Fotovoltaico e pale eoliche: poesia di Nicola Loi per “Su Nuraghe”

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Nell’accelerazione di una sconsiderata modernità, che avanza consumando suolo e distruggendo paesaggio, giunge al Circolo Culturale Sardo di Biella la poesia di Nicola Loi di Ortueri (Nu).

Come antico vate, alta si leva la sua voce attraverso i versi “Modernos barones / Moderni baroni”, in quanto “Cherent pianas pro fotovoltaicos, / E sas alturas pro palas eolicas”, “Vogliono pianure per fotovoltaici / e le montagne per pale eoliche”. Il suo non è rifiuto della modernità, bensì “sana chelvija”, buon senso, “sano cervello”.

Da sempre, per i Sardi, lo straniero, e tutto ciò che viene da fuori, è evangelicamente ben accolto, siano persone o tecnologia. Messaggio di fratellanza e apertura ben esplicitato già nella seconda quartina: “Bene arrivet sa modernidade, / Cando no tocat mai sos nuraghes. / Benzat deretu, ma cun amistade, / No chelfant isconzare custa paghe”. Vale a dire: “Bene arrivi la modernità, / quando non tocca mai i nuraghi. Venga diritto, ma con amicizia, / non vogliano rovinare questa pace”.

Alcuni versi sono dedicati al riconoscimento delle istituzioni regionali appena insediate nelle quali, rinnovando fiducia, auspica che siano loro ad indicare nell’interesse dell’Isola “in ue cherent postas”, “dove essere poste”, collocate, le invasive pale eoliche utili al fabbisogno della Sardegna, perché “Custa terra no est una teraca, / Chi leant a s’orija sos romanos”, “questa terra non è una serva / che prendono per l’orecchio i romani”.

Sentimenti condivisi, che trovano sponda in diversi strati della società. In contemporanea, arriva al Circolo “Su Nuraghe”, la fotografia di Fabrizio Bibi Pinna, autore di La Sardegna oltre al mare; con la compagna di vita Alessandra Cossu, ha documentato e documenta migliaia di siti sparsi in tutta l’isola. “Il mio – afferma Fabrizio – è uno scatto simbolico del nuraghe Goni (Nuoro), con le pale che avanzano, che anche i giornali hanno condiviso”. Nel presentare il suo libro scrive: “Abbiamo investito ogni nostro risparmio in attrezzature e spostamenti percorrendo qualcosa come 200.000 km in 5 anni in quanto riteniamo importante far conoscere a tutti questi tesori, mostrando che la Sardegna non è da vivere solo in estate per il suo splendido mare, ma tutto l’anno, anche nei mesi invernali”.

Immagine a corredo delle dieci quartine che – nella traduzione di Gabriella Peddes di Tonara, con la revisione di Roberto Perinu – verranno inserite nell’antologia di testi del prossimo appuntamento (martedì 21 maggio 2024) con il Circulo sardo “Antonio Segni” di La Plata (Argentina): laboratorio linguistico transoceanico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant”, per imparare a leggere e a scrivere in lingua materna contemporanea: contributo concreto e visibile in difesa della terra di origine da parte dei Sardi di “su disterru”, gli emigrati che vivono nei cinque continenti.

Battista Saiu

Nell’immagine, Nuraghe Goni (Nuoro), fotografia di Fabrizio Bibi Pinna

 

Modernos barones

Cherent fagher’ a solos sos mosaicos,

A nois semper dolores e colicas.

Cherent pianas pro fotovoltaicos,

E sas alturas pro palas eolicas.

 

Bene arrivet sa modernidade,

Cando no tocat mai sos nuraghes.

Benzat deretu, ma cun amistade,

No chelfant isconzare custa paghe.

 

Como sa noa amministratzione,

Devet narrer’ inue cherent postas.

Devet issa leare su timone,

In sa piana, siat in sas costas.

 

Custa terra no est una teraca,

Chi leant a s’orija sos romanos.

Sa zente de abusos est istaca,

Taglionados da-e sos italianos.

 

Casteddu at a fagher’ su progetu,

Ue si ponent pannellos e palas.

Ma chi lassent su populu chietu,

Leare no nos devent a sas malas.

 

O li faghimus bider’ su proite,

E s’astula si che torrant a domo,

Che-a sos Corsicanos dinamite,

Ca si faghent intender’ los fentomo.

 

Unidos las faghimus chentu cosas,

E bessint fatas bene sas fainas.

No est ca bois leades sas rosas,

E lassades a nois sas ispinas.

 

Nois cunfidamus in sa junta noa,

Chi sia arma bona e bonu iscudu.

Custa est tra medas un’atera proa,

Su populu a costazu est un’azudu.

 

Monte Arci cun Grighin’e sa Jara,

Chi postu apo in atera cantone.

No iscontzamus cussa prenda rara,

No benzedas cun mala intentzione.

 

Chi siat totu fatu in bon’aúra,

Cun bona idea e sana chelvija.

Lu naro a sogra pro l’intender nura,

Ma totucantos parade s’orija.

Nigolau Loi, su 10 de maju 2024

 

Moderni baroni

Vogliono fare da soli i mosaici,

A noi sempre dolori e mal di pancia (coliche).

Vogliono pianure per fotovoltaici,

E le montagne per pale eoliche.

 

Bene arrivi la modernità,

Quando non tocca mai i nuraghi.

Venga diritto, ma con amicizia,

Non vogliano rovinare questa pace.

 

Ora la nuova amministrazione,

Deve dire dove vanno piazzate.

Deve lei prendere il timone,

Nella pianura, sia sulle alture.

 

Questa terra non è una serva,

Che prendono per l’orecchio i romani.

La gente di abusi è stanca,

Ricattati dagli italiani.

 

Cagliari farà il progetto,

Dove si mettono pannelli e pale.

Ma che lascino il popolo tranquillo,

Portare non ci devono malamente.

 

O gli facciamo vedere il perché,

E la scheggia sì che torna a casa,

Come per i Corsi dinamite,

Perché si fanno sentire li cito.

 

Uniti le facciamo cento cose,

E vengono fatte bene le faccende.

Non è che voi prendete le rose,

E lasciate a noi le spine.

 

Noi confidiamo nella giunta nuova,

Che sia arma buona e buono scudo.

Questa è tra tante un’altra prova,

Il popolo al fianco è un aiuto.

 

Monte Arci con Grighine e la Giara,

Che ho scritto in altra canzone.

Non disfiamo quella perla rara,

Non veniate con cattiva intenzione.

 

Che sia tutto fatto con buon senso,

Con buona idea e sano cervello.

Lo dico a suocera perché lo senta nuora,

Ma tutti quanti prestate orecchio.

Nicola Loi, 10 maggio 2024

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