Arriva da Sassari “A iffidá lu zeru/ A sfidare il cielo”, nuova poesia per il Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella. Opera di Mario Marras scritta in Sassarese, parla della devastazione eolica della Sardegna, dove si sradicano alberi e frutteti con espropri coatti. Opera che va ad arricchire due raccolte di poesie e la pubblicazione della traduzione e reinterpretazione sassarese di trenta favole di Fedro.
Difensore della cultura locale, il prof. Marras tiene laboratori di Sassarese a vari livelli. “Recentemente – dichiara l’ex docente di lettere del Liceo linguistico “Castelvì” di Sassari – mi sono occupato, con il prof. Maurizio Virdis e il dr. Riccardo Mura della predisposizione dello standard ortografico del Sassarese, approvato e adottato il 30 aprile 2024, dalla Regione Autonoma della Sardegna”.
L’ amore in versi sciolti traspare già dall’incipit con accenti giusti e giusta musicalità, descrivendo lo scempio dell’Isola assediata da pale eoliche alte anche oltre 300 metri. Verrebbero conficcate nella millenaria terra dei padri “A iffidà lu zeru/e furazzìnni l’aria,/àiburi/di ferru althi e pricuniosi/chi mai vedarani ràsuri”. “A sfidare il cielo/e rubarci l’aria,/alberi/di ferro alti e presuntuosi/che mai vedranno le rondini”.
Si sta consumando una nuova invasione in nome di una cosiddetta transizione verde, imposta dall’alto sempre e ancora sulla pelle dei Sardi.
“Chena ritegnu/li laddri nobi,/abbramiddi e in zercha di dinà/sobr’a la peddi/di chistha terra ancora isciàba e chena amparu”. “Senza ritegno/i ladri nuovi,/famelici e a caccia di/denaro/sulla pelle/di questa terra ancora schiava/e senza protezione”.
Con la revisione di Roberto Perinu, la composizione verrà inserita nell’antologia di testi del prossimo appuntamento (martedì 27 agosto 2024) con il Circulo sardo “Antonio Segni” di La Plata (Argentina): laboratorio linguistico transoceanico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant”, per imparare a leggere e a scrivere in lingua materna contemporanea: contributo concreto e visibile in difesa della terra di origine da parte dei Sardi di “su disterru”, gli emigrati che vivono nei cinque continenti.
Battista Saiu
Nell’immagine, Villacidro (Sud Sardegna), cantiere eolico, terreno spianato e alberi abbattuti.
A iffidá lu zeru
A iffidà lu zeru
e furazzìnni l’aria,
àiburi
di ferru althi e pricuniosi
chi mai vedarani ràsuri.
Cassisìa muntiggiu
impriaddu
pa’ imprisgiunà maisthrari
e tramuntana,
e càbburi undì crescini
milli ippicci.
Chena ritegnu
li laddri nobi,
abbramiddi e in zercha di dinà
sobr’a la peddi
di chistha terra ancora isciàba
e chena amparu.
Oggi finz’e lu ventu
séivi pa’ l’aòrru,
no basthaba lu sagrasthu
fattu in anni e anni!
Veni la genti anzena
no invitadda
a missà inogghi
undì no à mai siminaddu,
undì li solchi
di la varghogna
so firiddi
ancora sanguroni.
Mario Marras, 12 d’aosthu 2024
A sfidare il cielo
A sfidare il cielo
e rubarci l’aria,
alberi
di ferro alti e presuntuosi
che mai vedranno le rondini.
Qualsiasi collina
usata
per imprigionare maestrale
e tramontana,
e terreni dove crescono
mille specchi.
Senza ritegno
i ladri nuovi,
famelici e a caccia di denaro
sulla pelle
di questa terra ancora schiava
e senza protezione.
Oggi perfino il vento
serve per l’arricchimento,
non bastava il disastro
fatto per anni e anni.
Viene la gente estranea
non invitata
a mietere qui
dove non ha mai seminato,
dove i solchi
della vergogna
sono ferite
che ancora sanguinano.
Mario Marras, 12 agosto 2024