Sulle prime propaggini delle Alpi, a Pettinengo, conosciuto come il “balcone del Biellese”, con l’arrivo di maggio rifiorisce una tradizione antica e profondamente radicata: la recita serale del Santo Rosario presso il suggestivo oratorio seicentesco di Canton Gurgo. Questo piccolo gioiello del barocco piemontese, intitolato ai Santi Grato d’Aosta ed Eusebio da Cagliari, è tornato a vivere dopo un accurato intervento di restauro promosso dal Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella, in sinergia con realtà associative e istituzioni del territorio. Oggi è di nuovo un luogo vissuto, punto di incontro, spiritualità e dialogo interculturale.
Ogni sera alle 20:15, durante il mese mariano, l’oratorio si trasforma in uno spazio raccolto e condiviso, dove la fede si intreccia con le radici linguistiche e culturali di chi vi partecipa. La recita del Rosario, guidata dal diacono Elio Ceresa, non è soltanto un rito di devozione, ma si configura come un vero e proprio laboratorio linguistico e spirituale. Un’esperienza che si inserisce nel solco tracciato da Papa Francesco, il quale più volte ha invitato i fedeli a pregare nella “lingua dei nonni”, esortando a riscoprire la forza della lingua materna come custode della memoria e della fede.
“La fede si trasmette in dialetto” – ha affermato il Pontefice, sottolineando come le lingue locali siano portatrici di sentimenti profondi, ricordi familiari e valori spirituali. Pregare nella lingua delle origini non è soltanto un ritorno alle radici, ma un gesto potente che ancora la spiritualità alla vita quotidiana, rendendola tangibile, autentica, vicina.
A Pettinengo, questa visione si realizza in maniera concreta: in alcune serate, il Rosario viene intonato in lingua sarda e recitato in piemontese, coinvolgendo la comunità in momenti di intensa partecipazione emotiva e simbolica. Fogli liturgici bilingui, con i testi del Rosariu cantadu in limba sarda e nella variante piemontese locale, vengono distribuiti affinché tutti possano seguire e partecipare attivamente, facendo della preghiera un atto comunitario e inclusivo.
Le melodie tradizionali di Atzara e Belvì, che accompagnano alcune delle preghiere, aggiungono una dimensione sonora che tocca il cuore. Sono suoni che evocano paesi lontani ma vicini nello spirito, che riaccendono memorie e creano legami tra generazioni e culture. È qui che la diversità linguistica si fa preghiera condivisa, terreno fertile per un dialogo interculturale autentico e profondamente umano.
L’oratorio di Canton Gurgo si presenta dunque come un laboratorio spirituale innovativo, dove la tradizione non è nostalgia, ma forza viva che si rinnova. Dove il Vangelo prende corpo nella cultura del popolo, e la fede diventa linguaggio quotidiano, espresso con le parole più intime e sincere.
Questa iniziativa non è solo un momento di preghiera, ma un autentico gesto di tutela del patrimonio culturale immateriale. Mantenere viva la lingua materna significa preservare una visione del mondo, un’identità collettiva, un legame profondo con il divino. In questo spazio sacro, le anime sarda e piemontese si incontrano e dialogano, offrendo al Biellese – e non solo – un esempio concreto di come la fede possa davvero farsi ponte tra le culture, incarnandosi nel vissuto di ciascuno, con parole semplici ma cariche di eternità.
Salvatorica Oppes
Nella foto di repertorio: scorcio dell’oratorio di Canton Gurgo durante il mese di maggio.