Nel Biellese, la Pasqua parla anche sardo: “sos nenneres”, il grano germinato unisce fede, memoria e radici

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Biella – Nel cuore del Biellese, ai piedi delle Alpi, vive una comunità che, pur lontana dalla propria terra d’origine, non ha mai smesso di custodire e rinnovare le sue radici. Sono i Sardi trapiantati in Piemonte, che, anche quest’anno, si preparano a celebrare la Pasqua con un gesto semplice ma profondamente simbolico: la coltivazione e l’offerta del grano germinato, i tradizionali “sos nenneres”, testimoni silenziosi di un’identità viva e di una spiritualità che attraversa i secoli.

Non si tratta soltanto di un’usanza legata al mondo agricolo, ma di un rito carico di significati che intreccia fede, memoria collettiva e legame con la terra. In occasione della Pasqua 2025, il Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella ripropone il rito dei sos nenneres, piccoli piatti di grano germinato nel buio, destinati ad adornare le cappelle del Santissimo Sacramento durante la liturgia del Giovedì Santo. Un gesto antico, che diventa ponte tra generazioni e territori.

Il grano usato per questo rito non è scelto a caso: proviene dall’area monumentale di “Nuraghe Chervu”, luogo simbolico dove si incontrano idealmente la storia millenaria della Sardegna nuragica e il paesaggio alpino piemontese. È qui che l’Azienda Agricola “La Torre” di Roberto e Grazia Mercandino, aderente alla Rete Agricola Teri Tori, cura la semina di una varietà tradizionale: il cosiddetto “grano dell’abbondanza”. Una cultivar antica, seminata con tecniche rispettose dell’ambiente – come la bassa concimazione di copertura – che garantisce un prodotto dal basso contenuto di glutine, lavorato secondo metodi artigianali.

Il grano, dopo la raccolta, viene macinato nel mulino a pietra di Daniele Vallini, a Pavignano, dando origine a una farina rustica e profumata, di un naturale colore paglierino. Questa “farina dell’abbondanza” trova poi nuova vita nelle mani sapienti di Daniela e Manuel, panificatori di Mosso (Valdilana), titolari del forno “Frangipane”, specializzato nella produzione di pane biologico di montagna. Un filo invisibile unisce così la terra sarda e quella piemontese, passando attraverso il lavoro contadino, l’arte bianca e i riti della fede.

Nel tempo liturgico della Quaresima, dominato dal colore viola della penitenza, la IV domenica detta di laetare, di letizia, si tinge di rosa, preannunciando la gioia della Resurrezione. È in questo momento che, nella tradizione popolare, iniziano i preparativi concreti per la Pasqua, tra cui la messa a dimora per la germinazione dei semi, che saranno poi portati in chiesa il Giovedì Santo. Un gesto che affonda le sue radici nel mondo mediterraneo antico, dove la crescita al buio di grano, lenticchie, lino o ceci rappresentava il ciclo eterno della vita, della morte e della rinascita.

Un simbolismo condiviso da molte civiltà del Mediterraneo, assorbito dal Cristianesimo ma nato ben prima, nel cuore della “mezzaluna fertile”. Un patrimonio culturale che i Sardi di Biella continuano a tramandare, intrecciandolo con la spiritualità cristiana e con la sensibilità contemporanea verso la natura e il territorio.

«Non è un caso – osserva Battista Saiu, presidente del Circolo “Su Nuraghe” – che la data della Pasqua cristiana sia ancora oggi determinata da un evento astronomico: la prima luna piena dopo l’equinozio di primavera. È il momento in cui il sole, entrando nella costellazione dell’Ariete, “feconda” simbolicamente la luna, illuminandola per intero. Un legame cosmico che ci rimanda al Noruz, il capodanno zoroastriano celebrato in Iran, patria simbolica dei Re Magi, e che ritroviamo nei nostri riti pasquali, dove l’agnello diventa emblema di redenzione e rinascita».

Quella di sos nenneres, dunque, non è solo una pratica religiosa. È un atto identitario, un modo per riaffermare l’appartenenza a una comunità e per rafforzare il legame tra le due terre: la Sardegna delle origini e il Piemonte dell’accoglienza. È anche un invito a riscoprire i saperi dimenticati, i gesti ancestrali che, come semi nel buio, tornano a fiorire ogni anno con la stessa forza.

«Segni e saperi antichi, spesso dimenticati – conclude Saiu – ma che riaffiorano con forza nei nenneres del Giovedì Santo, portati dai Sardi nelle chiese biellesi. Gesti silenziosi che parlano di fede, cultura e appartenenza, rinnovando ogni anno il legame profondo con le nostre origini».

Nel germogliare di un seme, custodito nel silenzio e nel buio, si compie un piccolo miracolo di speranza e memoria. Un rito che unisce il cielo alla terra, il passato al presente, la Sardegna al Piemonte, nella solennità della Pasqua cristiana. Un legame profondo, che si rinnova ogni anno nella semplicità di un piatto di grano germinato e nel cuore di una comunità che non dimentica.

Simmaco Cabiddu

Mosaico di immagini di nenneres nella Pasqua biellese 2025

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