Radici e semantica delle parole sarde rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella
AKETTA, akitta ‘cavallino della Giara’. La base etimologica parrebbe il sumero akkanum ‘wild donkey’, che col tempo sarebbe divenuto un diminutivo (akkitta) poiché i ponies della Giara in origine, molti millenni addietro, erano più piccoli degli asini selvatici.
Invero, la reale base etimologica non è quella citata ma l’egizio geroglifico åḥṭ ‘stall, stable’, åqḥ ‘to enter, invade, rush in’, åqeṭu ‘labourer, workman’. Da questi tre vocaboli si capisce che in origine il termine era riferito allo stallone, al cavallo da monta. Solo in seguito il termine passò a distinguere un certo tipo di cavallo, a prescindere dal sesso.
Col termine aketta fu descritto anzitutto il cavallino esistente nell’isola di S. Antioco. Nel 1812 Francesco d’Austria-Este, grande intenditore, poteva ancora affermare: “Ve ne sono poi degli assai piccoli, e finalmente nell’isola di S. Antioco, e in qualche altro luogo della Sardegna vi sono le cosiddette achette che sono una spezie di cavallini piccolissimi selvatici, che vanno liberi a mandre e dei quali poco uso se ne fa, e non sono ammansati ma selvatici, stando tutto l’anno in campagna: questa è una qualità di cavalli che per la loro piccolezza non se ne vede in alcun altro paese. Hanno la perfetta proporzione di cavallo, ma in piccolo; ve ne sono molte di queste achette, sulle quali un uomo grande può mettersi a cavallo, e toccare dalle due parti colle punte dei piedi in terra”.
Successivamente anche Alberto della Marmora ebbe a che fare con delle akette, una delle quali gli fu regalata ma morì di crepacuore.
Salvatore Dedola, glottologo-semitista
Nell’immagine: l’incipit, “A”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009