Nella storia della musica di tutto il mondo, fenomeni vocali di straordinaria musicalità sono conosciuti da sempre e in tutte le culture e le tradizioni, da oriente ad occidente, sia nel passato sia nel presente – la voce fenomenale trascende la casualità temporale della sua localizzazione e del constesto musicale in cui opera
La teorizzazione metafisica del suono appare nella letteratura musicologica indiana a partire dal IX secolo d. C. e prosegue, con varianti non sostanziali e riprese fino almeno al XVIII.
Il suono creatore, nada, unito al principio dell’universo, il brahman, dà vita a tutto, dei e creature umane, animali e vegetali, fino alle forme più solide, quali i minerali. All’inizio del processo sta il brahman, immobile, ineffabile e inudibile: al termine, sta il mondo concreto di cui tutti siamo parte. Il percorso, liberatorio, si compie nei due sensi: dal brahman verso la concretezza mondana e dalla mondanità verso il brahman.
Nel contesto specifico della musica, il brahman è suono, meglio energia sonora, la pratica della quale può condurre alla liberazione dal cerchio infinito delle rinascite.
Nel corpo umano, l’energia sonora si manifesta come voce e, come tale, avoca a sé la priorità nel campo della musica nei confronti della musica strumentale: in effetti, la musica, in sanscrito, è indicata da un termine che significa canto.
La voce, ovviamente, può essere sia normale sia musicale e, in quest’ultimo caso, può assumere connotazione di eccezionalità.
Nella storia della musica di tutto il mondo, fenomeni vocali di straordinaria musicalità sono conosciuti da sempre e in tutte le culture e le tradizioni, da oriente ad occidente, sia nel passato sia nel presente. Ma, per trovare una descrizione precisa del fenomeno, bisogna restare in India. E’ qui che, in un testo della metà del 1200, “Il tesoro dei gioielli della musica“, si incontra la prima formulazione scritta della cosiddetta voce fenomenale.
Il trattato, vera enciclopedia del sapere musicale indù, descrive un fenomeno vocale caratterizzato da eccelsa qualità vocale, straordinaria memoria musicale, immediata capacità di suscitare emozione in chi ascolta.
Ribadisco che il fenomeno della voce fenomenale era, ed è, sicuramente noto a tutte le culture musicali: invece, la priorità, e l’unicità, della formulazione scientifica spetta alla musicologia indiana.
Il cosiddetto fenomeno vocale manifesta da sempre straordinaria musicalità, che si evidenzia nella facilità di memorizzare e di riprodurre i brani musicali con voce che resta intatta e uniforme nei tre registri, basso, medio e acuto, senza perdere di melodiosità né, tanto meno, di intonazione per l’intera durata dell’esecuzione.
Altrettanto intatta resta, per tutto il brano, la potenza misurata e controllata dell’emissione vocale, che stupisce per la meravigliosa musicalità. L’ho detto, si tratta di un fenomeno e, come tale, è un dono: ci si nasce e non può essere né appreso né trasmesso. Ma, anche se dono, va coltivato e custodito gelosamente perché, proprio come è stato donato, così può perdersi. Vale a dire che, anche il fenomeno, ha il dovere di studiare e di impegnarsi, quasi fosse un qualsiasi musicista.
E dal fatto che il dono non può essere appreso consegue che può nascere dovunque: non sono, quindi, la cultura né il gusto musicale a creare la voce fenomenale, ma Dio, come dice il testo indiano, che distribuisce, con logiche sue, il dono stesso.
Ciò significa, prima di tutto, che la voce fenomenale trascende la casualità temporale della sua localizzazione e del contesto musicale in cui opera: chiunque può essere il destinatario di tale eccelsa qualità, in qualunque situazione. Poi, che non è certo né solo il contesto della lirica occidentale a poter rivendicare la prerogativa della fenomenalità: tant’è vero che, lo si è detto, la sua descrizione teorica nasce nel contesto della musicologia indiana, dove è attestata da oltre otto secoli e dove si descrive, è ovvio, un fenomeno già noto e conosciuto nel passato.
Ma, per tornare a noi, come non inscrivere, nel novero di questi divini fenomeni, anche la voce fenomenale di Maria Carta?
Fenomeno, certo, soprattutto per l’immediata capacità di commuovere e di restare nella memoria con la commozione suscitata: commozione che, primaria nel pensiero estetico musicale indiano, la pone al di fuori e al di sopra del genere musicale in cui si è manifestata: contingenza che trascende la temporalità – inevitabile – e la pone oltre il momento e la situazione storica in cui si è espressa.
Fenomeno, allora, che fa di Maria Carta un patrimonio e un dono non solo della Sardegna, ma un tesoro musicale che appartiene all’umanità intera.
Roberto Perinu
(intervento al Premio Maria Carta 2010)