Domenica 27 novembre 2011, ore 12.00 – area monumentale di Nuraghe Chervu di Biella – Cerimonia di benedizione religiosa e benedizione con il grano – incisione a struttura palindroma sulle pietre di “Nuraghe Chervu“, a ricordo del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, segno di fratellanza tra Sardi e Biellesi
La realtà nella quale viviamo il nostro quotidiano è caratterizzata, se attentamente osservata, da un’insita ricchezza di potenzialità e dall’intreccio delle relazioni molto più di quanto si possa essere pienamente consapevoli.
Spesso si tende a distinguere i propri interlocutori, a fare distinzione rispetto alle terze persone, talora anche ostilmente, utilizzando categorie di appartenenza come il «Noi» opposto a «gli Altri». In tali atteggiamenti, sovente si nascondono paure e debolezze comuni all’essere umano, facendo esperienza di sterilità, di povertà e di solitudine.
Altre volte, con un occhio più attento e coraggioso, condito dal desiderio di incontro e dal carattere “sociale” che riposa in ogni individuo, è possibile fare esperienza di arricchimento e di confronto positivo. In circostanze di migrazione, di ospitalità, di comunità e di relazione, infatti, è possibile l’innesco dei meccanismi di “riconoscimento”. Le relazioni con chi viene definito per qualche motivo “diverso” possono accompagnare ad un’esperienza che bene ha descritto la letteratura del secolo passato con le seguenti riflessioni: «…leggendo, non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole, che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi …»1. In queste parole, sebbene riferite al campo della lettura, si esprime lo stupore di riscontrare nell’«Altro», al di fuori del proprio ambito solito e, magari, “chiuso” all’esterno, un qualcosa di sé, una somiglianza del proprio essere, un rapporto che possiamo definire di “vicinanza”.
Nel mondo delle migrazioni e del peregrinare frequenti sono le esperienze nelle quali, trovando ospitalità ed accoglienza, si fa esperienza di un qualcosa di già a noi noto e, quindi, rassicurante, ossia l’atmosfera familiare di essere come se si fosse “a casa”. In tali circostanze si scopre quanto l’«Altro» sia diverso ma simile, sia per noi “vicino”, il “buon vicino” sul quale far conto ed affidamento e col quale desiderare di poter ripetere l’esperienza dell’incontro in un clima di condivisione, di relazione e di comunità. Il tutto in una dinamica reciproca nella quale gli uni verso gli altri si è, al contempo, debitori e dono nella formazione di un «Noi»2.
Lingue, musiche, costumi, identità, modi di essere e strumenti di comunicazione, in particolare, possono costituire a livello esistenziale, al contempo, uno strumento di “riconoscimento” ed una sorta di metaforica pagina della vita. Un “foglio” sul quale trovare “scritte” risposte sorprendenti ed inattese, in quanto testimonianza del fatto che «gli Altri siamo Noi»3.
Battista Saiu
(tratto da quaderni di Nuraghe Chervu n.8)