“Rosariu cantadu” a Pettinengo per pregare in sardo e in piemontese

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Appuntamento giovedì 23 maggio, ore 20:15 – “su Rosariu cantadu” in sardo e in piemontese

Da anni, gli abitanti di canton Gurgo di Pettinengo, tutte le sere del mese di maggio alle ore 20:15, si incontrano per pregare nella chiesa intitolata ai Santi Grato di Aosta ed Eusebio da Cagliari.

Nella piccola perla del Barocco piemontese, seicentesca aula dell’antico oratorio (restaurato da “Su Nuraghe” di Biella con il generoso concorso della popolazione locale) riecheggiano preghiere nelle varianti linguistiche ancestrali – sardo e piemontese – stabilendo un contatto diretto, più intimo, con la divinità grazie a Maria “intercessora”, la prima ad intercedere preso Dio.

Nel mese dedicato alla “Mamma celeste”, la recita delle poste del Santo Rosario oltre che in italiano e latino, vengono appaiate a quelle in piemontese, nella variante di Canton Gurgo di Pettinengo. Frutto di elaborazione linguistica, messa a punto nelle edizioni precedenti, il Rosario in lingua piemontese fa il paio con “su Rosariu cantadu” che verrà intonato giovedì 23 maggio 2024 dalla comunità dei Sardi di Biella nelle melodie tradizionali di Belvì e di Atzara (Nuoro). In questo caso, i testi utilizzati sono quelli codificati in “Su Catechismu brevi”, pubblicato ad Oristano nel 1922 da mons. Giorgio Francesco Maria del Rio ((1865-1938), arcivescovo metropolita arborense dal 1920, protettore dell’Istituto delle “Figlie di San Giuseppe”, suore presenti a Biella nella Clinica Villa Vialarda fino al recente loro trasferimento a Roma.

La preghiera mariana di Pettinengo, guidata dal diacono Elio Ceresa, è in perfetta sintonia con le parole più volte pronunciate da papa Francesco fin dall’inizio del suo pontificato. Come la nota affermazione del maggio 2019: “il buon Pastore ha l’odore delle pecore”. Frase in risposta alla domanda: “di cosa ha bisogno la Chiesa?”. A questa fa eco quella più recente, pronunciata il 30 gennaio 2021 durante l’incontro promosso dall’U.C.N. (Ufficio Catechistico Nazionale) della Conferenza Episcopale Italiana nel 60° della sua istituzione. “La vera fede – ha aggiunto ‘a braccio’ il pontefice nel suo discorso – va trasmessa con il dialetto della vicinanza. I catechisti – ha sottolineato il Santo Padre – devono imparare a trasmetterla in dialetto, cioè quella lingua che viene dal cuore, che è nata, che è proprio la più familiare, la più vicina a tutti. Se non c’è il dialetto, la fede non è tramessa totalmente e bene”.

Salvatorica Oppes

Allegato: Pettinengo, recita del Rosario nella chiesa di Canton Gurgo (archivio)

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