“Sardigna libera/Sardegna libera”. Nei versi di Nicola Loi la protesta dei Sardi contro invasione eolica e fotovoltaica

descrizioneParla di attualità la poesia, che Nicola Loi di Ortueri (Nuoro) ha inviato al Circolo Culturale Sardo di Biella. Otto quartine in versi endecasillabi per dar voce alla montante protesta dei Sardi contro l’invasione eolica e fotovoltaica, che vede l’Isola oggetto di nuove razzie da parte di multinazionali, faccendieri e speculatori protetti dall’ombrello europeo della transizione verde.

Se da una parte, la nuova Giunta regionale della Sardegna, guidata da Alessandra Todde, ha approvato il disegno di legge n. 15/A, che decreta per 18 mesi lo stop alla costruzione di nuovi impianti sull’isola, dall’altra, lo Stato centrale di Roma ha convertito in Legge la norma “urbanistica” per la tutela delle «zone E». Norma che non vale per la Sardegna, che ne rimane esclusa. “Una beffa senza precedenti in questo assalto “vigliacco” dello Stato all’Isola del sole e del vento. L’operazione era stata studiata a tavolino, portata a termine senza alcun sussulto, con la complicità di molti e il silenzio di tanti”, scrive Mauro Pili, caporedattore del quotidiano L’Unione Sarda, presidente emerito della Regione Autonoma della Sardegna nel 1999 e dal 2001 al 2003.

Parole dure cui si sommano quelle del Poeta, che ricorda: “Ma prima de intrare a domo mia,/ Cheria puru chi tocherent sa janna”, vale a dire: “Ma prima di entrare in casa mia,/Vorrei pure che bussassero alla porta”.

In un crescendo, i versi alzano i toni con il proverbio: “Torramus a su ciafu s’istocada, restituiamo allo schiaffo la stoccata”.

Nella traduzione di Gabriella Peddes di Tonara, con la revisione di Roberto Perinu, i versi verranno inseriti nell’antologia di testi del prossimo appuntamento (martedì 30 luglio 2024) con il Circulo sardo “Antonio Segni” di La Plata (Argentina): laboratorio linguistico transoceanico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant”, per imparare a leggere e a scrivere in lingua materna contemporanea: contributo concreto e visibile in difesa della terra di origine da parte dei Sardi di “su disterru”, gli emigrati che vivono nei cinque continenti.

Simmaco Cabidu

Nell’immagine, pale eoliche su Bonorva viste da Giave (foto di G.S.); locandina

 

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Sardigna libera

Bois mi cumprendides su proite,

Cherimus libertade in custa terra.

Sen’arrivare a sa dinamite,

Sen’arrivare a fagher’ sa gherra.

 

Ma prima de intrare a domo mia,

Cheria puru chi tocherent sa janna.

No ant cumpresu chi sa rebbellia,

A boltas batit finas gherra manna.

 

Che in America cuddos Indianos,

Chi bidu nd’ant de totu sos colores.

Ma ite cherent sos Italianos?

Chi b’apat logu pro sos invasores.

 

De nos restare mudos a un’ala,

Cun sos montes che trumbitas de festa.

Su mare nostru che una vista mala,

Fata a campu rasu sa foresta.

 

Ma segamus unidos sa cadena,

De custos ricos modernos barones.

Roma de custas palas siat piena,

E sas pianas de sos pulentones.

 

Sa Sardigna in manos de sos Sardos,

Cun pasturas e campos de laore.

Inoghe no cumandant sos Lombardos,

Gia lu tenimus su guvernadore.

 

Besside da-e sa ‘idda e sa tzitade,

Medas, sabios, balentes e unidos.

Siat pro custos sa disamistade,

A un’ala sos colores e partidos.

 

Posta in sa mesa sa lughente ‘idea,

Chi sa carrela agatent serrada.

Ant a pesare manna una marea,

Torramus a su ciafu s’istocada.

Nigolau Loi, su 26 de triulas de su 2024

Sardegna libera

Voi mi comprendete il perché,

Vogliamo libertà in questa terra.

Senza arrivare alla dinamite,

Senza arrivare a fare la guerra.

 

Ma prima di entrare in casa mia,

Vorrei pure che bussassero alla porta.

Non hanno compreso che la ribellione,

A volte porta anche guerra grande.

 

Come in America quelli Indiani,

Che visto ne hanno di tutti i colori.

Ma cosa vogliono gli Italiani?

Che vi sia luogo per gli invasori.

 

Di restarcene zitti da una parte,

Con i monti come trombette di festa.

Il mare nostro come una vista deturpata,

Ridotta a campo raso la foresta.

 

Ma seghiamo uniti la catena,

Di questi ricchi moderni baroni.

Roma di queste pale sia piena,

E le pianure dei polentoni.

 

La Sardegna in mano ai Sardi,

Con pascoli e campi di grano.

Qui non comandano i Lombardi,

Già l’abbiamo il governatore.

 

Uscite dal paese e la città,

Molti, saggi, valorosi e uniti.

Sia per questi l’inimicizia,

Da una parte i colori e i partiti.

 

Messa in tavola la lucente idea,

Che la strada trovino sbarrata.

Dovrà sollevarsi alta una marea,

Restituiamo allo schiaffo la stoccata.

 

Nicola Loi, 26 luglio 2024

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