Dalle etimologie siamo stati in grado di stabilire definitivamente – ma era peraltro intuitivo – che i mesi in Sardegna servivano a indicare i vari periodi delle fatiche umane, suddivisi secondo lo svolgersi dei fenomeni naturali.
Che la Sardegna abbia conservato intatti, fin dall’origine dei tempi, i nomi dei propri mesi è un risultato clamoroso, che sconfessa l’intero corpo accademico mondiale, il quale sostiene caparbiamente che i nomi dei mesi sardi siano esclusivamente d’origine latina. Niente di autoctono, quindi, secondo loro. Ovviamente quelle credenze sono fallaci. È penoso avere dei professionisti di una erudizione che “si morde la coda”, girando sempre attorno a se stessa senza approcci veramente culturali. I numerosissimi accademici umanisti hanno studiato – tra le lingue antiche – soltanto il greco e il latino e, quand’anche si faccia avanti un semitista, siamo daccapo perché nessuno tra i semitisti ha mai inteso misurarsi con le fatiche culturali dei suoi colleghi “classicisti”,
Va da sé che pure il mese di Maggio subisca le asfittiche interpretazioni dei classicisti, i quali ci fanno assistere in diretta, forse senza accorgersene, a una autentica débacle della logica.
Poiché si pretende che Maggio resti indissolubilmente legato alla dea Màia, ci corre l’obbligo di presentare questa figura.
La greca Μαῖα è figlia di Atlante e di Pleione; era la più anziana delle sette Pleiadi e pure la più bella. Manco a dirlo, rimase incinta da Zeus e partorì il dio Ermes. L’appellativo Μαῖα in greco indicava una madre, una nutrice, una donna anziana e benevola, anche una “nonna”.
Guarda caso, la dea Maia, in seguito venerata a Roma, non aveva alcun rapporto con quella greca, ed era associata al culto di Vulcano. Quando i Romani giunsero a una maggiore identificazione con la dea greca, ecco che l’accostarono anche al dio Mercurio, e le venne finalmente consacrato il mese di Maggio (Majus) “perché è la stagione in cui le piante crescono” (da lat. mag, che indica appunto l’aumento, la crescita); ed al 15 Maggio fu stabilita pure la sua festa.
Fatica immane, quella dei pensatori che giunsero ad accostare Majus alla radice mag-, immane quanto vana. In realtà, Majus è un nome mediterraneo, la cui radice resiste in Sardegna da parecchi millenni prima dei Romani, prima di questa Era.
MÁU, Máju in sardo è ‘Maggio’. La base etimologica è il sumerico ma ‘ship, nave’ + ḫu ‘dissotterrare, ripulire’: ma-ḫu significò ‘(mese della) rimessa in azione delle navi’. Infatti cominciava in quei giorni la ripresa della navigazione, ch’era stata interrotta da ottobre ad aprile.
Salvatore Dedola
Nell’immagine: Riproduzione di navicella votiva nuragica conservata nel Comune di Biella, donata in occasione dei festeggiamenti del decennale di fondazione (1988) del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe.