Il Circolo “Ichnusa” di Madrid, di recente costituzione e riconosciuto dalla Regione Sarda nel corso del 2009 è l’esempio emblematico della nuova emigrazione d’eccellenza, formato essenzialmente da studenti o da giovani laureati. La Spagna nuova meta dei Sardi per la lingua, nonché a causa di alcune comunanze storiche e culturali e, soprattutto, alla luce delle nuove prospettive di lavoro qualificato.
Il Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Ugo Cappellacci, sarà a Madrid mercoledì 13 gennaio per incontrare la comunità dei Sardi residenti in Spagna. Farà gli onori di casa il presidente della Asociaciòn Circolo Sardo Ichunusa, dott.Gianni Garbati. L’incontro, alle 18.30, si terrà nel Salone del Com.It.Es., c/Agustin de Bethencourt 3, a Madrid.
Nel corso della serata l’attrice Lia Careddu, del Teatro Stabile della Sardegna, reciterà brani in lingua sarda, mentre Nicola Agus accompagnerà con le launeddas, l’armonica a bocca e sa trumfa il canto sardo di Adele Grandulli.
A fine serata, immancabile su cumbidu, il rinfresco offerto dal Circolo Sardo Ichnusa.
Per maggiori notizie, informazioni e dettagli: http://www.deuseusardu.com
Battista Saiu
La comunità italiana emigrata continua ad aumentare
nelle parole di Gianni Cilloco
L’occasione della recente inaugurazione del Museo Nazionale dell’Immigrazione Italiana a Roma, presso il complesso del Vittoriano, simbolo per eccellenza dell’Unità Nazionale (Cfr., L.Rosoli, L’Italia riscopre i suoi Migranti, in L’Avvenire, Domenica 18 Ottobre 2009, p. 18) ripropone all’attenzione ed alla memoria collettiva come gli Italiani, sin dal 1861, siano stati i protagonisti del maggior fenomeno di emigrazione del mondo occidentale, con circa 30 milioni di partenze dal suolo natio in oltre un secolo, un esodo che ha coinvolto tutte le regioni del “Bel Paese” ed in particolare quelle zone più arretrate o disagiate, come la Sardegna, dove povertà, isolamento, carenza di opportunità di sviluppo e svariate motivazioni di ordine economico, politico, sociale, storico ed antropologico hanno contribuito in modo determinante alla partenza dalle case dei padri (Cfr., F.C.Casula, Breve Storia di Sardegna, ed. Carlo Delfino, Sassari 1994, pp. 252 – 272; O.Onnis, Spopolamento e povertà in Sardegna. Tra antichità ed Evo contemporaneo, in Sardegna Mediterranea, n. 21, Aprile 2007, pp. 63 – 72).
Dopo una prima fase durante la quale furono prevalentemente interessate le zone settentrionali, successivamente il primato migratorio italiano passò alle regioni meridionali ed alle isole. Tra la fine del XIX Secolo e gli Anni ’30 del Novecento il Continente Americano fu la meta privilegiata dei nostri connazionali. A partire dal Secondo dopo Guerra, invece, il fenomeno migratorio ebbe come destinazione soprattutto gli Stati europei in crescita, quali la Francia, la Svizzera, il Belgio e la Germania. In contemporanea si sono affiancate le migrazioni all’interno dei confini nazionali, assai copiose negli Anni ’50 e ’60, essenzialmente coinvolgenti i giovani benestanti, provenienti dalle campagne alle città per motivi di studi, od inerenti il trasferimento nelle città industriali dell’area Nord-Ovest, di masse dotate di un basso titolo di studio, con annesso di frequente il fenomeno del ricongiungimento familiare. In tutto questo contesto migliaia sono stati i Sardi coinvolti e, complessivamente, si stima che, tra il finire degli Anni ’70 e l’inizio degli Anni ’80, in Sardegna, si sia verificato l’ultimo grande esodo dei suoi abitanti verso l’esterno, con oltre 250 mila partenze di emigrati dall’Isola (Cfr., A.Mazzeddu, Vivere con il “Paese” nel cuore, in Sardegna Antica. Culture Mediterranee, n. 35, I semestre 2009, pp. 17 – 19).
