Da “Su Nuraghe” una paròla piemontèisa al mèis, novembre: “M” come “Masca”

descrizione

Omaggio dei Sardi dell’Altrove alla terra di accoglienza, “omagià daj Sardagneuj fòra ’d Finagi”.

In tutte le saghe nordiche, da quelle scandinave a quelle celtiche, i primi due o tre giorni all’inizio di novembre sono da sempre il periodo in cui le streghe, convenute dai luoghi più disparati, si danno convegno e si incontrano nelle nebbie della notte in cima alla più alta e alla più vecchia delle querce. Luigi Olivero e, un secolo prima, Angelo Brofferio, due vette della poesia piemontese, dedicano famose composizioni a questo tema (di Olivero c’è addirittura un volume di poesie intitolato “Rondò dle masche”). “Masca” è un personaggio frequentissimo nel folclore piemontese, ma di difficile traduzione, perché le streghe sono solo “cattive”, mentre le masche possono essere anche buone. È comunque un nome e una personalità mitica che non ricorre nelle altre regioni d’Italia ed è chiaramente di derivazione celtica.

Ecco alcuni bei versi in piemontese di poeti / poetesse e prosatori che ci riportano a questo personaggio e agli aggettivi da esso derivati:

tërmol d’argent le lòse, ciusion mascheugn j’adoss [Revelli] = tremito d’argento le ardesie, sussurri di sortilegio le sorgenti ëd fije bërnufie, masche dël temp neuv, con la facia amblëttà, am faran dë svergne [Clivio] = ragazze sfrontate, streghe del tempo, mi faranno sberleffi sarà tò cortolèt ëd brun-a na frandin-a ordìa d’anvìe bleuve coma j’eve pì ancreuse e anmascà, còtia coma ’l verd d’avrilanda quand la brujera a speta le fior [Tavo] = sarà la tua coltre notturna una stoffa di lana e di seta ordita di desideri azzurri come le acque più profonde e stregate, morbida come il verde nei giorni d’aprile quando la brughiera attende i fiori dl’ùltima giòla a l’é viscasse ’l sàles che a cissa e a fërma ansem l’anmaginé e ’l cèl l’era ansì gris pen-a lì aranda che i l’hai gabolisà che un dij pì brav che sì l’han travajà ’nt ij sécoj d’òr, vorend-ne fé n’omagi o mascarìa, l’avèissa pituranje spress për noi [Censin] = dell’ultima fiammata si è acceso il salice che eccita e arresta insieme la fantasia e il cielo era così grigio appena lì accanto che ho almanaccato che uno dei più bravi che qui hanno lavorato nei secoli d’oro, volendoci fare omaggio o stregoneria, li avesse dipinti proprio per noi a ’l faje e ai duso a j’euj ch’a s-ciàiro ant ël top dël bòsch anmascà [Tavo] = alle fate e ai gufi agli occhi che vedono nel buio del bosco stregato.

Sergi Girardin (Sergio Maria Gilardino)

Nell’immagine: capolettera “M”, in Seicentina. Tipografi e libri nel Piemonte del ‘600. A cura di W. Canavesio, Provincia di Torino,1999, copia posseduta a Biella dal Comm. Mario Coda

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