale e politica, che di essa è elemento fondante» in quanto «partecipe ed artefice»: coi singoli e anche attraverso «i suoi termini plurali: associazioni, minoranze linguistiche, confessioni religiose, famiglie, scuole e università, sindacati, partiti politici, cooperative, imprese».
Tutti siamo chiamati ad essere protagonisti del tessuto sociale, in quanto riconosciuti come tali dalla Carta del 1948. Tutti possiamo scegliere di contribuire positivamente e solidalmente alla vita comune dell’Italia, anche nei piccoli gesti quotidiani, tanto più ora.
Guardando al Tricolore, capace di stringere insieme persone di ogni ceto ed origine, anche oltre mare ed oltre confine.
Gianni Cilloco
Nell’immagine: Biella, 2 giugno 2020, Tricolore a Nuraghe Chervu.