In tali circostanze, specie se in relazione a mete di destinazione in Continenti extraeuropei, la dipartita era un vero e proprio “addio” a luoghi, persone e cose, una sorta di “funerale dei viventi”, situazione che suscitava negli animi un senso di lutto e, talora di speranza illusoria in chi partiva come in coloro che restavano, come bene descrive Gavino Ledda in alcuni passi del suo celeberrimo racconto autobiografico Padre padrone. L’educazione di un pastore, (Cfr., Ed. IX Feltrinelli, Milano 1991, pp. 146-160). La dura realtà dell’emigrazione dei Sardi oltre Oceano, il dramma esistenziale del distacco e della difficoltà di mantenere legami e di avere notizie dei congiunti ha visto spesso la speranza confondersi nell’illusione ed alimentare dei veri e propri miti, come nel caso emblematico ed esemplare che ha riguardato il dibattito sulle origini del Presidente argentino degli Anni ’40 e ’50 Juan Perón, disputa sorta a seguito di un articolo comparso su L’Unione Sarda il 20 marzo 1951 a firma di Nino Tola, dal titolo Nato a Mamoiada il dittatore Juan Perón?, culminata con il famoso libro di Peppino Canneddu (Giovanni Piras- Juan Peron: due nomi una persona, ed. Antonio Lalli, Firenze 1984), e da ultimo sfociata in un film documentario (C.Bellini, Identità. La vera storia di Juan Piras Perón, Italia 2008, prodotto da Morgana Production) ed in diverse produzioni editoriali (ex plurimis: R.Ballore, El Presidente – La leggenda di un sardo che sarebbe diventato Juan Perón, ed. Grafica del Parteolla, 2008; G.Casula, Donde naciò Peron? Un enigma sardo nella storia dell’Argentina, ed. Condaghes, Cagliari 2004), che evidenziano come oggi le ipotesi di un’origine sarda del personaggio storico d’oltre Oceano non sembrino trovare conforto certo nei riscontri e negli esiti delle recenti ricerche ed indagini.
Il tutto evidenzia, comunque, come fosse diffusa nei migranti e nella mentalità di coloro che restavano, al momento della partenza, l’idea secondo la quale l’emigrazione sarebbe stata una situazione temporanea e circoscritta, durante la quale lavorare e guadagnare per costruire, poi, in un secondo momento, un migliore futuro per sé e per i propri discendenti nella propria località di origine. Tuttavia spesso il ritorno in paese ed in patria non si è verificato, ed anzi, molti degli emigrati e dei loro figli sono rimasti e vivono tuttora nei luoghi di immigrazione. Nonostante molti facciano rientro in Italia o nel paese natio dopo il pensionamento, spesso i figli e i nipoti restano nelle terre e nelle nazioni di nascita, dove hanno ormai messo radici. In tale quadro si colloca un importante fenomeno di aggregazione che si riscontra sia in Italia, sia in Europa come anche negli altri Paesi e Continenti meta dei flussi migratori italiani, ossia l’associazionismo di emigrazione: enti di mutuo soccorso, circoli culturali, di assistenza e di servizio, costituiscono un fondamentale punto di riferimento per le collettività emigrate nel difficile percorso di integrazione nelle mete di arrivo. In particolare, come ha rammentato Battista Saiu nell’articolo I Circoli Sardi nel mondo, fucine di esperienze culturali, comparso il 25 agosto 2009 sul sito www.sunuraghe.it: «… Sono 124 le Associazioni riconosciute dalla Regione Autonoma della Sardegna. Molte iniziative dei circa 200 Circoli sardi nel mondo promuovono la Sardegna e i territori in cui risiedono: un’incredibile e insospettabile risorsa anche per i paesi che li ospitano; straordinaria risorsa che si scontra spesso con pregiudizi e diffidenza; si ignorano le eccezionali potenzialità che possono offrire tutto l’anno; con “l’appaesamento” i nuovi arrivati diventano operatori qualificati di cultura locale e di quella di origine. Il nuovo fenomeno dell’emigrazione intellettuale impoverisce ulteriormente la nostra Isola … Esistono “due Sardegne”, una formata da 1.665.617 Sardi residenti (dati Istat 1° gennaio 2008), ed un’altra composta da circa 2.000.000 di Isolani sparsi sui cinque continenti …».
