Omaggio dei Sardi dell’Altrove alla terra di accoglienza, “omagià daj Sardagneuj fòra ’d Finagi”.
In questa torrida estate dell’anno 2022, caratterizzata da temperature ben al di sopra le medie, da siccità prolungata e da improvvisi temporali devastatori, ci consoliamo con la constatazione che tutti questi fenomeni atmosferici si verificavano già ben prima del surriscaldamente globale, tant’è che i nostri avi avevano parole per descriverli minuziosamente.
Eccone alcune:
tuf [pronuncia “tüf”] è il caldo afoso, tipico della bassa pianura padana
arlent [pronuncia “arlènt”] è il caldo estremo che toglie le forze, con forte umidità
sòfoch [pronuncia “sòfuk”] è un sostantivo per descrivere condizioni di calore tali da rendere penosa la respirazione
Da notare che la parola di base per caldo, calore in piemontese è càud, ma è di genere femminile, la càud (come la chaleur in francese, ovvero la chalour / calour in certe varianti dell’occitano alpino). Camillo Brero, grande maestro della lingua e della cultura piemontese, ci fornisce un modo di dire in cui troviamo, a mo’ di endiade, anche un’altra bella parola, banf: la càud a pòrta ’l tuf e ’l banf = il caldo porta l’afa. Banf ha a che fare con la respirazione difficoltosa, tant’è che il verbo “sbanfé” vuole dire “respirare affannosamente, ansare” (a l’é mnìje lë sbanfon = gli è venuto il fiato grosso), mentre banfé vuole dire “fiatare” (a l’ha nen banfà na paròla = non ha fiatato una parola).
Tutte queste parole sono state tratte dai versi di poeti contemporanei. È un vero peccato che lo spazio di questa rubrica, che già generosamente ci permette di condividere ben più di “una parola al mese”, non ci consenta di pubblicare anche le poesie da cui sono state tratte.
Sergi Girardin (Sergio Maria Gilardino)
Nell’immagine: pagina con incipit “T”, Sacramentarium Episcopi Warmundi (Sacramentario del Vescovo Warmondo di Ivrea): fine secolo X, Ivrea, Biblioteca Capitolare, Ms 31 LXXXVI). Priuli Verlucca,1990, copia posseduta a Biella dal Comm. Mario Coda