I recenti avvenimenti ci avvertono ancora una volta di come i crimini della Shoah possano ripetersi e di come «ciò che è stato fatto contro gli ebrei riguarda tutti»1, sia come vittime, sia come attori. Per tale motivo ogni 27 Gennaio viene celebrato in Italia il «Giorno della Memoria», introdotto e calendarizzato a seguito dell’approvazione della Legge 211/2000 per ricordare quanto allora accaduto, quale «grande lezione che va riproposta alle giovani generazioni»2. Tuttavia tale giornata non può trasformarsi in una mera ritualizzazione od essere una sorta di «religione» civica destinata a rimanere, in quanto tale, a sé stante, circoscritta in superficiali momenti di ricordo e commemorazione che, una volta esauriti, lasciano poi spazio ad espressioni di razzismo e di violenza3 come il recente attacco ai Rom di Torino. Viviamo, peraltro, in un’epoca nella quale si giudica come soggetto “eccezionale” o persino “eroe” chi semplicemente compie il proprio dovere o colui che si comporta da onesto cittadino con l’ottica etica di contribuire ad una civile convivenza. Questo modo di meravigliarsi e di intendere con stupore la realtà cela semplicemente la crisi che pervade le nostre società circa il principio di responsabilità personale e collettiva, in riferimento al ruolo di ognuno di noi e alla dinamica delle relazioni che si hanno con gli altri, sia con i cosiddetti “propri vicini” sia rispetto a quelli ritenuti “diversi”. Da qui la necessità dell’istituzione del «Giorno della Memoria», nato nell’intenzione dei suoi fautori anche per «imprimere nella coscienza italiana l’immagine della responsabilità»4. Non a caso un filosofo come Emanuel Levinas sottolineava come «nella responsabilità per gli altri vi è in ultima analisi responsabilità della morte dell’altro (…) Il timore della morte dell’altro è certamente alla base della responsabilità per lui»5.
La Memoria può e deve essere un baluardo contro l’amnesia, l’indifferenziazione e la vita cristallizzata in un eterno “adesso”: essa, infatti, è qualcosa di “vivente”, che si alimenta nella sua perpetuazione intergenerazionale attraverso la riflessione sull’accaduto e le domande sulle cause6. Ma, soprattutto, la Memoria si nutre di esperienza viva, di conoscenza del passato ed ha una dimensione “politica“, nel senso di far meditare continuamente sul nostro ruolo qui ed oggi, come individui e come membri della collettività, nella composizione del presente e, da qui, nella costruzione del futuro7. Essa è un fattore essenziale, perché, parafrasando Alessandro Manzoni, senza la Storia siamo come «uno che cammina senza guida»8, lungo un cammino nel quale – si ribadisce – quanto «è avvenuto (…) può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire. Può accadere e dappertutto»9.
Gianni Cilloco
- Citando il rabbino-capo emerito di Roma Elio Toaff, così il neo Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi, il 19 Gennaio 2012, nell’intervento per il Giorno della Memoria 2012 (http://www.cooperazioneintegrazione.it/news/2012/01/%C2%ABgiornata-della-memoria-non-sia-mai-una-stanca-ritualit%C3%A0%C2%BB.aspx.). E pure: E.Wiesel, Shoah. Perché non possiamo dimenticare, in La Repubblica, 27 Gennaio 2004, p. 13. Nonché: F.De Bortoli, Shoah, la memoria è giustizia, in Corriere della Sera, 24 Gennaio 2011; R.Della Rocca, cit. [↩]
- Così Andrea Riccardi, cit. E: R.Della Rocca, cit.; Giorgio Napolitano, cit. [↩]
- Gad Lerner ha asserito «che la memoria non diventi una religione, ma si perpetui come indispensabile guida, provvisorio insegnamento»: cfr. E.Coraretti, Il Dizionario dell’Olocausto per il Giorno della Memoria, in Il Venerdì di Repubblica, 20 Gennaio 2012, p. 98. Ancora Andrea Riccardi (cit.), quando ha precisato come: «Il giorno della memoria non deve essere una stanca ritualità, ma deve tenere viva in tutta la sua drammaticità la memoria della Shoah». E così pure già: F.De Bortoli, cit..; R.Della Rocca, cit.; R.Gattegna, cit.; S.Nirenstein, Se i nuovi antisemitismi cancellano i ricordi, in La Repubblica, 27 Gennaio 2004, p. 14; G.Tesio, Turisti a Auschwitz?, in Tuttolibri-La Stampa, 22 Gennaio 2011. [↩]
- Così: F.Colombo, cit., p. 11. [↩]
- Così citato in: M.Bianchi-E.E.Richetti, Dio allora pronunciò tutte queste parole: Non uccidere (Esodo 20,1.12), Sussidio per la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra Cattolici ed Ebrei – 17 Gennaio 2012, Mediagraf, Padova 2011, p. 9. Ed implicitamente: R.Della Rocca, cit. [↩]
- Si vedano a riguardo i vari lemmi in: N.Pethes-J.Ruchatz, cit. [↩]
- Cfr. F.De Bortoli, cit.; R.Della Rocca, cit.; R.Gattegna, cit.; N.Pethes-J.Ruchatz, cit.; E.Wiesel, cit., p. 13. E Giorgio Napolitano, cit. [↩]
- Così il personaggio di don Ferrante con riferimento alla politica in: A.Manzoni, I promessi sposi, cap. XXVII. E su tale ottica di idee anche il filosofo contemporaneo Zygmunt Bauman, citato in W.Laqueur, cit., voce “Storiografia“. [↩]
- Così: P.Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, citato in La Repubblica, 27 Gennaio 2004, p. 13. [↩]