A partire dal 1995, tuttavia, l’istituto SVIMEZ – Istituto Sviluppo Mezzogiorno – ha iniziato ad osservare una certa ripresa dell’emigrazione interna dal Mezzogiorno d’Italia verso il Nord-Est e parte del Centro, situazioni nella quale la figura dell’emigrante era in generale molto diversa dall’omologo della generazione precedente, in quanto esperienza per lo più individuale, in circostanze di pendolarismo e condivisione di vita con altri posti nella medesima condizione. Sull’asse dell’emigrazione Sud-Nord si sono da ultimo palesate in evidenza due categorie di persone, ossia i laureati, i quali, non trovando lavoro nelle vicinanze di casa, si sono visti costretti ad un forzoso quanto necessario trasferimento nelle regioni settentrionali, in un ambito di richiesta costante di “cervelli” (insegnanti, medici, avvocati, ingegneri, ecc.), ed i giovani arruolati nelle forze armate od in quelle dell’ordine (Esercito, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia) per prestare addestramento e servizio nelle caserme del Nord. Sebbene nei primi anni del 2000 si sia attenuato il flusso emigratorio dall’Italia nel mondo ed il relativo spopolamento non sia più di massa come in passato, rileva il fatto che circa un quarto dei soggetti in uscita siano professionisti e laureati, ossia una sostanziale ed ingente “fuga dei cervelli“, la quale ha ritrovato oggi un ulteriore incremento proprio in coincidenza con il manifestarsi della crisi economica degli ultimi anni, aspetto oggetto di forte attenzione presso i sociologi e gli economisti (Cfr., N.Andreani, Verso il Nord inseguendo una speranza, in La Nuova Sardegna, 17 Luglio 2009, p. 13). Il “Rapporto Italiani nel Mondo 2009” realizzato della Fondazione Migrantes, che fa capo alla CEI – Conferenza Episcopale Italiana – nel Novembre 2009 ha precisato che: «… Gli italiani residenti all’estero all’aprile 2009 risultavano 3.915.767 (il 47,6% sono donne), mentre gli stranieri in Italia ammontavano a quella data a 3.891.295. La comunità italiana emigrata continua ad aumentare sia per nuove partenze, che proseguono, sia per crescita interna (allargamento delle famiglie o persone che acquistano la cittadinanza per discendenza). L’emigrazione italiana si concentra in prevalenza tra l’Europa (55,8%) e l’America (38,8%). Seguono l’Oceania (3,2%), l’Africa (1,3%) e l’Asia con lo 0,8%. Il Paese con più italiani è la Germania (616.407) seguito da Argentina (593.520) e Svizzera (520.713).Inoltre, il 54,8% degli emigrati italiani è di origine meridionale (oltre 1 milione e 400 mila del Sud e quasi 800mila delle Isole); il 30,1% proviene dalle regioni settentrionali (quasi 600mila dal Nord-Est e 580mila dal Nord-Ovest); il 15% (588.717) è, infine, originario delle regioni centrali. Gli emigrati del Centro-Sud sono la stragrande maggioranza in Europa (62,1%) e in Oceania (65%). In Asia e in Africa, invece, la metà degli italiani proviene dal Nord. …».
In tutto ciò senz’altro influiscono diversi fattori, specie se riferito alle nuove generazioni. I giovani studenti possono oggi partire verso l’estero nel corso del proprio “cursus honorum“, attraverso specifici progetti regionali o col progetto comunitario “Socrates-Erasmus“. Essi, rispetto al passato, hanno la possibilità di conoscere la realtà straniera in anticipo, di arricchirsi di esperienze personali e di cultura, di confrontarsi con differenti e diverse mentalità: al termine degli studi in Italia, non trovando in patria un soddisfacente sistema di reclutamento nel mondo del lavoro che premi le capacità e le professionalità individuali, la cosiddetta meritocrazia (Cfr., S.Nava, La fuga dei Talenti, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo – MI – 2009. E con riguardo alla Conferenza dell’ASPEN Institute Italia a Cernobbio del Settembre 2009: P.Bricco, Per eccellere bisogna andare oltreconfine, in Il Sole 24 Ore, 29 Settembre 2009, p. 24; A.Zeni, Le eccellenze sotto la lente di Aspen Italia, in La Stampa, 29 Settembre 2009, p. 33), strettamente connessa all’investimento economico-produttivo sui “cervelli“, nonché alla possibilità concreta di godere della propria vita privata nell’orario extralavorativo, si vengono a creare i presupposti per la “ricerca del meglio, della migliore offerta di lavoro e di vita“, spesso garantita dalle realtà oltre-confine, come anche evidenziato da una recente ricerca ISFOL – Istituto per la formazione professionale dei lavoratori – (Cfr., Carriera e guadagno spingono all’estero, in Il Sole 24 Ore, 13 Dicembre 2009, p. 22) , e come ricordava qualche mese fa lo stesso Battista Saiu, nel suo articolo precedentemente citato, a distanza di anni si creano i presupposti per una sorta di «… deportazione intellettuale di massa …».
Il Circolo “Ichnusa” di Madrid, di recente costituzione e riconosciuto dalla Regione Sarda nel corso del 2009 e presso il quale il Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Ugo Cappellacci, sarà ospite Mercoledì 13 Gennaio 2010, è l’esempio emblematico di questa situazione, in quanto sorto quale frutto della nuova emigrazione d’eccellenza, essendo formato essenzialmente da studenti o da giovani laureati. La Spagna è diventata la nuova meta dei Sardi per la lingua, nonché a causa di alcune comunanze storiche e culturali e, soprattutto, alla luce delle nuove prospettive di lavoro qualificato.
