28 aprile 1794, i Sardi si ribellano al re – 28 aprile 2011, alle proteste dei pastori si aggiungono le vibranti proteste dei Sardi emigrati per il caro traghetti, che rende problematico trascorrere le ferie nell’Isola natia. Diciamo pure che sono molto “incazzati”.
Nel comunicato della Regione Sardegna si proclama: “Sa Die de sa Sardigna non deve essere solo una rievocazione dei moti antifeudali che portarono alla cacciata dei Piemontesi, ma una festa che coinvolge tutta l’Isola nell’ambito dell’Unità d’Italia”.
L’Assessore alla Cultura Sergio Milia ha osservato: “vogliamo che i Sardi si sentano più uniti fra di loro in una realtà che deve trovare riscontri nel rapporto con uno stato che “non solo ora” è distratto rispetto alle rivendicazioni dell’Isola”. Ma va? Sembra stia dicendo più semplicemente che se ne fregano della Sardegna.
La notte tra il 28 e il 29 aprile1794 i Sardi si ribellarono alla tracotanza piemontese e allo stato di rigida dipendenza e di inferiorità in cui il sovrano e il suo governo tenevano la Sardegna, sopprimendo con brutalità qualunque impulso di rivendicazione, anche il più legittimo; animatori di questo fermento furono gli elementi più colti e progrediti, principalmente avvocati, magistrati, ecclesiastici. Ma troppi erano ambiziosi e corruttibili. Questi uomini, in quegli anni ebbero nelle loro mani il destino dell’Isola; avrebbero potuto trionfare su un governo imbelle, obbligandolo a concedere all’Isola una radicale riforma ai suoi antiquati ordinamenti e una effettiva autonomia vitale e operante se, “locos” e come sempre “malunidos” nei momenti culminanti non li avessero divisi e opposti gli uni agli altri, rivalità, gelosia e ambizioni.
La ribellione, in verità, fu di breve durata, non fu torto un capello a nessuno, anni di prepotenza e di umiliazioni non furono vendicati e ai governanti piemontesi venne dato il tempo di caricare tre navi di ogni ben di Dio e partire per poi farvi ritorno dopo poco tempo.
Sono passati 217 anni e ci accingiamo a ricordare quel timido moto di ribellione … vediamo quanti motivi abbiamo oggi per festeggiare: la Sardegna si trova nella stessa condizione di sudditanza rispetto al governo centrale, si lascia smantellare quella poca industria ancora esistente; i politici isolani mugugnano, incapaci, però, di azioni efficaci a contrastare il menefreghismo del governo centrale; entrambi ci bombardano di slogans e promesse elettorali che puntualmente non vengono mantenute; le aziende agricole falliscono, prive di qualsiasi sostegno, lasciate in balia di banche creditrici che le mettono all’asta.
Un settore per noi primario come l’allevamento ovino è allo sbando: i pastori protestano per la scarsa remunerazione del latte e vengono maltrattati a Roma con troppo debole protesta del governo isolano.
Abbiamo in Sardegna la più alta concentrazione di servitù militari, italiana e straniera, gli Americani rivogliono la Maddalena lasciata da poco, proprio come tornò il re dopo essere stato cacciato.
La Sardegna deve puntare per incrementare il turismo – dicono i nostri politici locali – infatti loro per promuoverlo sono spesso in giro per il mondo e appaiono impossibilitati a contrastare gli aumenti indiscriminati e pazzeschi che stanno applicando le Compagnie di navigazione. Bella spinta per il turismo, bel sostegno a noi emigrati desiderosi di trascorrere almeno le vacanze nel paese natio!
Caro assessore Milia è questo il modo migliore per tenere uniti i Sardi?
Caro governatore Ugo Cappellacci, facci capire oltre gli slogans; sostieni il referendum contro il nucleare perché senti lo stesso odore di bruciato che avvertiamo noi o perché sai qualche cosa in più e che noi temiamo? Noi pensiamo che il governo centrale, forte della nostra debolezza e incapacità ad opporci, ricordi i Sardi “locos y malunidos”; forse, per loro, noi lo siamo ancora oggi; ci pare che il governo di Roma abbia già scelto la Sardegna per costruire quattro centrali nucleari e che le miniere abbandonate del Sulcis possano tornare utili per lo stoccaggio delle scorie radioattive, motivo per cui, “fora dai bal”, fuori dalle palle! Secondo l’espressione adesso in uso nel governo di Roma. “Foras de is callonis” i Sardi, i turisti, i pastori e le loro pecore. Ancora oggi, bisognerebbe lasciare tutto ai padroni di turno.
Tra gli emigrati, l’indignazione per il caro traghetti è tanta! Diciamo pure che sono molto preoccupati e, a ben vedere, mancherebbero i motivi per festeggiare; tuttavia, al Circolo Culturale Sardo di Biella pensano positivo e sabato 30 aprile alla festa non rinunciano affatto. Pertanto, si farà ugualmente, invitando conterranei, soci e amici del Circolo a partecipare numerosi.
In un locale appositamente adornato da bandiere dei Quattro Mori e da quella italiana, si inizierà con il Coro “Voci di Su Nuraghe”, che intonerà S’Innu de su Patriottu sardu a sos feudatarios, significativo, oggi più che mai, del nostro stato d’animo – sostengono alcuni Soci – proprio come i Sardi del 1794; seguiranno musica e danze, sarde e continentali, allietate da su cumbidu, il rinfresco con dolci sardi, preparati dalle socie che, come sempre, si sono rese disponibili con grande entusiasmo.
Pieru Pinna