Radici e semantica delle parole sarde rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella
LÀḌḌARU sassar. ‘gromma, tartaro, incrostazione lasciata dal vino nelle botti’, anche araḍḍu; ‘idem’, ‘morchia di nicotina nella pipa’.
Correlata a questa voce è caregaḍḍa, aragaḍḍa log. ‘sudàmina, lattime’ (in caregaḍḍa si nota il composto con cara- ‘viso’). Zonchello ritiene caregaḍḍavariante campid. di aragaḍḍu, log. e sassar. araḍḍu etc. che genericamente significa ‘incrostazione di sporcizia’. Egli comunque non produce una valida etimologia.
Va anzitutto premesso che araḍḍu ha stretta parentela fonetica (sia pure perdendo la –ga-) con aregaḍḍa, aragàḍḍa, làḍḍaru che a Senorbì indica l’orticaria. Wagner dà per aragaḍḍu, aregaḍḍa, aragaḍḍa, argaḍḍu, grağaḍḍu e altre varianti il significato di ‘gromma di pipa; crosta; tartaro delle botti o dei denti; sporcizia, sudiciume’, ma dà anche il significato di ‘lattime’ (crosta eczematosa che si forma sulla testa dei neonati: Perdasdefogu); per aregaḍḍa dà infine il significato di ‘sudàmina’ (crosta rossa lasciata dal sudore sulla cute, che dà molto prudore). Non dà invece il significato di ‘acariasi’ ossia ‘prurito furioso causato dagli acari del granaio’. Secondo lui (e secondo Zonchello che lo segue: DMCDS 78, 172), le voci concordano per il significato col cat. carrall ‘sarro de la pipa, de los dientes’, ‘scoria, tartaro, incrostazione, gromma’.
Ma pure il termine catalano avrà, vivaddio, un etimo, il quale non appare chiaro presso alcun ricercatore. Ed è perché il termine sardo e, nonostante la metamorfosi, pure quello catalano, derivano dal bab. araḫḫu(m) (+ suff. –alla, –adda) che significa ‘silo casareccio, magazzino casareccio’. Anche qui, come accade spesso, la forma sarda mostra un’evoluzione semantica rispetto al termine originario, producendo l’effetto per la causa, ossia gli effetti prodotti dai silos casarecci, che nella stagione calda erano soggetti a massicce predazioni dei curculionidi, sulle cui scorie eduli (polveri bianche) si insediavano colonie di minutissimi acari i quali assalivano anche la pelle degli uomini producendo, oltre alle orticarie, vere e proprie acariosi.
Salvatore Dedola, glottologo-semitista
Nell’immagine: l’incipit, “L”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009