Già nel corso del Convegno “Rundines“, tenutosi in Sardegna nel mese di Agosto 2009 a Domusnovas Canales, Giacomo Serreli, è intervenuto (Cfr., G.Serreli, Vecchi flussi migratori e nuova emigrazione d’eccellenza, relazione pubblicata il 25 agosto 2009 sul sito www.sunuraghe.it) segnalando come la nuova emigrazione dalla Sardegna sia lontana dal fenomeno “meta-pionieristico” delle analoghe esperienze del passato: «… Da altre parti quel che viaggia e cerca fortuna è una diversa capacità professionale; una emigrazione senza nulla togliere a quella delle generazioni precedenti, in qualche modo d’eccellenza perchè ora si esprime attraverso giovani laureati che ben rappresentano l’intelligenza isolana nella medicina, nella ricerca scientifica, in quella informatica; una realtà che ho toccato con mano essere fortemente presente per esempio negli Stati Uniti, a New York, dove ho incontrato tanti giovani sardi capaci di cogliere occasioni irripetibili che non avrebbero potuto nel nostro paese. bensì in gran parte fucine di esperienze culturali, iniziative che promuovono la Sardegna nei territori che li ospitano … ».
A tali rilievi si aggiungono ulteriori segnali allarmanti a conferma dell’orientamento delle tendenze migratorie sopra evidenziate. Il saldo migratorio negativo della Sardegna, sebbene in calo tra il 2007 e il 2008, viene solo parzialmente colmato dalla popolazione straniera residente in base ai dati Istat 2008. In un recente articolo comparso su L’Unione Sarda a firma di Lanfranco Olivieri, In Sardegna, in un anno, sono stati bruciati 20 mila posti di lavoro, si è messo in luce come: «… Nel terzo trimestre del 2009 gli occupati sardi sono 599 mila, nel 2008 erano 619 mila (-3,3%) … La variazione rispetto al secondo trimestre del 2009 … è addirittura peggiore: infatti gli occupati tra aprile e giugno di quest’anno erano 627 mila … Solo una parte di quelli che hanno perso il posto si rimette subito alla ricerca di un nuovo impiego … Il numero dei disoccupati, cresce rispetto al terzo trimestre 2008 di 12 mila unità, tra questi avevano precedenti esperienze di lavoro in 9 mila. Gli altri, evidentemente scoraggiati dalle poche prospettive, rinunciano alla ricerca, almeno secondo i criteri stabiliti dall’ISTAT. Perciò … quelli che pur volendo lavorare non ricercano attivamente un’occupazione fanno incrementare la zona grigia delle non forze di lavoro: +22 mila persone tra il 2008 e il 2009 …». Nello stesso fondo si evidenzia come il Centro Studi L’Unione Sarda abbia riscontrato che, in Sardegna, nell’ultimo trimestre esaminato, il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e i 64 anni sia pari al 51,2%, due punti percentuali più basso rispetto al terzo trimestre del 2008. Ma il dato più allarmante concerne il tasso di disoccupazione: « … nell’ultimo trimestre disponibile, si porta in Sardegna a 12,7 punti percentuali, mentre in Italia viaggia sui 7,3 punti e nel Sud su 11,7 … », con un notevole incremento rispetto all’anno precedente quando lo stesso indicatore valeva rispettivamente il 10,8% in Sardegna, il 6,1% in Italia e l’11,1% al Sud. Inoltre, sulla base di detti studi la riduzione occupazionale non ha colpito tutti i comparti allo stesso modo: «… Tra luglio e settembre del 2009 in agricoltura ci sono stati 9 mila occupati in meno rispetto allo stesso periodo del 2008, 7 mila dei quali lavoravano per proprio conto (lavoratori indipendenti). Nell’industria i posti persi sono stati 5 mila … Anche i servizi non vengono risparmiati dalla crisi … tranne il commercio, che invece incrementa il numero di occupati di 8,5 mila unità (tutti lavoratori indipendenti)». Nello stesso articolo il leader regionale della Confindustria, Massimo Putzu, ha sottolineato criticamente come i dati dell’ISTAT evidenzino il perdurare di una crisi che, nell’Isola, non pare avere ancora affievolito la sua spinta: «… Ecco perché pensiamo che la ripresa sarà lenta e faticosa … Il sistema industriale sardo sembra risentire dell’onda lunga della crisi che sta colpendo alle sue fondamenta la base produttiva regionale, a partire dalle grandi industrie dei principali siti produttivi dell’Isola, con gravi ripercussioni anche sulle piccole e medie imprese … Questo deve convincere a rafforzare gli sforzi di noi tutti per avviare politiche economiche in grado di sostenere il nostro sistema economico …». Come dire, il percorso è ancora lungo e le fatiche e gli sforzi da fare saranno ancora tanti.
Nell’immagine: il Presidente Ugo Cappellacci nella pagina del sito del Circolo Ichnusa di Madrid.