“Contos de faulas / Racconti di bugie”: Poesia di Nicola Loi per Laboratorio linguistico di “Su Nuraghe”

descrizione
La poesia Contos de faulas / Racconti di bugie”, inviata da Nicola Loi di Ortueri, Nuoro, al Circolo “Su Nuraghe” di Biella, rappresenta una delle consuete forme assunte dalle composizioni isolane, ma che tratta argomenti ben lontani da quelli sacrali immortalati nel poeta vate.

Immagini che presentano su portu ‘e Casteddu, … semenadu a fae e a laore”. “Il porto di Cagliari, … seminato a fave e grano”;pecore che nuotano come delfini o “unu trau cun-d-un’aca, “un toro e una vacca”, piccoli, non più grandi di un gatto allevato nell’ovile; un uomo alto più di un Vatusso, con una giraffa che gli arriva al collo: “L’arrivaiat sa girafa a tuju”.

Versi composti per divertire, esagerazioni viste con una lente deformante di paesaggi, di uomini e di animali.

Poesia come intrattenimento sì, cantata ancor oggi in situazioni di festa nel capovolgimento dei ruoli del Carnevale, carica di oscenità in quelle di “s’affidu”, “il matrimonio”, irridente al potere quale forma di difesa a ricorrenti soprusi. Il poeta, sebbene in paramenti quasi da giullare medievale è sempre rivestito dell’aura di sacralità anche nella irrisione non sempre divertita.

Metricamente formale con rime e assonanze a custodire l’integrità del contenuto, Contos de faulas” appare indifferente alla poetica del “Lasciatemi divertire” futurista con divertimento solo fine a se stesso.

Il testo, nella traduzione di Gabriella Peddes, verrà inserito nell’antologia di testi per il Laboratorio linguistico “Eja emmo sì, là dove il sì suona, s’eja, s’emmo cantant”.

Incontri mensili transoceanici, che mettono in collegamento il Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella e il Circulo Sardo “Antonio Segni” di La Plata (Argentina).

Battista Saiu

Nell’immagine: l’incipit, “I”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009

 


 

Contos de faulas

Apo ‘idu sicu su portu ‘e Casteddu,

Fit semenadu a fae e a laore,

Treghentos omines postos che aneddu,

Los apo intesos cantende a tenore.

 

Sas ‘erveghes nadende che delfinu,

In mesu a undas fin a tazos mannos.

Dae continente a mare ozastrinu,

Pro arrivare bi ponen degh’annos.

 

Bidu apo unu trau cun-d-un’aca,

In sa chijina fin in su foghile.

Minores istaian in busciaca,

Sun pius mannos sos gatos de cuile.

 

Unu sirbone cun sa barra manna,

Fit mannu cantu una nave ‘e portu.

Dughentos metros fit alta sa sanna,

Pariat unu monte pustis mortu.

 

La diat a consolare sa familia,

Pensade ite ratza de ispuntinos.

Fatu a saltitza tota sa Sicilia ,

At pienadu milli magasinos.

 

In monte amus tusu unu matzone,

Chentu sacos de lana in sa coa.

Sa lana posta in-d-unu vagone,

La podes tesser sa bertula noa?

 

Jaju meu teniat una craba,

Deghe brocas de late a murghidura.

Pius dulche de su mele, de sa saba,

Pro tota una tzitade sa dulcura.

 

L’arrivaiat sa girafa a tuju,

A custu amigu meu, mannu russu.

E si pensades solu a su ‘enuju,

L’arrivaiat pius de unu Vatussu.

 

Nigolau Loi, su 3 de austu 2022

 

Racconti di bugie

Ho visto secco il Porto di Cagliari,

Era seminato a fave e a grano,

Trecento uomini messi ad anello,

Li ho sentiti cantare a tenore.

 

Le pecore nuotavano come delfino,

In mezzo ad onde fino a greggi grandi,

Dal continente fino al mare ogliastrino,

Per arrivare vi mettevano dieci anni.

 

Visto ho un toro con una vacca,

Nella cenere vicino al focolare.

Piccoli stavano in tasca,

Sono più grandi i gatti da ovile.

 

Un cinghiale con la mascella grande,

Era grande quanto una nave di porto,

Duecento metri era alta la zanna,

Sembrava un monte dopo macellato.

 

Doveva soddisfare la famiglia,

Pensando che tipo di spuntini.

Fatto a salsiccia tutta la Sicilia,

Ha riempito mille magazzini.

 

Nel monte abbiamo tosato una volpe,

Cento sacchi di lana nella coda.

La lana messa in un vagone,

Potrai tessere la bisaccia nuova?

 

Nonno mio aveva una capra,

Dieci brocche di latte a mungitura.

Più dolce del miele, della sapa,

Per tutta una città la dolcezza.

 

Gli arrivava la giraffa al collo,

A questo amico mio, grande grosso.

E se pensate solo al ginocchio,

gli arrivava più di un Vatusso.

 

Nicola Loi, 3 agosto 2022

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