Teatro popolare sacro a Biella «Il ritorno del Gelindo»

Venerdì 17 dicembre, alle ore 21, a Biella, nella Basilica di San Sebastiano, andrà in scena “Il ritorno del Gelindo, Oggi come Ieri“. Replica, domenica 19 dicembre, alle ore 16, a Graglia, nella Chiesa dell’antica Confraternita di Santa Croce e della Santissima Trinità.

Locandina gelindo
Locandina che annuncia il primo Gelindo biellese del Terzo Millennio.

Il Gelindo è una sacra rappresentazione nota, soprattutto in Piemonte, fin dal XVII secolo. Di essa ci sono giunti diversi manoscritti e alcune edizioni a stampa del Primo Ottocento. Rappresentazioni del Gelindo sono attestate nel Biellese, nel Novarese e nell’Alessandrino. Un libro dei conti della chiesa parrocchiale di Mosso Santa Maria, accenna, in data 10 gennaio 1830, alle spese fatte nel giorno dell’epifania “per il fitto dei costumi, per la musica e per il palco“, probabilmente riferito ad una rappresentazione del Gelindo. Certo è che di Mosso sono note le edizioni del Gelindo del 1924, 1925 e 1926, riprese, con cadenza decennale, nel 1937 e nel 1946, col progetto – mai realizzato – di rimetterlo in scena nel 1955.
Nel Biellese, la 23° edizione del presepio gigante allestito alla Frazione Marchetto di Mosso Santa Maria (Biella) – uno dei presepi più grandi al mondo – sarebbe l’erede statico dell’antico teatro popolare natalizio attivo sulle montagne biellesi. Per l’edizione del 2010, l’allestimento degli oltre 150 personaggi verrà dislocato anche presso due significative località: al Ricetto di Candelo, a partire dal 5 dicembre, e a Villa Mossa di Occhieppo Superiore, dal 18 dicembre.
Oggi, a Biella, un gruppo di giovani attori, Mirko Cherchi, Francesco Logoteta, Veronica Morellini e Marinella Solinas, unitamente alle “Voci di Su Nuraghe“, compagine che accoglie coristi di diverse formazioni biellesi, ha deciso di raccontare il Natale, mettendo in scena l’Atto unico in sei quadri di Ludovica Pepe Diaz, dal titolo”Oggi come Ieri”.
Scritto negli anni Sessanta del Novecento, racconta della migrazione italiana interna, caratteristica che ha profondamente segnato quel periodo storico.
A livello locale, ne è traccia vivente oltre la metà dei “nuovi Biellesi”, originari di altre regioni d’Italia. Tant’è che, su una popolazione di 38.524 residenti adulti, solo 16.850 risultano nati a Biella; di più, non tutti i nati nella città della lana sono figli di Biellesi.
Il copione di Ludovica Pepe Diaz, che i Sardi mettono in scena, è ascrivibile alla businà, il caratteristico prologo che contraddistingue certe edizioni del Gelindo, come, per esempio, quella del 1949, scritta dal padre cappuccino Giovanni Maria Tognazzi per le ACLI di Sant’Agabio di Novara.
La businà del Gelindo non è un fenomeno poetico-letterario ma teatrale, rituale e comunitario: è fatta per essere recitata, declamata, partecipata dal pubblico” (Alessandri 2002, p.93; Borra, 2009, p. 161) e si colloca, come funzione, nel gran gruppo dei ‘testamenti’ e altri riti lustrali (espulsione del male), sovente inseriti nelle ritualità del Carnevale.
La prima rappresentazione biellese del Gelindo del terzo Millennio, che andrà in scena venerdì 17 dicembre, e l’edizione di padre Tognazzi nel Dopoguerra, trattano problemi di attualità: del clima di guerra fredda, il primo; dell’emigrazione dal Sud al Nord Italia, il secondo.
Si può tranquillamente affermare, che l’Italia si è unita anche grazie agli spostamenti interni degli emigrati. Vere e proprie migrazioni, trapianti forzati dal bisogno di lavoro – troppo spesso sofferti – di intere popolazioni, con paesi di origine dissanguati della partenza dei propri figli. Una emorragia iniziata fin dagli albori dell’unificazione nazionale: prima verso continenti lontani, poi verso stati del continente europeo, infine, verso il “triangolo industriale” in cui era compresa anche l’operosa Biella.
Oltre al caso delle Comunità sarda, veneta o friulana, emblematici il caso di Antonimina, il comune calabrese trasferito in massa a Biella e, nella vicina Valdengo, la forte concentrazione di cittadini provenienti da Meolo, Comune del Polesine. Entrambe le collettività, al pari di altre che si stanno strutturando in questi ultimi tempi, organizzano feste e manifestazioni, che rafforzano i legami identitari d’origine e arricchiscono il territorio di adozione. Non a caso, in questi giorni i giornali locali, nel dar conto delle diverse iniziative, segnalano proposte in cui è centrale la cultura materiale della tradizione: dalla produzione della salsiccia, alle recite di bambini calabro-biellesi, seguite dalla distribuzione di alimenti regionali. La cucina del passato diventa così un nuovo valore economico del territorio.
Ai primi di gennaio, la vigilia dell’Epifania, attorno ad un falò appositamente allestito, verranno preparati e serviti quintali di pinza polesana per riunire altri nuovi Biellesi, provenienti, questa volta, dall’Italia dell’Est.
Negli intenti del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, “Oggi come Ieri, Il Gelindo” ritorna a parlare al cuore degli uomini di buona volontà, ai nuovi pastori della Betlemme del tempo presente.

Battista Saiu

Cenni bibliografici
C. Alessandri, Il pastore Gelindo e la Divòta Cumédia, in “Bollettino dell’Atlante Linguistico Italiano”, III serie, dispensa n.26, Torino 2002
A.A. Bernardy, Piemonte, Bologna 1926
A. Borra, Il teatro popolare della Natività:dall’adorazione dei pastori alla rappresentazione del Gelindo, in P. Grimaldi, L. Nattino (a cura di), Il Teatro della vita, Torino 2009
A. Borra, “Il Gelindo ritorna!“, Il teatro popolare sacro tra “reliquie” e riproposte, in A.Barolo, Folklore monferrino, Torino 1998
R. Leydi, Gelindo ritorna, Il Natale in Piemonte, Torino 2001
L. Zangrossi, (a cura di), Notizie sul Gelindo e sul Giudizio Universale di Mosso, “Moxum. Memoria e immagini“, Quaderno n.1, Mosso 1999

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